In
seguito all’incontro del 21 gennaio 2013 tra i rappresentanti delle
associazioni di migranti e i capigruppo del Consiglio Comunale nella
sede comunale, le sottoscritte associazioni sottopongono alla loro
attenzione il presente documento con la speranza di uno sviluppo
positivo del dialogo intrapreso per la soluzione dei numerosi problemi
dei migranti di Pordenone.
1. Ambulatorio per
migranti irregolari
Ricordiamo, qualora ce ne fosse bisogno, che “
Il Sindaco esercita altresì le altre
funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da
specifiche disposizioni di legge”.
In particolare, in caso di emergenze
sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le
ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale
rappresentante della comunità locale. (Articolo 50 del T.U. n°
267 del 18 Agosto 2000).
Ricordiamo, ancora, qualora ce ne fosse bisogno, che tutte le
disposizioni in materia di accesso alla salute degli stranieri, anche
irregolari, sono rimaste immutate anche dopo l’entrata in vigore della
legge n. 94/2009 e che ai cittadini stranieri irregolarmente presenti
pertanto “
sono assicurate,nei presidi
pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o
comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio
e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della
salute individuale e collettiva”. Parimenti sono invariate le
disposizioni regolamentari contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394
che all’art. 43 chiaramente dispongono che “
ai cittadini stranieri non in regola con
le norme relative all’ingresso e al soggiorno sono comunque assicurate,
nei presidi sanitari pubblici e privati accreditati, le prestazioni
sanitarie previste dall’art. 35 comma 3 del testo unico (c.2).
La norma al comma 8 del citato articolo dispone senza possibile
ambiguità interpretativa che spetta alle regioni individuare “
le modalità più opportune per garantire
che le cure essenziali e continuative previste dall’art. 35 comma 3 del
T.U. possano essere erogate nell’ambito delle strutture della medicina
del territorio o nei presidi sanitari pubblici e privati accreditati,
strutturati in forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in
collaborazione con organismi di volontariato aventi esperienza specifica”
.
Come si può chiaramente concludere, la norma regolamentare dispone
pertanto espressamente che nelle programmazioni aziendali siano
individuate le modalità concrete per garantire ai cittadini stranieri
l’accesso alle cure previsto dalla norma e ciò in considerazione della
particolare condizione di tale fascia della popolazione, che richiede
dunque la presenza di personale medico e sanitario che abbia specifiche
competenze nella “medicina delle migrazioni”, nonché di mediatori
linguistici, anche nell’interesse dell’individuazione e cura di
patologie che, se non tempestivamente e accuratamente individuate,
possono essere fonte di pericolo non solo per i diretti interessati ma
anche per la collettività in generale.
A ciò si aggiungano le direttive del recente accordo Stato-
regioni, 20/12/2012,”Indicazioni per la corretta applicazione della
normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da
parte delle Regioni e Province autonome”.
E’ del tutto evidente che le citate norme legislative nazionali volte a
sollecitare da parte delle Regioni e delle Aziende Sanitarie locali
programmazioni aziendali e soluzioni gestionali specifiche per far
fronte ai bisogni sanitari essenziali degli stranieri irregolari
trovano la loro
ratio
innanzitutto nella necessità di
assicurare
nei fatti a tali persone prestazioni adeguate che rispondano ai criteri
di rispetto della dignità umana e conducano a più elevati standard
sanitari e di prevenzione sanitaria complessivi, così come di evitare
che l’assenza di qualsivoglia programmazione porti ad un uso improprio
ed un sovraccarico e ad un intasamento delle strutture di pronto
soccorso ospedaliero con conseguente perdita di efficienza dei servizi
medesimi e dunque danno per l’intera collettività.
La decisione di non stipulare la convenzione per l’ambulatorio da parte
dell’ASS 06 di Pordenone non ha alcun serio fondamento giuridico, ma è
dettata esclusivamente da motivazioni
politiche contrarie agli interessi generali della collettività e al
buon andamento e funzionamento dei servizi pubblici.
Si ricorda ancora, qualora fosse necessario che:
- nel territorio pordenonese risultano più di 200 migranti
irregolari, in seguito al respingimento della richiesta di sanatoria
del 2009; a questi bisogna aggiungere un numero tuttora imprecisato di
migranti diventati irregolari in questi anni a causa della perdita del
lavoro a causa della crisi economica, come risulta dagli operatori
sanitari che rilevano un numero di richieste di interventi da parte di
irregolari raddoppiato rispetto all’anno scorso (3-4 al mese l’anno
scorso);
- l’ambulatorio per migranti non in regola ha funzionato a costo
irrisorio, posto che gli operatori erano tutti volontari, e la sede non
comportava costi aggiuntivi.
Chiediamo pertanto che il Comune
eserciti le necessarie pressioni presso l’ASS 06 locale per la stipula
della convenzione per l’ambulatorio per irregolari, così che possa
tornare a funzionare come prima del 2009; in particolare, qualora
l’attuale presidente dell’ASS rifiutasse, chiediamo che il Sindaco
adotti la eventuale e necessaria ordinanza, come del resto era stato
prospettato in un incontro con il Sindaco medesimo avvenuto nel
2011.
2. Sedi e spazi
Attualmente esistono almeno 5 associazioni di migranti costituite a
Pordenone (Associazione Ivoriani, Associazione Burkinabé F.V.G.,
Associazione Nigeriani, Women of Substance, Associazione Mondo Tuareg)
che non riescono a svolgere in modo adeguato la loro opera poiché
mancano di una sede. Le associazioni possono svolgere una funzione
importante sotto diversi aspetti: informazione rivolta agli associati
sui temi fondamentali, in modo da evitare affollamenti presso altri
uffici, attività culturali, forme di interazione per favorire
l’interscambio con i locali. Tuttavia, la mancanza di una sede adatta
ne limita fortemente l’azione.
Chiediamo pertanto di procedere
all’individuazione di possibili soluzioni al problema in modo che le
associazioni suddette possano partecipare attivamente alla costruzione
di un tessuto civile in cui tutti possano avere spazio e possibilità di
espressione, nella prospettiva di una società di civile convivenza.
3. Welfare
Ricordiamo, qualora ce ne fosse bisogno, che con la
sentenza n. 2/2013 del 18 gennaio 2013,
la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di
numerose previsioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano 28
ottobre 2011, n. 12 sull’integrazione sociale degli stranieri,
accogliendo dunque il ricorso che era stato promosso dal Presidente del
Consiglio dei Ministri.
La
legislazione provinciale di Bolzano aveva previsto, per l’accesso dei
cittadini stranieri di Paesi terzi non membri dell’Unione europea alle
prestazioni sociali di natura economica erogate dalla Provincia
autonoma, un requisito aggiuntivo, non previsto per i cittadini
nazionali e UE, di un periodo minimo di cinque anni di ininterrotta
residenza e dimora stabile in provincia di Bolzano.
La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo tale requisito di
anzianità di residenza, in quanto in contrasto con i principi
costituzionali di eguaglianza (art. 3) e ragionevolezza. Secondo la
Corte, infatti, ogni distinzione di trattamento tra cittadino nazionale
e straniero regolarmente soggiornante nella fruizione di prestazioni
sociali, anche al di fuori di quelle essenziali, per essere legittima,
deve soddisfare un criterio di ragionevolezza, alla luce dei compiti e
delle finalità di inclusione sociale delle prestazioni
medesime. Ne consegue che l’ anzianità di residenza quale
criterio regolativo dell’accesso alla prestazione è illegittima in
quanto “«introduce nel tessuto normativo elementi di distinzione
arbitrari», non essendovi alcuna ragionevole correlazione tra la durata
della residenza e le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili
direttamente alla persona in quanto tale, che costituiscono il
presupposto di fruibilità delle provvidenze in questione”. Secondo la
Corte, appare illogico presumere che gli stranieri immigrati in
un territorio locale o regionale da meno di cinque anni versino in uno
stato di bisogno minore rispetto a quelli lungo residenti; anzi
adottando tale criterio di anzianità di residenza, finiscono con
ogni probabilità ad essere esclusi da interventi finalizzati all’
inclusione sociale in particolare coloro che astrattamente ne
avrebbero un maggiore bisogno. La Corte Costituzionale rigetta
l’argomento proposto dalla provincia autonoma di Bolzano secondo cui il
criterio di anzianità di residenza rispondeva ad esigenze
legittime di risparmio e di contenimento della spesa pubblica.
E’ del tutto evidente come la sentenza della Corte Costituzionale,
sebbene ovviamente limitata nei suoi effetti vincolanti alle norme
della legislazione provinciale di Bolzano,
palesa l’illegittimità costituzionale di
altre norme regionali che hanno introdotto analoghi parametri di
anzianità di residenza sul territorio nazionale e/o regionale ai fini
dell’accesso alle prestazioni di welfare. E’ questo il
caso del Friuli-Venezia Giulia ove la legge regionale
vigente 30 novembre 2011, n. 16 subordina l’accesso a
determinate prestazioni sociali e familiari aventi contenuto economico
ad un
requisito di residenza biennale
sul territorio regionale e, per i cittadini di Paesi terzi i quali non
siano titolari di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo
periodo, ad un aggiuntivo requisito di anzianità di soggiorno
quinquennale in Italia.
Si ricorda che solo effettuando coerentemente la disapplicazione della
norma regionale incompatibile, il Comune potrà evitare di esporsi al
rischio di eventuali ricorsi da parte di soggetti esclusi, nelle forme
dell’azione giudiziaria anti-discriminazione ex art. 44 del T.U.
immigrazione, che implica in caso di soccombenza, l’assoggettamento
dell’ente locale al pagamento delle spese legali, del risarcimento del
danno e delle sanzioni dissuasive accessorie, quale la pubblicazione
della sentenza su un quotidiano nazionale.
Conseguentemente, chiediamo che il
Comune di Pordenone emani tutti i nuovi bandi per l’accesso al welfare
senza contemplare la clausola discriminatoria dell’anzianità di
residenza o di attività lavorativa in Italia, affinché in tal modo si
attenga al pieno rispetto del principio di legalità e di
costituzionalità e del primato del diritto comunitario su quello
interno.
4. Cittadinanza
Prendiamo atto dei passi dell’amministrazione per snellire le pratiche
per la cittadinanza, ma il problema resta in gran parte irrisolto, per
cui molti migranti non potranno partecipare alle elezioni ormai
prossime.
Chiediamo ulteriori sforzi al
riguardo: una politica veramente progressista e aperta ai problemi dei
migranti, che ormai a Pordenone rappresentano più del 12 % della
popolazione, non può trincerarsi dietro argomentazioni che, anche se in
parte sembrano fondate (mancanza di risorse, limiti imposti dalle leggi
regionali), non possono costituire una ragione per limitarsi alla
semplice amministrazione dell’esistente. I migranti si aspettano prese
di posizione chiare e coraggiose e passi concreti per la soluzione dei
problemi.
Pordenone,
26/01/2013
Associazione Immigrati di Pordenone
Associazione Ivoriani
Ghana Nationals Association Pordenone
Branch
Associazione Burkinabé F.V.G.
Associazione Nigeriani
Women of Substance
Associazione Mondo Tuareg
A seguire il documento in pdf...