Bocciato il welfare "padano" della Regione FVG
Bocciato il welfare "padano" della Regione FVG
Nuova ordinanza giudiziaria
Tribunale di Trieste, 5 agosto 2011
Una nuova ordinanza  di un tribunale del Friuli-Venezia Giulia va a sottolineare il carattere discriminatorio e contrario al diritto dell’Unione europea della legislazione regionale del Friuli-Venezia Giulia in materia di prestazioni di welfare, fondata sui requisiti di anzianità di residenza. Con l'ordinanza n. 479/2011 dd. 05 agosto  2011, il giudice del Lavoro del Tribunale di Trieste  ha dichiarato la natura discriminatoria del bando di concorso indetto il 19 aprile  2010  dal Comune di Trieste per l'assegnazione dei contributi a sostegno delle locazioni, previsti  dall'art. 12 della L.r. del FVG n. 6/2003  e subordinati ad un requisito di anzianità di residenza decennale in Italia per effetto degli art. 4 e  5 della legge regionale fvg n. 18/2009, con l'eccezione prevista per i discendenti di corregionali emigrati all'estero dal territorio corrispondente all'attuale FVG e che hanno fissato la loro residenza nel FVG, e degli appartenenti alle Forze armate e di polizia residenti nel FVG.

Il giudice del lavoro di Trieste  ha accolto il ricorso presentato da quattro  nuclei familiari rumeni residenti a Trieste e dall'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione), riconoscendo che il requisito di anzianità di residenza costituisce una discriminazione indiretta o dissimulata vietata dall'ordinamento dell'Unione europea, in quanto contrario al principio di libertà di circolazione dei cittadini di altri Paesi membri dell'UE e a quello di parità di trattamento previsto  a favore non solo dei cittadini comunitari, ma anche di altre categorie di cittadini stranieri di  Paesi terzi non membri dell'UE, ma ugualmente  protetti da specifiche norme di diritto europeo (i titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria).

Il giudice ha accolto tutti i rilievi mossi dai ricorrenti, riconoscendo che un criterio di anzianità di residenza costituisce una forma di discriminazione indiretta o dissimulata su basi di nazionalità perché può essere soddisfatto proporzionalmente in misura maggiore dai cittadini nazionali piuttosto che da quelli migranti per ovvie ragioni di un minore radicamento sul territorio dei secondi. Inoltre, tale discriminazione indiretta non può ritenersi sorretta da una valida causa giustificatrice, avendo in considerazione le finalità per loro natura universalistiche dell'istituto del sostegno alle locazioni, volto a garantire  -mediante la riduzione della spesa sostenuta dal beneficiario per il canone di locazione  - l'accesso dei non abbienti al diritto all'abitazione, quale diritto sociale fondamentale, riconosciuto come tale dalla Corte Costituzionale anche nella recente sentenza n. 61/2011, e come tale spettante a tutti i residenti.

Dalla constatazione della illegittimità del criterio di anzianità di residenza previsto dalla normativa regionale, il giudice ha concluso che il Comune di Trieste e’ tenuto, ai sensi dell’art. 44 c. 7 del d.lgs. n. 286/98 e dell’art. 4 c. 4 del d.lgs n. 215/03,  a risarcire ai ricorrenti il danno patrimoniale subito, versando loro le somme di cui avrebbero beneficiato  se non fossero stati ingiustamente esclusi dalla graduatoria, mentre la Regione Friuli Venezia Giulia dovrà  trasferire i rispettivi fondi al Comune di Trieste per far fronte al maggiore fabbisogno abitativo registrato a seguito del  procedimento giudiziario.

La novità di tale pronuncia del giudice del lavoro di Trieste rispetto a quelle precedenti degli altri tribunali del F.V.G. sta proprio nel fatto di aver riconosciuto pienamente la corresponsabilità della Regione Friuli-Venezia Giulia nella discriminazione perpetrata, in qualità di  ente amministratore coinvolto nel procedimento. Questo in quanto la Regione FVG non solo non ha esercitato il dovere di disapplicazione della normativa discriminatoria, ma anzi, emanando un regolamento applicativo della normativa regionale contenente il requisito discriminatorio, ha dato istruzioni agli enti locali di effettuare la discriminazione vietata dal diritto europeo. Di conseguenza, la Regione Friuli-Venezia Giulia e’ stata condannata ai sensi dell’art. 2 ultimo comma della direttiva n. 2000/43/CE che assimila all’atto discriminatorio anche l’ordine di discriminare. Comune di Trieste e Regione Friuli-Venezia Giulia sono state condannate pure al pagamento delle spese legali

Il carattere discriminatorio  e contrario al diritto dell’UE della normativa della Regione FVG sul welfare non e’ stato evidenziato soltanto dai giudici del FVG, ma anche dalle stesse istituzioni europee a Bruxelles, in quanto ha determinato l’avvio da parte della Commissione europea di  due distinte procedure di infrazione del diritto dell'Unione europea.

Con una lettera inviata il 7 aprile scorso alla Rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea, la Commissione europea ha, infatti, messo in mora l'Italia  con riferimento tra l'altro alle normative in materia di benefici di welfare promosse dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia nel corso della presente legislatura. La Commissione europea ha contestato la politica intrapresa dalla Regione FVG di riforma del welfare regionale fondata su due criteri fondamentali: quello di "autoctonia" (cioè sulla esclusività o preferenza o priorità nell'assegnazione ed erogazione dei benefici sociali alle persone residenti da lungo tempo nel territorio nazionale e regionale) e di "consanguineità" (la preferenza nell'accesso agli istituti di welfare ai discendenti di emigranti dal territorio dell'odierno FVG che hanno inteso stabilire la loro residenza nel FVG:  solitamente trattasi di  discendenti anche di terza o quarta generazione di emigranti che hanno lasciato il Friuli tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento per recarsi in Paesi del Sud America e che hanno conservato o possono riacquistare la cittadinanza italiana in base al principio dello jus sanguinis).

A tale riguardo, la Commissione europea sottolinea nella lettera di messa in mora che «tali disposizioni regionali in forza delle quali l'accesso agli alloggi di edilizia pubblica e a diverse misure di politica familiare sono subordinati ad un determinato numero di anni di presenza sul territorio nazionale e/o regionale costituiscono una discriminazione nei confronti dei soggiornanti di lungo periodo che risiedono abitualmente nel territorio italiano, in violazione dell'articolo 11 paragrafo 1, lettere d) e f)». Infatti, secondo la Commissione, «tale requisito è più facile da soddisfare per i cittadini italiani, tanto più che è stata prevista una deroga specifica per i corregionali all'estero e i loro discendenti che abbiano ristabilito la loro residenza in regione» per cui «tale norma equivale ad imporre ai soggiornanti di lungo periodo un ulteriore requisito correlato alla durata del soggiorno in Italia per beneficiare dei diritti di cui all'art. 11 della direttiva, nonostante tali diritti derivino direttamente dal permesso di soggiorno di lungo periodo e vadano direttamente concessi al titolare del permesso di soggiorno».

L'Italia aveva  dunque tempo fino al 6 giugno prossimo per presentare le proprie osservazioni in relazione alla procedura di infrazione aperta nei suoi confronti con riferimento alle normative sul welfare della Regione autonoma FVG. In caso di risposta non soddisfacente, la Commissione europea potrà emettere un parere motivato, secondo quanto previsto dall'art. 258 del TFUE.

Nel corso del mese di marzo 2011, la Regione F.V.G. ha ricevuto dal Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie presso la  Presidenza del  Consiglio dei Ministri un'ulteriore richiesta di informazioni dalla Commissione europea dd. 25 febbraio 2011, volta a verificare la compatibilità delle normative regionali in materia di welfare (inclusa quella sul fondo per il sostegno alle locazioni) con la direttiva n. 2004/38/CE in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea. In tale missiva della Commissione europea, inviata nell'ambito del sistema di comunicazione EU-Pilot,  viene precisato che, secondo la giurisprudenza costante della Corte di Giustizia europea, le norme relative alla parità di trattamento previste dal diritto UE "vietano non solo le discriminazioni palesi, in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che fondandosi su altri criteri di distinzione, pervenga in effetti al medesimo risultato". La Commissione europea, dunque puntualizza, che i requisiti di residenza previsti dalle leggi regionali in materia di welfare risultano contrarie alle disposizioni contenute nell'art. 24 della direttiva n. 2004/38/CE, in quanto appaiono più facili da soddisfare per i cittadini italiani rispetto ai cittadini migranti dell'UE (in proposito si veda Commissione europea, direzione generale giustizia, Direzione C: diritti fondamentali e cittadinanza dell'Unione, Richiesta di informazioni EU-Pilot su presunte violazioni della direttiva 2004/38/CE da parte dell'Italia, lettera a firma di Aurel Ciobanu- Dordea dd. 25 febbraio 2011).

In risposta all’iniziativa della Commissione europea, la giunta regionale di centro-destra del FVG, nella seduta  svoltasi il 17 giugno scorso, su proposta dell'Assessore regionale con delega per le politiche familiari, Roberto Molinaro (UDC), ha approvato un disegno di legge di modifica della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni sociali (allegato alla generalità n. 1160), che, se approvata dal  consiglio regionale, sostituirebbe gli attuali e disparati requisiti di anzianità di residenza in Italia e nel FVG previsti dalla legislazione vigente, con un requisito unico di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale del FVG per i cittadini italiani, quelli di altri Paesi membri dell'UE, i titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e i rifugiati politici o titolari della protezione sussidiaria, ed, in aggiunta a questo, un requisito di anzianità di residenza quinquennale in Italia per i cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE titolari di permesso di soggiorno ordinario (in proposito si veda al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1718&l=it )

L'ASGI ritiene che tale disegno di legge non sia in grado di superare i rilievi di contrasto con il diritto dell'Unione europea e presenti evidenti  profili di incostituzionalità. La previsione di un requisito di anzianità di residenza biennale nel territorio regionale, pur ampliando in maniera inaccettabile la proporzione di cittadini nazionali provenienti da altre regioni italiane cui verrebbe pure  negato l'accesso alle prestazioni di welfare,  continuerebbe a colpire in misura proporzionalmente maggiore i cittadini provenienti da altri  Stati membri dell'UE che esercitano il diritto alla libera circolazione, con ciò continuando a determinare una discriminazione indiretta o dissimulata nei loro confronti. Ugualmente,  il requisito di residenza biennale in Regione verrebbe di fatto ad introdurre, nei confronti dei cittadini dell'Unione europea che esercitano la libera circolazione insediandosi nel FVG, una limitazione nell'accesso alle prestazioni di assistenza sociale,  ben oltre il limite temporale  di tre mesi consentito dalla direttiva n. 2004/38/CE (art.  24 c. 2).

L'ASGI sottolinea, inoltre, come ridurre la durata del termine di anzianità di residenza richiesto ai fini dell'accesso a prestazioni di assistenza sociale, non è sufficiente per  rendere compatibili tali misure con il diritto UE.  Si ricorda infatti, a solo titolo di esempio, che nella causa Commissione c. Lussemburgo, ( C-111/91, sentenza 10.03.1993), la Corte di Giustizia europea ha ritenuto contraria al diritto UE una disposizione normativa del Principato del Lussemburgo,  dove si prevedeva, ai fini dell'erogazione di un assegno di natalità, il requisito di anzianità di residenza di un solo anno antecedente alla nascita.  La Corte di Giustizia ha concluso che tale requisito, potendo essere più facilmente soddisfatto da una cittadina lussemburghese piuttosto che da una cittadina di altro Stato membro, costituiva una disparità di trattamento indirettamente discriminatoria, non giustificata da scopi legittimi e pertanto contraria al principio di libertà di circolazione e di non discriminazione nella fruizione di vantaggi sociali di cui all'art. 7 c. 2 del Regolamento n. 1612/68 e all'art. 52 del TCE.

Ugualmente, se il DDL della giunta regionale del FVG  del 17 giugno scorso venisse approvato in aula,  anche ai rifugiati e ai titolari della protezione sussidiaria residenti nella Regione FVG verrebbe impedito per i primi due anni di permanenza in Regione l'accesso a prestazioni di welfare importanti per la loro inclusione sociale, con ciò determinando una evidente discriminazione  indiretta nei loro confronti incompatibile con le finalità del principio  di parità di trattamento sancito  dal considerando n. 33 della direttiva n. 2004/83, dove si afferma che: "Per scongiurare soprattutto il disagio sociale, è opportuno offrire ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, senza discriminazioni nel quadro dei servizi sociali, assistenza sociale e mezzi di sostentamento adeguati".

L'ASGI ritiene, pertanto, che una siffatta riforma della normativa regionale  sul welfare, non sarà in grado di convincere  la Commissione europea ad archiviare le procedure di infrazione del diritto UE.

Al di là dei profili di contrasto con il diritto UE, l'ASGI ritiene che il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale del FVG, estendendo la possibilità  che  cittadini italiani o stranieri, sebbene residenti nel FVG,  possano soffrire dell'esclusione da benefici di welfare in base al criterio di anzianità di residenza biennale in Regione,  sia  del tutto incompatibile con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza.

Già con la sentenza n. 40/2011,   la Corte costituzionale italiana  ha rilevato che la normativa del F.V.G., che aveva previsto l'esclusione di intere categorie di persone dal sistema integrato dei servizi sociali, per il  difetto del possesso della cittadinanza europea, ovvero per la  la mancanza di una residenza temporalmente protratta in Regione  per almeno trentasei mesi, non risultava rispettosa del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in quanto introduceva, in violazione del limite di ragionevolezza, elementi di distinzione arbitrari per la fruibilità di provvidenze che, per loro natura, non tollerano distinzioni basate né sulla cittadinanza, né su particolari tipologie di residenza, in quanto destinate a finalità di inclusione sociale ovvero alla tutela di valori universalistici quali ad esempio il sostegno ai minori, alla famiglia e  alla funzione genitoriale.  Secondo la Corte Costituzionale, l'irragionevolezza della previsione consisteva nel fatto che  essa era volta ad escludere proprio coloro che risultavano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che il  sistema integrato di prestazioni e dei  servizi si proponeva di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale.

E' evidente che quanto affermato  dalla Corte Costituzionale, sebbene riferito alle norme allora approvate dal legislatore regionale, ha una valenza generale ed immanente, e suscettibile di trovare nuova applicazione  nel caso in cui il legislatore regionale del FVG volesse persistere in una produzione normativa discriminatoria.

Ugualmente, presenta evidenti profili di contrasto con la giurisprudenza costituzionale la previsione di un trattamento differenziato tra cittadini italiani, UE e lungo soggiornanti da un lato e cittadini extracomunitari titolari di permesso di soggiorno ordinario dall'altro, con una disparità di trattamento sfavorevole per i secondi, per i quali verrebbe richiesto il requisito addizionale dell'anzianità di residenza quinquennale in Italia.  La Corte Costituzionale,  in numerose pronunce, ha chiarito come non possano ritenersi conformi ai principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza distinzioni di trattamento tra italiani e stranieri regolarmente residenti nell'accesso a   benefici sociali incidenti su diritti sociali fondamentali quali quello all'abitazione ovvero al sostegno alla famiglia e ai minori, o ai soggetti disabili,  e questo in relazione anche ad evidenti profili  di contrasto con norme di diritto internazionale inerenti al sistema dei diritti umani, quali quelle contenute nella Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (si ricordano in proposito le pronunce della Corte Costituzionali  n. 306/2008, n. 11/2009, n. 285/2009, n. 187/2010, n. 61/2011).

Il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale del FVG nella seduta del 17 giugno 2011 è pertanto chiaramente incompatibile con la Costituzione italiana, tanto che nella relazione introduttiva al medesimo si legge come lo stesso  Segretario generale della Regione indichi possibili profili di incostituzionalità nel trattamento differenziato e sfavorevole previsto per i cittadini di Paesi terzi non membri dell'UE muniti di permesso di soggiorno ordinario.

A cura del servizio di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto  ASGI con il sostegno finanziario della Fondazione italiana a finalita’ umanitarie Charlemagne ONLUS.

A seguire la copia della sentenza in formato PDF
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