Il 25 luglio l'on. Carlo
Monai (IDV) ha
visitato il CIE di Gradisca d'Isonzo all'interno della mobilitazione
nazionale indetto da una lunga lista di promotori.
LasciateCIEntrare
è infatti l'appello contro il divieto di ingresso nei centri della
stampa e delle associazioni, promosso dalla FEDERAZIONE NAZIONALE
DELLA STAMPA (FNSI), ORDINE DEI GIORNALISTI, Art. 21, ASGI, PRIMO
MARZO, OPEN SOCIETY FOUNDATION, EUROPEAN ALTERNATIVES e i
Parlamentari Jean Leonard Touadi, Rosa Villecco Calipari, Savino
Pezzotta , Livia Turco, Fabio Granata, Giuseppe Giulietti, Furio
Colombo, Francesco Pardi. Il giro di vite sulla libertà di
informazione, già in precedenza in gravissime difficoltà, è stata
data dalla circolare n. 1305 emanata il 1 aprile 2011, che definisce
come un “intralcio” la presenza di giornalisti all'interno delle
strutture.
A Gradisca l'appuntamento era alle 11.00 di stamattina; dei
tre parlamentari che avevano confermato la propria presenza, solo
Monai si è presentato. E' riuscito ad entrare alle 11.40, dopo un
primo tentativo al quale è stato accompagnato alla porta e invitato
ad attendere fuori dalle “mura” il nulla osta da parte della
Prefettura. E' opportuno segnalare che secondo il regolamento
vigente, i parlamentari non necessitano di autorizzazioni per entrare
nei centri e non sono neppure tenuti a comunicare con preavviso. E'
stato accompagnato quindi all'interno dalla polizia, dal direttore e
vicedirettore del centro e ha visitato le zone interne della
struttura per circa un'ora. Di seguito si riportano stralci delle sue
parole
all'uscita.
“Con tutta franchezza il mio cane
vive meglio, ha più libertà e condizioni migliori. Non mi aspettavo
di trovare condizioni così disastrate. Si tratta di persone che
vengono rinchiuse in una sorta di cella senza materassi, costrette a
dormire per terra, con ambienti piuttosto asfittici nei quali anche
l'ora d'aria si riduce a 10 minuti al giorno di permanenza in una
sorta di recinto di una ventina di metri quadrati, dove possono
fumare due sigarette al mattino e due alla sera. Anche la possibilità
di telefonare a casa è riservata ad un momento ogni 10-15 giorni per
alcuni minuti. Le condizioni nei carceri sono certamente migliori. E
tra l'altro queste persone non hanno commesso reati, sono solo stati
intercettati durante la loro fuga dalla Libia o dalla Tunisia. Sono
qui da diversi mesi ormai. Hanno visto l'avvocato solo una volta in
occasione dell'udienza di fronte al giudice di pace, hanno difficoltà
ad essere messi in contatto e interagire con i loro difensori.
I
contatti con la famiglia sono riservati ad una telefonata ogni 10-15
giorni per pochi minuti, non possono utilizzare i loro cellulari, non
possono godere della loro disponibilità economica, non possono
acquistare nulla, neanche vestiti che spesso sono inadeguati alla
situazione.
Sono 59 persone rispetto ad una
capienza di 52. La maggioranza è tunisina, uno dal Bangladesh, un
iracheno; uno di
questi è un tunisino sordomuto che mi ha fatto capire che da 4
giorni non riesce a dormire per una mal di denti che lo assilla e ho
voluto accompagnarlo all'infermeria; il medico ha garantito che
questa sera gli somministrerà una fiala di tranquillanti per
dormire. Dice che da giugno l'ha preso in cura e che oggi solleciterà
l'intervento di estrazione di questo dente.
Una sola stanza è stata
ritenuta agibile dai Vigili del Fuoco dell'ala interessata negli
ultimi scontri, ospita 10 persone. Le persone sono ancora costrette a
dormire su brande di ferro con un sacchetto delle immondizie nero a
mo' di materasso in condizioni poco dignitose per l'essere umano.
Stavano meglio in Tunisia di quanto
stiano qui. Il campo sportivo non
è ancora sistemato, per cui i minuti di aria concessi vengono
passati in una sorta di cortile recintato a mo' di gabbia dei leoni
in gruppi di persone. E questo è un elemento di grande sofferenza.
Nelle stanze c'è un televisore dotato di televisore ma senza canali
satellitari che permetterebbero una maggior vicinanza con la loro
madrepatria. Bagni essenziali con erogazione d'acqua fredda e calda
separati, su due diversi lavandini. Con la conseguenza che quella
calda non è utilizzabile perchè esce a temperature molto alte.
Credo che basti poco per rendere perlomeno decoroso questo ambiente
che crea sofferenze ulteriori per le condizioni che impone.
Tempistica sul cambio di gestione non sono state comunicate. Non
hanno dato dettagli su presenza di soggetti pregiudicati.
Forze di polizia e enti gestori
dichiarano che hanno margini di iniziativa piuttosto limitati, devono
attenersi a disposizioni superiori che li costringono a togliere i
materassi. Secondo me bisognerebbe garantire quel minimo di decoro
che è la fornitura di un materasso anche ignifugo; sta di fatto che
le persone che sono qui oggi non c'entrano niente con quelle
contestazioni e mi sono sembrate anche persone molto composte, bravi
ragazzi, potrebbero essere nostri figli. Nel momento in cui si
abbassano le garanzie di vivibilità dignitosa in un contesto di
reclusione come questo c'è il rischio che anche si ottunda il senso
di rigore e di rispetto della persona da parte degli operatori che
affiancano la struttura. Il fatto di essere costretti a vivere
continuamente situazioni così estreme rischia di far accettare cose
che normalmente uno non è disposto a tollerare.
Ho potuto comunque parlare con le
persone che mi hanno anche consegnato una lettera. E ho consegnato a
due rappresentanti di due stanzoni le copie delle lettere in modo
molto trasparente dicendo che ci sono i contatti con l'associazione;
avranno chiaramente difficoltà a contattarvi perchè è permesso a
loro di chiamare solo in Africa, proprio per impedire contatti con
connazionali sul territorio o in Francia dai quali potevano sperare
di avere un appoggio.
Il cibo è fornito da una ditta di
catering che è stata sostituita perchè si sono verificati dei fatti
incresciosi a detta degli stessi operatori che avevano determinato
anche le contestazioni dei “reclusi”. Hanno chiesto di poter
acquistare del cibo diverso con proprie finanze ma questo non viene
permesso. Oltre al cibo dato ai pasti hanno in dotazione due
sigarette al mattino e due alla sera, nulla può essere acquistato
extra. Non ci sono attività durante la giornata, solo quei pochi
minuti al mattino e alla sera.
Secondo me c'è bisogno di
un'operazione di trasparenza che metta di fronte agli occhi dei
nostri concittadini che metta in evidenza di come oggi il problema
dell'immigrazione clandestina sia gestito dal punto di vista
amministrativo. Questo dovrebbe da una parte essere denunciato come
stiamo facendo oggi, dall'altra dovrebbe portare ad una reazione di
legalità da parte delle organizzazioni ministeriali improntata a
garantire che se non attualmente magari in brevissimo tempo questi
centri che molto hanno a che vedere con le carceri possano essere
visitati dalla stampa.
Questi centri sono degli spauracchi di
valenza intimidatoria per dare un esempio di come gli immigrati
possano essere trattati nel nostro paese al fine di tenerli lontani
dai nostri confini. Se fosse questo l'intendimento sarebbe da
discutere sul cinismo di un'operazione di questo tipo e il dato
oggettivo è che i flussi migratori sono certamente di numero e
portata tale che le strutture che sono state attrezzate per ospitare
gli immigrati da identificare in vista delle espulsioni non sono una
risposta adeguata al problema reale che c'è nel paese.”
Queste le parole
dell'on. Monai.
Dopo
questo racconto, quelli continuamente riportati da Gabriele del
Grande su Fortress Europe e da altri, le testimonianze dirette dei
migranti, ci chiediamo quanto ancora servirà per non stupirsi di
fronte alle manifestazioni di protesta. Quanto servirà per smetterla
di pensare a questa situazione con la distinzione fra i “bravi
ragazzi simili a noi” e tutti gli altri pericolosi rivoltosi e
teste calde.
Non ne abbiamo il diritto. Non abbiamo più il diritto a
giudicare, come stato italiano abbiamo commesso il reato più grande:
criminalizzare coloro che non hanno commesso crimini, creare un
nemico che non esisteva, circondarlo di paura, alimentare
irresponsabile ignoranza e stupidità nei suoi cittadini.
Sottolineamo senza mai stancarci che
non si tratta di rendere più dignitoso un centro di detenzione di
questo tipo, ma di smetterla di applicare politiche detentive e di
terrore intorno agli ingressi nel nostro paese. Ci sono proposte
alternative, strutture, professionalità e fondi da spendere in modo
responsabile, efficace e umanamente accettabile. E i politici seduti
in Parlamento sono i primi a doversene far carico oggi.
Dalle parole del ragazzo tuisino che ha
risposto con una lettera e di un ragazzo afghano richiedente asilo al
Cara, un messaggio per la delegazione di giornalisti e politici
presenti. “Vi prego, signori,
salvateci da questa sofferenza che
stiamo vivendo tutti i giorni. Sono venuto in Italia per cercare
rifugio perchè è un paese famoso per la democrazia e per la dignità
dell'uomo. Non posso credere che questa sia la situazione in cui mi
trovo”. “Vorrei dire solo questo: in questi centri e con queste
lunghe attese si sta spegnendo la nostra vita.”
Commento a cura
della Tenda per la Pace e i Diritti di
Monfalcone
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