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Riflessioni al Vangelo del 26 aprile
di Pierluigi e dei giovani e catechisti della comunità
Zugliano, domenica 26 aprile 2020
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Riflessioni
al Vangelo del 26 aprile
di Pierluigi e dei giovani e
catechisti della comunità
26 aprile 2020
Un'altra Domenica senza l'Eucarestia in cui ci ritroviamo insieme a
condividere letture, pensieri, che ci possano aiutare a superare questa
crisi.
DOMENICA 26 APRILE 2020
Camminare insieme, vivere la memoria storica, spezzare il pane
Vangelo di Luca 24,14-35
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un
villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e
conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e
discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro.
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro:
«Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il
cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa,
gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere
ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli
risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta
potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i
sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo
condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse
lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando
queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno
sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo
corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i
quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al
sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non
l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel
credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo
sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E
cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le
Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio
dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma
essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già
volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola
con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede
loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì
dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse
il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando
ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a
Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano
con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso
a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come
l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Pierluigi:
I Vangeli di questa domenica dopo la Pasqua possono suggerire a
tutti, nel rispetto delle diverse sensibilità, qualche riferimento e
indicazione nella ricerca difficile in questo tempo tribolato di
riprendere fiducia, speranza e coraggio.
Si può riflettere sul Vangelo di oggi (Luca 24,14-35) che ci
racconta la vicenda dei due discepoli che incontrano Gesù Vivente sulla
strada che stanno percorrendo da Gerusalemme ad Emmaus, tenendo in mano
la lettera che papa Francesco ha inviato il giorno di Pasqua ai leaders
dei movimenti popolari di tutto il mondo. Possono esserci attualmente
in loro perplessità e dolore per la condizione di tante comunità
povere, aggravate attualmente dalla pandemia del coronavirus.
Papa Francesco scrive di ricordare spesso i due incontri con loro
in Vaticano e quello a Santa Cruz della Sierra in Bolivia. Questa
memoria a lui fa bene: “Mi avvicino a voi, mi fa pensare a tanti
dialoghi avvenuti durante quelli incontri, a tanti sogni che lì sono
nati e cresciuti. Ora in mezzo a questa pandemia vi ricordo nuovamente
in modo speciale e desidero starvi vicino”. E’ come seguire Gesù che si
avvicina ai due discepoli che camminano addolorati e sfiduciati. Lui
risveglia in loro la memoria storica densa di aspirazioni, sogni,
lotte, delusioni, speranze, percorsi di vita e liberazione. Così papa
Francesco; “Voi avete una cultura, una metodologia, una soprattutto
quella saggezza che cresce grazie a un lievito particolare, la capacità
di sentire come proprio il dolore dell’altro; sono importanti la
solidarietà, la speranza e il senso della comunità che rifioriscono in
questi giorni in cui nessuno si salva da solo”. Quindi vicinanza nel
cammino, comunicazione che favorisca la memoria storica, relazionale,
affettiva, e con essa sensibilità e consapevolezza positive; e poi lo
spezzare il pane insieme, segno di concreta prossimità, di impegno per
la giustizia, la dignità, i diritti umani, la condivisione.
Così papa Francesco” Penso alle persone soprattutto alle donne che
moltiplicano il cibo con poche risorse un delizioso stufato per
centinaia di bambini. Penso ai contadini e ai piccoli agricoltori c he
continuano a coltivare la terra per produrre il cibo senza distruggere
la natura, senza accaparrarsene i frutti o speculare sui bisogni vitali
della gente… E’ necessaria una conversione umana ed ecologica che ponga
fine all’idolatria del denaro e metta al Centro la dignità e la vita”.
Dobbiamo costruire un mondo nuovo, un nuovo umanesimo nel quale la
dignità e i diritti umani di ogni persona, comunità e popolo sono
rispettati. Non si deve più continuare con un sistema di ingiustizia
strutturale; non un mondo che continua a spendere in armamenti. E’
fondamentale assumere queste questioni come riguardanti ciascuna
persona e tutta la famiglia umana. Il problema dell’ambiente deve
essere pienamente assunto senza alibi o rinvii; con una visione
olistica della natura, con cui sentire in relazione e interdipendenza,
prendendone cura in continuità. Siamo tutti chiamati a percorrere
strada di liberazione e di vita.
Guarda anche il video
messaggio di Pierluigi
Nicoletta:
Quello dei discepoli di Emmaus è certamente un brano suggestivo che mi
porta a fare una riflessione: tale brano rispecchia la nostra realtà di
persone in cammino, certamente con molte certezze, ma spesso vittime di
dubbi, perplessità, interrogativi, desideri e le nostre ambizioni, i
nostri progetti e le nostre speranze, come i discepoli… tanto tristi e
preoccupati per quello che è successo, senza accorgersi e riconoscere
che, quell’uomo che camminava con loro, non era un forestiero, ma Gesù
stesso. I discepoli di Emmaus rappresentano ognuno di noi, impegnati a
trovare soluzioni alternative ai nostri problemi, ad agire, spesso e
volentieri, trovando soluzioni facili e trascurando quelli che possono
procurare maggior difficoltà; spesso ci dimentichiamo quali sono i
valori più importanti richiesti da Gesù: spesso siamo ciechi o siamo
incapaci di riconoscerlo nei volti delle persone che vivono vicino a
noi. Tu Signore, sei sempre con noi, spesso non riconosciuto, ma ti
accosti sempre anche quando siamo smarriti, confusi, tristi, contenti,
felici…anche quando la nostra fede vacilla ci mandi un segnale di
speranza.
«O Dio, Padre nostro, che nel Tuo Figlio Gesù hai voluto farti compagno
dei discepoli sulla strada di Emmaus per sciogliere i loro dubbi e
incertezze e rivelare la Tua presenza nel pane spezzato, apri i nostri
occhi perché sappiamo vedere la Tua presenza, illumina la nostra mente
perché riusciamo a comprendere la Tua Parola e accendi nei nostri cuori
il fuoco del Tuo Spirito perché troviamo il coraggio di diventare
testimoni gioiosi del Risorto, Gesù Cristo, Tuo Figlio e nostro
Signore. Amen»
Arianna:
Faccio riferimento
al Vangelo del 19/4: io mi sento ”un San Tommaso” oggi forse più che
mai, mi riferisco anche a questa situazione che ci ha colpito in modo
globale. Il Vangelo del 26/4 anche qui mi sento un discepolo di Emmaus,
sono presa dai problemi quotidiani ma poi quando seguo la Santa Messa
alla televisione, un qualcosa mi dice che c'è qualcuno affianco a me.
Giuseppe:
Mi sembra di stare davanti ad una porta chiusa, pronto ad aprirla,
preoccupato di quello che c'è dietro. Nessuno mi ha ancora detto cosa
fare oltre ma ho la sensazione che altri varcheranno la porta e non
hanno i mie stessi dubbi, pensano solo ad oltrepassarla incuranti
di eventuali pericoli.
Io non ho paura ma spero solo di ritrovare quasi la stessa situazione
che c'era prima o meglio.
Forse, speriamo, questo sarà uno degli ultimi fogli domenicali che
condivideremo perché non ci hanno ancora detto se potremo, dopo questa
settimana, tornare a condividere l'Eucarestia. Non so se questa
condivisione virtuale abbia avuto pieno seguito da parte di chi ha
ricevuto il foglio; all'inizio sentivo chi mi diceva che realmente si è
ritrovato con il proprio nucleo familiare alle 10,30 a leggere il
Vangelo con le nostre riflessioni e quelle di Pierluigi. Io mi auguro
che sia stato utile perché era necessario almeno proseguire quel passo
fondamentale della domenica eucaristica a Zugliano ovvero il momento in
cui il microfono passa tra i partecipanti e tra chi chiede di esprimere
una propria preghiera o una riflessione.
Non mi sento quello adatto a dire cosa fare per vivere pienamente la
propria fede ma posso dire che è necessario quantomeno fare qualcosa
anche esprimere un proprio pensiero utile o che dia coraggio, o
invitare a leggere poesie come alcuni ragazzi hanno piacevolmente fatto
ma certamente non è cristiano stare nell'attesa con il rischio di non
fare assolutamente nulla e vivere nel rimorso e con i "se".
Qualcuno avrà già sentito o letto di quella lettera scritta da un
anziano morto in una RSA, anche in quella lettera troviamo i "se",
sotto la propongo a chi non ha avuto occasione.
È quindi, e concludo, necessario certamente varcare la porta con
coraggio e serenità ma è soprattutto opportuno oltrepassarla con la
consapevolezza che dovremo ricominciare coscienti degli errori della
nostra società ed evitare di vivere nei rimorsi.
Buona domenica
"Da questo letto senza cuore scelgo
di scrivervi cari miei figli e nipoti. (L'ho consegnata di nascosto a
Suor Chiara nella speranza che dopo la mia morte possiate leggerla).
Comprendo di non avere più tanti giorni, dal mio respiro sento che mi
resta solo questa esile mano a stringere una penna ricevuta per grazia
da una giovane donna che ha la tua età Elisa mia cara. È l'unica
persona che in questo ospizio mi ha regalato qualche sorriso ma da
quando porta anche lei la
mascherina riesco solo a intravedere
un po' di luce dai suoi occhi; uno sguardo diverso da quello delle
altre assistenti che neanche ti salutano.
Non volevo dirvelo per non recarvi
dispiacere su dispiacere sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi
dentro questa bella "prigione". Si, così l'ho pensata ricordando un
testo scritto da quel prete romagnolo, don Oreste Benzi che parlava di
questi posti come di "prigioni dorate". Allora mi sembrava esagerato e
invece mi sono proprio ricreduto. Sembra infatti che non manchi niente
ma non è così… manca la cosa più importante, la vostra carezza, il
sentirmi chiedere tante volte al giorno "come stai nonno?", gli
abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi
quel mio finto dolore per spostare l'attenzione e far dimenticare
tutto. In questi mesi mi è mancato l'odore della mia casa, il vostro
profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante
discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che
si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non
facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho
vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme.
In 85 anni ne ho viste così tante e
come dimenticare la miseria dell'infanzia, le lotte di mio padre per
farsi valere, mamma sempre attenta ad ogni respiro e poi il fascino di
quella scuola che era come un sogno poterci andare, una gioia, un
onore. La maestra era una seconda mamma e conquistare un bel voto era
festa per tutta la casa. E poi, il giorno della laurea e della mia
prima arringa in tribunale. Quanti "grazie" dovrei dire, un'infinità a
mia moglie per avermi sopportato, a voi figli per avermi sempre
perdonato, ai miei nipoti per il vostro amore incondizionato. Gli
amici, pochi quelli veri, si possono veramente contare solo in una mano
come dice la Bibbia e che dire, anche il parroco, lo devo ringraziare
per avermi dato l'assoluzione dei miei peccati e per le belle parole
espresse al funerale di mia moglie. Ora non ce la faccio più a scrivere
e quindi devo almeno dire una cosa ai miei nipoti… e magari a tutti
quelli del mondo.
Non è stata vostra madre a portarmi
qui ma sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori, per
non dare fastidio a nessuno. Nella mia vita non ho mai voluto essere di
peso a nessuno, forse sarà stato anche per orgoglio e quando ho visto
di non essere più autonomo non potevo lasciarvi questo brutto ricordo
di me, di un uomo del tutto inerme, incapace di svolgere qualunque
funzione".
"Se potessi tornare indietro direi a
mia figlia di farmi restare a casa"
"Certo, non potevo mai immaginare di
finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine,
ci sono anche alcune persone educate ma poi di fatto noi siamo solo dei
numeri, per me è stato come entrare già in una cella frigorifera. In
questi mesi mi sono anche chiesto più volte: ma quelli perché hanno
scelto questo lavoro se poi sono sempre nervosi, scorbutici, cattivi?
Una volta quell'uomo delle pulizie mi disse all'orecchio: "Sai perché
quella quando parla ti urla? Perché racconta sempre di quanto era
violento suo padre, una così con quali occhi può guardare un uomo?".
Che Dio abbia pietà di lei. Ma allora perché fa questo lavoro? Tutta
questa grande psicologia, che ho visto tanto esaltare in questi ultimi
decenni, è servita solo a fare del male ai più deboli? A manipolare le
coscienze e i tribunali? Non voglio aggiungere altro perché non cerco
vendetta.
Ma vorrei che sappiate tutti che per
me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, le "prigioni"
dorate e quindi, si, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono
pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi
restare con voi fino all'ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre
lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero
vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto
arrugginito e quindi anche pericoloso.
Questo coronavirus ci porterà al
patibolo ma io già mi ci sentivo dalle grida e modi sgarbati che ormai
dovrò sopportare ancora per poco… l'altro giorno l'infermiera mi ha già
preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no.
La mia dignità di uomo, di persona
perbene e sempre gentile ed educata è stata già uccisa. Sai Michelina,
la barba me la tagliavano solo quando sapevano che stavate arrivando e
così il cambio. Ma non fate nulla vi prego… non cerco la giustizia
terrena, spesso anche questa è stata così deludente e infelice. Fate
sapere però ai miei nipoti (e ai tanti figli e nipoti) che prima del
coronavirus c'è un'altra cosa ancora più grave che uccide: l'assenza
del più minimo rispetto per l'altro, l'incoscienza più totale.
E noi, i vecchi, chiamati con un
numeretto, quando non ci saremo più, continueremo da lassù a bussare
dal cielo a quelle coscienze che ci hanno gravemente offeso affinché si
risveglino, cambino rotta, prima che venga fatto a loro ciò che è stato
fatto a noi.”
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