FRATERNITA’: FONDAMENTO E VIA PER LA PACE
FRATERNITA’: FONDAMENTO E VIA PER LA PACE
Intervento di riflessione al cammino di pace
Zuglio – S.Pietro in Carnia 31 dicembre 2013
Intervento di riflessione al cammino di pace
Zuglio – S. Pietro in Carnia
31 dicembre 2013

“FRATERNITA’: FONDAMENTO E VIA PER LA PACE”

Le prime parole sono di saluto, di amicizia e di cordialità a ciascuna e ciascuno di voi nella sintonia e nella condivisione della spiritualità, della sensibilità, della cultura, della disponibilità e dell’impegno a costruire la fraternità che ci accomuna come esseri umani, ma che è disattesa e violata in modo evidente, drammatico e doloroso sulla faccia della terra…

Ho preparato questi spunti di riflessione, dentro all’esperienza del Centro Balducci di Zugliano che nell’accoglienza di persone immigrate e rifugiate politiche cerca di vivere la fraternità, dando la possibilità, pure con tutti i limiti, alle persone accolte di riassaporarla dopo partenze costrette da mancanza di fraternità, dopo viaggi in cui la fraternità è stata negata da arresti, maltrattamenti, indifferenza, discriminazioni. E il Centro Balducci cerca con tanti incontri, anche con le scuole di diffondere una sensibilità e una cultura della fraternità.

Ogni fine anno, ogni 31 dicembre, sento che questo cammino di pace è in sintonia e in collegamento con quello di tanta parte dell’umanità che cammina in diversi luoghi del Pianeta il cammino della liberazione, della giustizia, della nonviolenza attiva, della pace e dell’accoglienza… Milioni e milioni di persone, centinaia di migliaia di comunità sono in movimento, loro con noi e noi con loro. Tanti sono i profeti donne, uomini, intere comunità, tanti i martiri.

Quest’anno ci sentiamo in speciale compagnia in questo cammino con Francesco vescovo di Roma e papa, grati della sua sorpresa, incoraggiati dalle sue parole e dai suoi gesti; da Nelson Mandela per 27 anni in carcere per affermare la fraternità fra tutte le persone, fraternità colpita in modo così brutale dall’apartheid; da due preti italiani, diversi per percorso entrambi profondamente credenti nel Dio di Gesù, nella Chiesa come comunità fraterna: don Andrea Gallo, morto quest’anno il 22 maggio, prete di marciapiede, prete di fraternità; don Pino Puglisi beatificato quest’anno il 25 maggio a Palermo, martire per aver cercato di costruire la fraternità stando in mezzo al popolo del quartiere Brancaccio e cercando di togliere alla cultura e alla pratica mafiosa i ragazzi e i giovani.

Ricordiamo i fratelli e le sorelle, tanti i bambini inghiottiti dall’acqua del Mediterraneo (20 mila in questi anni) per una mancanza totale di sensibilità, di spirito e di pratica della fraternità da parte dell’Europa che si vanta delle radici cristiane e dell’Italia che si presenta come paese cattolico speciale. Ma si può davvero considerarsi tali se si disattende in modo così clamoroso la fraternità? Certamente no!

Come Dio chiede a Caino “Dov’è tuo fratello Abele?” così Dio, il Dio di Gesù di Nazaret chiede a noi: “Dove sono i tuoi fratelli?” Avremo noi coraggio di rispondere: “Non sono mica io, non siamo mica noi custodi di nostro fratello, dei nostri fratelli?” Questa domanda esprime indifferenza, lontananza, distacco, mancanza di presenza, di partecipazione, di coinvolgimento, la presunzione di tirarsi fuori…

Francesco, vescovo di Roma e papa, il 19 marzo, giorno di S. Giuseppe e inizio del suo servizio, ha indicato la custodia come atteggiamento e come impegno operativo per costruire la fraternità fra tutte le persone e con tutti gli esseri viventi. Non ha detto di custodire le verità della fede, non la Chiesa, non i valori non negoziabili; ha detto di custodirci gli uni gli altri e per non essere frainteso di genericità ha indicato gli ammalati, gli affamati, gli assetati, i denudati di vestiti e ancora di più della loro dignità, i carcerati, i forestieri… E insieme tutti gli esseri viventi… Custodire: vivere la compassione, prendersi a cuore, prendersi cura, ascoltare, condividere, accompagnare…

Stando al testo appena letto in friulano dal messaggio del Papa per la giornata mondiale della pace, come custodiamo i giovani che cadono nella dipendenza dall’alcol e dalle sostanze e come agiamo preventivamente?

Come custodiamo la Madre Terra e tutti gli esseri viventi, come preveniamo e come combattiamo con nonviolenza attiva e perseverante contro l’usurpazione delle risorse, la cementificazione, le varie forme di inquinamento, la mercificazione di tutto, perfino dell’acqua, bene comune, così come tutti i beni necessari per la vita dignitosa di tutte le persone e le comunità, i popoli del Pianeta?

Come custodiamo un’economia di giustizia, un lavoro dignitoso per tutti, pensando soprattutto alle nuove generazioni; come custodiamo gli operai in ansia e anche angosciati fino a togliersi la vita per la dilagante crisi attuale? E nello stesso tempo come custodiamo le migliaia e migliaia di lavoratori in nero, specie immigrati, a cominciare da quelli trattati come schiavi nelle campagne del sud Italia, ma non solo anche in altri luoghi e in altri settori?

Come custodiamo l’etica di una economia di giustizia che si liberi dai traffici illeciti di denaro, dalle speculazioni finanziarie?

Come custodiamo le donne spesso ragazze giovanissime che vengono irretite nella tratta di esseri umani, che subiscono violenze, strumentalità, ricatti; a cui si ruba un futuro di autonomia e di libertà? Come custodiamo quelle vite, come si opera per contrastare la mercificazione delle relazioni umane, dei corpi, della sessualità? Perché, ad esempio, mai o quasi mai si pone la questione antropologica ed etica sulla prostituzione, sulla domanda di prostitute e sulla disponibilità delle donne che si prostituiscono e che all’80% sono costrette con violenza e ricatti? Perché con posizione ipocrita si risolvono queste domande drammatiche affermando con qualunquismo e fatalismo non certo con fraternità: “Ma tanto è così, è il mestiere più vecchio del mondo.” Nello sfruttamento e nella mercificazione c’è la distruzione della fraternità.

E come custodiamo i fratelli e le sorelle, tanti i bambini piccoli, appena nati o ancora nell’utero delle madri che fuggono dai loro Paesi impoveriti, in guerra, dominati con violenza e che nella fuga disperata con speranza di trovare accoglienza e ripristino di condizioni di vita più umane vengono catturati e fatti diventare merce dalle mafie internazionali, da gruppi criminali che li imprigionano, li violentano, li torturano e chiedono loro e quindi ai loro familiari il prezzo della loro liberazione… perché il viaggio possa continuare per poi trovare la morte in mare, i trattamenti disumani nei centri di accoglienza, l’indifferenza e il rifiuto? “Vergogna… vergogna” ha ripetuto ad Assisi Francesco, vescovo di Roma e papa, con il volto segnato dal dolore e la voce incrinata di fronte alla tragedia nelle acque di Lampedusa…

E ancora come custodiamo i bambini che subiscono rifiuto, trascuratezza e peggio violenza e abusi, con ferite a loro arrecate che solo l’amore profondo, caldo, accogliente potrà contribuire a curare e rimarginare?

E’ urgente e doverosa una conversione, un mutamento profondo di sensibilità e di cultura, di scelte etiche e politiche: il Vangelo, la Carta della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la nostra Costituzione sono i riferimenti.  La luce e la forza del Vangelo attraversa nella laicità della storia queste dichiarazioni.

Nei Vangeli troviamo solo due parole di Gesù in aramaico: Abbà, Padre, il Padre di tutti che fonda la fraternità fra tutte le donne e gli uomini e Mammona, il denaro, i beni, l’avidità, la bramosia del possedere che separa, determina disuguaglianze, ingiustizie, fame, morte… C’è un antagonismo inconciliabile fra Dio e l’accumulo delle ricchezze e un patto irrevocabile fra Dio e i poveri. Da qui le scelte della nostra vita per un rovesciamento delle situazioni. Ripartire dai poveri , globalmente intesi che diventano esclusi, esuberi, scarti, come spesso ci ricorda Francesco, il papa.

E’ necessaria una profonda spiritualità evangelica, una nuova cultura, scelte ecclesiali, economiche e politiche diverse. E’ necessario liberarsi dal modello dell’arricchimento per sé, disporsi e scegliere la condivisione con chi fa fatica, con chi non ce la fa… Bisogna far sì che la giustizia e la legalità, che la vita vincano e che gli uomini e le donne, a cominciare dai bambini possano tutti sedersi alla comune mensa in pari dignità, nel profondo rispetto della cultura e della religione di ognuno spezzando il pane insieme, un pane che deve essere davvero comune a tutti perché tutti possano dirsi figli e figlie di Dio.

Il Padre Nostro deve corrispondere al Pane nostro. Questo è l’insegnamento di Gesù che deve diventare il nostro impegno quotidiano. Non possiamo accettare un sistema che distrugge la fraternità e decreta drammaticamente la morte. Un miliardo di esseri umani vivono impoveriti, affamati, fra vita e morte; centinaia e centinaia di milioni vivono con 1-2 euro al giorno; la Banca Mondiale afferma che 380 milioni di Africani vivono con meno di 75 centesimi di euro pro capite al giorno mentre una mucca in Europa dispone di 2,50 euro al giorno, in America di 5 dollari, in Giappone di 7.

Un sistema diabolico dove il 20% della popolazione del mondo consuma l’80% delle risorse: un pianeta con un miliardo di affamati, un miliardo di obesi! Un sistema dove si spendono ogni minuto tre milioni di dollari in armi e nello stesso minuto muoiono di fame 15 bambini. In Italia, paese cattolico, c’è la più alta corruzione, illegalità ed evasione fiscale: in tutto 180 miliardi di euro ogni anno rubati alla comunità, ai servizi sociali, alle scuole, alla cultura.

In questo nostro Paese si stimano oltre 800 mila persone dipendenti da gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio con drammi per le persone e le famiglie. Un fatturato legale valutato a 79,9 miliardi di euro nel 2011 a cui si devono aggiungere 10 miliardi di quello illegale. Siamo al primo posto in Europa e tra i primi nel mondo. In Italia ci sono 400 mila macchine da gioco, ma ora si gioca anche on line. Con una pubblicità televisiva micidiale: tre spot su dieci sono inviti a giocare. E buona parte di questi business è nelle mani delle mafie. Il tutto con la benedizione dello Stato.

Tutto questo è profondamente immorale. Papa Francesco in Brasile ha elevato al cielo il grido degli impoveriti contro un sistema di ingiustizia strutturale inaccettabile e anche nella rcente esortazione apostolica Evangelii Gaudium così afferma: “Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di un’economia senza volto e senza uno scopo veramente umano… con ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Il denaro deve servire e non governare”.

Francesco afferma che una qualità indispensabile per la Chiesa di Gesù e del suo Vangelo è la povertà: Chiesa povera e dei poveri, Chiesa delle periferie esistenziali, non di funzionari, non di carrieristi; una Chiesa immersa nell’umanità che annuncia il Vangelo e lo testimonia in modo credibile. Anche lo stile di vita di Francesco ci è di esempio, anche il calice costruito con il legno delle barche di Lampedusa con cui ha celebrato l’Eucarestia nell’isola ne è un segno; anche l’aver iniziato la riforma dello IOR, banca inaccettabile per la Chiesa per l’intreccio di denaro e di poteri oscuri… E poi ha scelto di vivere a Santa Marta, non nel palazzo; mangia nel refettorio di tutti, veste semplicemente, usa auto utilitarie…

L’impegno è arduo, la strada è in salita e lunga, ma ne va di mezzo il senso stesso della nostra fede e della nostra vita: credere in Dio Padre, nel Dio umanissimo di Gesù di Nazaret ci porta a sentire e costruire la fraternità, costruendo giustizia e legalità inscindibili, pace e accoglienza, collaborando alla custodia della Madre Terra e di tutti gli esseri viventi, favorendo un’economia di solidarietà dal basso ad esempio con le cooperative sociali, con Banca Etica, con il commercio equo e solidale, con Libera e i terreni e beni confiscati alle mafie, con Altro Mercato, con le Botteghe del Mondo…

Dal basso per esprimere quei segni concreti che incoraggiano la speranza (ringrazio per le due testimonianze precedenti); sorreggendoci e incoraggiandoci perché fraternità è accoglierci reciprocamente e incoraggiarci dandoci credito e fiducia… da fratelli e sorelle, da compagni di viaggio, etimologicamente da coloro che mangiano lo stesso pane: la Parola e l’Eucarestia e il pane della mensa giorno dopo giorno. In cammino costruzione di fraternità.


Pierluigi Di Piazza

31 dicembre 2013-1 gennaio 2014

In allegato la riflessione di Pierluigi Di Piazza in pdf

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