LA
GUERRA SCONFITTA DALLA PACE
MORTE E RISURREZIONE
19^ Via Crucis
RIFLESSIONE DAVANTI ALLA BASE USAF DI AVIANO
Domenica 22 marzo 2015
Stiamo concludendo questa nostra 19^ Via Crucis; abbiamo camminato
con Gesù di Nazaret sofferente, vittima del potere religioso, politico
e militare, dell’indifferenza di tanti; insieme alle vittime, alle
persone e ai popoli crocifissi della storia a causa dell’impoverimento,
della fame e della sete; delle violenze di ogni genere e delle guerre,
dell’indifferenza, delle discriminazioni; del razzismo; vittime della
cultura dello scarto, scartate a milioni come insignificanti; le
vittime delle mafie ricordate ieri a Bologna da 200mila persone che
hanno risposto all’invito di Libera dell’amico don Luigi Ciotti.
Contempliamo Gesù crocifisso morente e tutte le persone colpite e
morenti di oggi…
Siamo di fronte ad una base militare, non contro le persone, ma a
ribadire ancora una volta che le strade per un futuro umano di
giustizia e di pace, di verità, di accoglienza e di convivenza, di
relazione e di custodia e armonia con la Madre Terra e con tutti gli
esseri viventi non può essere affidata alle armi, ai missili, ai
cacciabombardieri, ai diversi tipi di bombe, a quella atomiche.
Ci aveva detto anni fa padre Ezio Roattino, missionario della
Consolata con gli Indios della regione della Cauca in Colombia che le
armi del Golgota: i chiodi, i martelli, le lance sono le stesse armi
della Colombia, sono le stesse armi di Aviano… .
Le armi fabbricate continuamente e vendute per uccidere, una immensa
e redditizia industria della morte, tante, un’infinità per alimentare
la follia della guerra come ha dichiarato papa Francesco a Redipuglia
il 18 settembre scorso… .
Le armi: aerei e missili, kalashnikov e bombe, carri armati e mine,
anche fucili e pistole e anche coltelli e anche parole che disprezzano
l’altro, il debole, il povero, il diverso, lo straniero e che sono
premessa alle armi. Le armi per esprimere l’avversione di cuori e menti
armati che costruiscono inimicizia e progettano e si propongono di
eliminare il nemico.
Come ci ha indicato papa Francesco a Redipuglia il 13 settembre
scorso, proviamo a guardare, a immaginare, una grande scritta sopra la
base: “ a me, a noi, cosa e come ci importa dei nostri fratelli?”
Non risponderemo come Caino: “Siamo forse noi i custodi dei nostri
fratelli?” ma , ma invece rispondiamo che tutte le persone di questo
Pianeta, insieme alla Madre a Terra e a tutti i viventi ci stanno a
cuore, ci interpellano, ce ne prendiamo cura.
Per questo partecipiamo veramente al dolore del mondo in un momento
così terribile, nel quale la guerra ha ritrovato legittimità, le varie
forme di violenza e di terrorismo si concretizzano con
evidenze raccapriccianti che lasciano sgomenti, in cui c’è il
disprezzo per i piccoli, i deboli, i diversi, gli stranieri.
Viviamo questo grande dolore che aumenta ancora quando possono
subentrare lo scoramento, la delusione, lo sconforto.
Gesù muore ucciso sulla croce.
Pare che tutto sia non solo compiuto, ma finito: le sue parole
“beati i non violenti, i costruttori di pace, quelli che hanno fame e
sete di giustizia, i misericordiosi” e i suoi gesti di accoglienza, di
perdono, di fiducia, di incoraggiamento sembrano sconfitti, senza più
forza, senza più significato.
Pare che il potere oppressivo e cinico e la sua violenza abbiano
vinto sul giusto; che la potenza e la forza siano più forti degli
ideali, perfino dell’amore di chi si dedica per il bene di tutti.
Così oggi quando le persone muoiono perché uccise…Sembra che gli
ideali siano sconfitti, che la disponibilità sia inutile, che l’impegno
non porti alcun frutto.
E invece in queste situazioni e in questi vissuti si può riprendere
luce, forza, coraggio, proprio dal considerare che la morte di Gesù è
espressione dell’amore incondizionato, fedele e coerente, al Padre e ai
fratelli, al progetto di un’umanità di giustizia, di verità e di pace…
L’amore è più forte della morte; per la sua fede Gesù è accolto e
resuscitato, vivente oltre la morte; e sempre nella storia e anche noi
oggi incontriamo donne, uomini, comunità di testimoni, profeti e
martiri e tante, tante altre persone fedeli e coerenti che hanno
vissuto e vivono e anche muoiono dedicandosi al bene… .
Ormai diversi anni fa qui davanti alla base Suzuko Numata, vittima
dell’atomica in Hiroshima, testimone vivente, ci diceva che l’umanità
non ha capito nulla se continua a costruire armi, bombe atomiche, basi
militari. E lo diceva con dolcezza e con forza straordinarie dopo aver
visto migliaia di morti, la distruzione totale della sua città, dopo
aver vissuto nel buio della depressione, pensato al suicidio, dopo aver
odiato i responsabili di quel salto di violenza inaudito e
terrificante, dopo essersi a poco a poco ripresa e aver trasformato il
dolore e l’odio in amore come forza di testimonianza in tutto il mondo
ad abbandonare ogni progetto di violenza e di morte per un progetto di
vita per tutti.
Dopo domani, il 24 marzo di 35 anni fa alle 18.26 a San Salvador
nella cappella dell’hospitalito, un ospedale per una sessantina di
malati di tumore, è stato ucciso il vescovo Romero, proprio mentre
offriva il pane e il vino dell’Eucarestia. Il giorno prima, domenica
23, nell’affollatissima Eucarestia aveva detto in modo appassionato:
“Vorrei rivolgere un appello molto particolare agli uomini
dell’esercito e in concreto alle basi della guardia nazionale, della
polizia, delle caserme. Fratelli, siete del nostro stesso popolo,
uccidete i vostri stessi fratelli contadini, e davanti all’ordine di
uccidere dato da un uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice: NON
UCCIDERE… . Nessun soldato è tenuto a ubbidire a un ordine contrario
alla legge di Dio. Una legge immorale, nessuno deve eseguirla… . E’
tempo ormai che recuperiate la vostra coscienza e che ubbidiate prima
alla vostra coscienza che all’ordine del peccato. La Chiesa che difende
i diritti di Dio, la legge di Dio, la dignità umana, la persona, non
può restare in silenzio davanti a tanto abominio. Vogliamo che il
governo prenda sul serio il fatto che le riforme non servono a nulla,
se sono tinte di tanto sangue… . In nome di Dio, perciò e in nome di
questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono al cielo ogni giorno
più tumultuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino, in nome di Dio: cessi
la repressione!”
Così aveva detto: “Lo dico senza alcuna millanteria e con la più
grande umiltà. Se mi ammazzeranno, risusciterò nel popolo salvadoregno.
Se le minacce giungessero a realizzarsi, offro fin d’ora a Dio il mio
sangue per la redenzione e la risurrezione del Salvador. Il mio sangue
sia seme di libertà e segno che la speranza diverrà presto realtà; sia
per la liberazione del mio popolo e sia testimonianza di speranza per
il futuro.”
Padre Ignacio Ellacuria martire, ucciso insieme a cinque
confratelli, a una mamma e alla sua giovane figlia ha detto: “Con
monsignor Romero Dio è passato in Salvador”.
Dio passa quando qualcuno lo testimonia; Gesù vivente infonde il suo
spirito e di questo spirito vivono coloro che come il vescovo martire
Romero lo seguono nella strada della giustizia, della verità, della
compassione, dell’accoglienza, della non violenza, della costruzione
quotidiana della pace; come le vittime delle mafie, magistrati, agenti
di polizia, don Puglisi, don Diana.
Coloro che infondono di nuovo oggi coraggio e speranza, comunicano
libertà e creatività.
Dichiariamo di nuovo oggi come persone e come popolo della Via
Crucis la nostra disponibilità e impegno ad essere parte di questo
popolo immenso presente su tutto il Pianeta che rende possibile che
l’ultima parola non sia quella della delusione e della chiusura, ma
quella della speranza, in fondo quella dell’amore, perché la speranza
vive dove vive l’amore che è insieme fondamento ed espressione della
risurrezione dalle situazioni di violenza e di morte.
Rileggiamo le parole di H. Kung “Seguendo Gesù Cristo l’uomo nel
mondo d’oggi può vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente
umano: nella felicità e nella sventura, nella vita e nella morte,
sorretto da Dio e fecondo di aiuto per gli altri”.
Pierluigi Di Piazza
In allegato la riflessione in pdf