“Con la presente Le chiediamo di
revocare il divieto di accesso dei giornalisti ai CIE (i Centri di
Identificazione ed Espulsione degli immigrati), fissato dalla circolare
prot. n. 1305 firmata in data 1 aprile 2011 dal Suo predecessore, on.
Roberto Maroni.
In conseguenza di quell’atto, oggi e “sino a nuova disposizione”
possono entrare nei CIE, oltre ai parlamentari, solo gli operatori di
alcuni organismi umanitari internazionali già individuati; a chi invece
intenda esercitare il diritto-dovere di cronaca risulta impossibile
verificare di persona cosa accada in quei luoghi (come è successo ai
giornalisti che, ancora pochi giorni fa, si sono sentiti rispondere con
un diniego da alcune Prefetture alla loro richiesta di ingresso).
Comprendiamo i problemi talvolta derivanti dalla materiale gestione
quotidiana dell’accoglienza, ma non è giusto considerare l’informazione
un intralcio al funzionamento delle strutture (così infatti la
circolare Maroni motiva il divieto). Il Sindacato e l’Ordine dei
Giornalisti sono invece convinti - insieme ai tanti colleghi che hanno
sottoscritto un appello alla revoca della circolare - che la fiducia
nelle istituzioni abbia nella trasparenza un indispensabile alimento.
L’impossibilità per la libera informazione di accedere a luoghi di
concentramento non volontario delle persone non solo limita il diritto
dei cittadini a sapere, ma finisce per legittimare un clima di sospetto
sull’attività dei Centri. Questa nostra richiesta, peraltro, ha avuto
già il sostegno dell’ordine del giorno n. G101 approvato dal Senato
della Repubblica lo scorso 2 agosto, con il quale “si impegna il
Governo a predisporre ed adottare con urgenza tutte le misure
necessarie a consentire ai giornalisti e agli operatori
dell’informazione l’accesso ai centri per immigrati e richiedenti
asilo, modificando le regole di accesso e neutralizzando così gli
effetti della circolare del Ministro dell’Interno”. Siamo certi che sia
possibile giungere ad un’intesa atta a regolamentare il dovere
dell’informazione anche nei CIE: in maniera tale da non precludere il
normale funzionamento delle procedure che in essi vengono svolte e da
garantire l’imprescindibile diritto alla privacy per gli immigrati, per
gli operatori degli enti gestori, per le forze di polizia”.
Fonte
FSNI