Non senza il conflitto, ma oltre
Non senza il conflitto, ma oltre
Le preoccupazioni e le speranze di una fedele
Durante l'eucarestia di domenica 12 febbraio
Sono rimasta colpita dall’editoriale della Vita Cattolica di domenica 5 febbraio 2012, l’ho trovato sconcertante: questa svolta integralista della Chiesa udinese mi fa stare male, sono molto preoccupata.
Anche il susseguirsi di lettere sulla stampa locale, Vita Cattolica e Messaggero Veneto, contro i “Preti della lettera di Natale” e in particolare contro Pierluigi, preso di mira anche perché ha dato un parere diverso dal vescovo sul pensiero del teologo Küng, dimostra che stiamo vivendo un conflitto tra diversi modi di vivere la Chiesa.
Mi è venuto in aiuto un articolo del quindicinale Rocca, del 1° gennaio 2012, scritto dalla teologa Lidia Sebastianini  titolato “Fare la pace, accettare il conflitto”.
Voglio riportare uno stralcio sottotitolato “Non ‘senza’ il conflitto, ma ‘oltre’”.

Gesù stesso ha conosciuto il conflitto, e di solito non sembra evitarlo. Anzi, in apparenza è stato più un suscitatore di conflitti che un pacificatore (anzi di sé dice: “Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra… Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla Terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi, in una casa id cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre …” (Lc 12, 49.51-53)).
Eppure nonostante questo o proprio per questo si pone come quello che è venuto a riunire il suo popolo disperso, e nella Lettera agli Efesini si dice che Cristo “ è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione …” (Ef 2, 14). Nel senso biblico, certo, la pace non è pura assenza di conflitti. Anche gli operatori di pace di cui parlano le Beatitudini, sono persone che non temono il conflitto, ma sanno guardare oltre. Il conflitto è realtà scomoda, spesso dolorosa, ma non è semplicemente e unicamente negativo. Segna una crisi, e la crisi entra a buon diritto nella storia della salvezza carica del suo potenziale di trasformazione. Non va dunque soffocato e represso,ma ascoltato, interrogato della coscienza, illuminato dallo Spirito. Se lo si vive nel modo giusto – cioè senza violenza, con mente e cuore aperti, con l’abitudine al discernimento … -, il conflitto può aiutare una migliore conoscenza di sé in entrambe le parti coinvolte: svela e avvalora tutta la sua intima vocazione a farsi ‘altro’. Qui siamo prossimi a scorgere – senza possederla – la chiave di una possibile spiritualità del conflitto, quasi tutta ancora da inventare nel concreto della storia umana, ma in qualche modo già donata. Infatti, nel momento in cui si riesce a farvi entrare anche solo  un seme di dialogo, il conflitto è già diventato un confronto. E sappiamo che il confronto è una fase -  magari iniziale e povera, eppure autentica – di una realtà molto grande, per noi fondamentale, cioè il dialogo: e questo a sua volta è una dimensione, una manifestazione dell’amore. […] In una logica personalistica, il criterio di fondo dovrebbe essere quello di separare la persona, qualunque persona, dal problema che rappresenta in quel momento. Come Cristiani -  ma vorremmo dire come persone -, la sfida che ci interpella è quella della fantasia creativa senza cui l’amore non merita nemmeno di chiamarsi così: saper andare oltre gli schemi irrigiditi che prevedono vincitori e vinti, saper investire nel conflitto, un ‘ di più’ di intelligenza e di amore, perché entrambe le parti possano uscirne migliori.

Queste parole di Lidia Sebastianini sono per me di grande conforto, spero che questo periodo di contrasti, punti di vista diversi, portino a un dialogo aperto, sincero, che dia dei frutti positivi per vivere più serenamente all’interno di una Chiesa che sappia davvero vedere ‘oltre’.

Antonietta Zanello
12 – 02 – 2012
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