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UNA CARTA DI PRINCIPI E PUNTI UNIVERSALI PER UN WELFARE regionale ACCOGLIENTE
A cura della Rete Diritti di cittadinanza e dell'Ordine regionale degli Assistenti Sociali FVG
Si raccomanda la massima condivisione
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Per
la costruzione di un Welfare regionale accogliente - Premessa
Questo testo, proposto da Rete Diritti di Cittadinanza FVG, Ordine regionale Assistenti Sociali FVG e da esponenti sindacali regionali, è stato condiviso dall’assemblea sul welfare regionale svoltasi il 22/06/2012 presso il Centro di Accoglienza E. Balducci di Zugliano. E’
possibile mandare osservazioni e riflessioni agli indirizzi mail retedirittifvg@gmail.com o segreteria@centrobalducci.org.
Vorremmo che divenisse base di un confronto importante con Enti Locali e Regione, forze politiche e sindacali e che su di esso si esprimessero in maniera chiara e precisa candidate/i alle prossime elezioni regionali, indicando i punti di condivisione, come reperire le risorse, con impegno pubblico.
UNA CARTA DI PRINCIPI E PUNTI
UNIVERSALI PER UN WELFARE regionale ACCOGLIENTE
Una proposta nuova e alternativa è possibile assumendo, anche con
modalità diverse da quelle passate, come punto di riferimento la
risposta a importanti bisogni sociali partendo dalle fasce più deboli,
meno garantite. In questo senso per ciascuno dei principali settori
sociali occorrerebbe elaborare proposte concrete basate sugli assunti
precedenti che “dimostrino” come un Welfare per tutte e tutti in
Regione sia possibile, un Welfare dove anche alle persone sia
riconosciuto un ruolo attivo, non di utenza passiva, affinché
tale nuovo sistema di protezione sociale sia anche, veramente, di
tutte/i.
Sarebbe importante se a livello di proposta, nei Piani di zona e nelle
iniziative del volontariato, delle associazioni, nell’attività dei
sindacati si proponesse dei chiari punti irrinunciabili, universali su
cui ricostruire un vero sistema di welfare, di protezione sociale che
superi le logiche monetaristiche, individualistiche o peggio quelle
dell’abbandono dell’intervento pubblico limitando l’azione a interventi
spot di tipo “caritatevole”.
Che cosa fare:
Cancellare ogni norma o
regolamento che ponga discriminazioni anticostituzionali all’accesso al
welfare, prevedendo da parte della Regione FVG in ogni settore
(scuola, casa, sanità, sociale,…) un intervento minimo universale come
diritto di tutte/i; Ricollocare a centro del sistema
di welfare la persona e il suo benessere, non la
produzione di servizi o il rispetto di parametri macroeconomici (per
quanto importanti). Occorre dare
valore e dignità ad ogni condizione, età, situazione di vita
affermando, riconoscendo alle singole persone nel loro diverso stato
(anche di vulnerabilità e/o di cronicità) pari valore e partecipazione. La
crisi non può diventare giustificazione di un rovesciamento dei
principi e non può giustificare l’aumento di disuguaglianze sociali
fondamentali come avviene nella nostra realtà territoriale. Governare la crisi attraverso
una “Vision” sulle politiche di welfare, significa lavorare non per un welfare “leggero”/”semplificato” o solo
per i “bisognosi”, ma per lo sviluppo di politiche sociali
integrate capaci di fronteggiare nuovi rischi sociali e non di
chiudersi a target minimi di popolazione. Significa interrogarsi
su cosa non si deve fare (né oggi né domani) e su cosa si può fare a
partire da oggi, perché alcuni interventi necessitano di tempi lunghi e
proprio per questo devono essere avviati sin da subito. Concertare finalmente la
definizione di un Piano Sociale regionale e dei livelli essenziali di
servizi e interventi, integrato con quello Sanitario, attraverso
la partecipazione attiva delle comunità (cittadine/i,
operatrici/ori, amministrazioni locali); coinvolgere cittadine/i
destinatari dei servizi e operatrici/tori è l’unica via in grado di
generare più efficienza e più qualità, anche in epoca di ristrettezze. Rilanciare i principi della
domiciliarità e della prevenzione, che devono essere priorità
anche della spesa sociale e sanitaria, spostando quindi l’attenzione
dalla politica dei “muri”, delle strutture o dei contenitori verso
quella dei servizi più vicini a cittadine/i. Ridefinire i contenuti della spesa sociale, prevedendo un fondo sociale unico, che inglobi
anche le diverse attuali finalizzazioni e che garantisca le priorità a livello
regionale su interventi e servizi, lasciando alla gestione associata dei
territori la valutazione e la responsabilità di agire su esigenze
specifiche delle comunità d’appartenenza. Ridefinire le misure per il
sostegno al reddito di Cittadinanza, con garanzie sociali
universali minime garantite in tutto il territorio regionale per
assicurare condizioni di vita dignitosa e prevenire e contrastare
fenomeni di povertà, di esclusione sociale e sempre più spesso di
vulnerabilità. Riconoscere l’importanza di
investire nella formazione e nella giusta valorizzazione delle
professioni legate al lavoro di cura, in quanto attualmente il
lavoro di cura rischia di risultare o “poco attrattivo” (anche per le/i
giovani trattamento economico basso, rischio di bassa qualificazione
degli operatori in settori strategici per l’assistenza alle persone
fragili …) o delegato all’interno delle “mura” domestiche e quindi
appannaggio delle famiglie. Porre attenzione a tagli lineari
e riforme poco chiare e dagli esiti incerti. La crisi
economico-finanziaria sta imponendo una revisione del sistema di
welfare che rischia di andare oltre il pur necessario contenimento
delle inefficienze e il contributo al risanamento della finanza
pubblica. E’ più semplice tagliare intere aree d’intervento o rinviare
a complesse organizzazioni di servizi che intervenire puntualmente
sulle piccole e grandi inefficienze che si celano all’interno di un sistema le cui fondamenta vanno
riconosciute e preservate. Porre attenzione alle
monetizzazioni inutili e a interventi spot o “caritatevoli” rivolti
solo a ridotte fasce sociali, inefficaci, per situazione di
disagio sociale, difficoltà psichica o tossicodipendenza, disabilità
che non modificano sostanzialmente i problemi e vanno a discapito di
interventi più strutturati e di sostanziale sostegno alle famiglie. Evitare le “deleghe” a famiglie
e associazioni di volontariato nella gestione di servizi, camuffate dal
principio di sussidiarietà. A cittadini/e si affidano nuove
responsabilità e nuovi compiti di cura, ma si incide, allo stesso tempo
con molteplici provvedimenti sulle loro risorse economiche e di cura,
producendo nuove povertà a lungo termine. Rilanciare il ruolo e le
funzioni del servizio pubblico, in una logica di dialogo con un III
settore e volontariato ricco e propositivo. Porre attenzione al “fascino”
delle privatizzazioni (privato è meglio), che di fatto ha
portato a nuova precarietà e provvisorietà e al dissolvimento
della Rete di servizi a sostegno della cittadinanza. Ridurre le diseguaglianze(
(economiche e sociali) promuovendo lo sviluppo inclusivo, sostenibile e
intelligente, il che significa con-vivere
in rete sociali che evolvono attraverso le differenze. Non
esiste l’inclusione totale capace di eliminare le differenze,
l’inclusione è un processo di aperture e sensibilità continue verso le
differenze, in una logica di transizioni co-evolutive individuali,
interpersonali e sociali proprie delle con-vivenze. Passaggio della tutela della salute delle persone detenute e dei migranti costretti nel Cie alle Aziende sanitarie di riferimento, rispettando il principio dell'universalità del trattamento. Istituzione della figura del Garante regionale delle persone private della libertà personale detenute nei medesimi luoghi, non solo quale presidio delle condizioni detentive, ma soprattutto per stimolare la promozione di percorsi di reinserimento sociale coinvolgendo le amministrazioni pubbliche, anche con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità in favore delle comunità locali.
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