4 luglio 2013
Con una Sentenza che senza
esagerazioni si può definire come “storica” e che conferma pienamente i
drammatici dati riguardanti il lavoro delle persone con disabilità del
nostro Paese, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea stabilisce che
l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a garantire un
adeguamento inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro
e chiede di rimediare al più presto.
Dal sito
www.superanto.it
Sono più drammatici o paradossali i dati esposti durante un recente
incontro a Milano (
QUI l'articolo),
secondo i quali in alcuni Stati dell’Africa, come lo Zambia o il
Malawi, lavorano più persone con disabilità che non nel nostro Paese?
Sarà bene rammentare ai Lettori qualche cifra.
In Italia lavora solo il
16% (circa
300.000 individui) delle persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni,
contro il
49,9% del totale
della popolazione. Solo l’11%, poi, delle persone con limitazioni
funzionali che lavorano ha trovato occupazione attraverso un Centro
Pubblico per l’Impiego.
E ancora, le persone con limitazioni funzionali che sono inattive
rappresentano una quota quasi doppia rispetto a quella osservata
nell’intera popolazione (l’81,2% contro il 45,4%), mentre la
percentuale di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e che non
cerca di entrarvi (250.000 persone, per la quasi totalità donne) è
molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5%)
contro l’8,8% di chi ha limitazioni funzionali lievi.
«Che ci sia qualcosa che non funziona nelle politiche e nei servizi di
inclusione è evidente»: è questa la constatazione quasi eufemistica,
espressa in una nota della FISH (Federazione Italiana per il
Superamento dell’Handicap), che proprio oggi – nonostante si stiano
registrando in queste settimane alcuni timidi segnali in senso opposto,
quale il promesso rifinanziamento del Fondo previsto dalla Legge 68/99
(Norme per il diritto al lavoro dei disabili) – ha trovato una chiara e
clamorosa sanzione anche a livello internazionale, con la Sentenza
prodotta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha
sonoramente bocciato il nostro Paese, stabilendo che esso «non ha
adottato tutte le misure necessarie per garantire un adeguato
inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro e la invita
a porre rimedio a questa situazione al più presto».
A spiegare la sostanza di tale provvedimento – che avremo certamente
modo di approfondire ulteriormente in futuro – è ancora la FISH:
«L’Italia – si legge nel comunicato della Federazione – è venuta meno
agli obblighi derivanti dal diritto comunitario, a causa di un
recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto da quella
Direttiva varata alla fine del 2000 [Direttiva 2000/78 del Consiglio
dell’Unione Europea, N.d.R.] sulla parità di trattamento in materia di
occupazione e condizioni di lavoro. Una norma con la quale è stato
stabilito un quadro generale di riferimento anche per la lotta alla
discriminazione delle persone con disabilità. Dopo avere quindi
esaminato le varie misure adottate dall’Italia per l’inserimento
professionale dei disabili, la Corte Europea ha concluso che tali
soluzioni – anche se valutate nel loro complesso – non impongono a
tutti i datori di lavoro l’adozione di provvedimenti efficaci e
pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore
di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti delle condizioni
di lavoro e consentano loro di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di
avere una promozione o di ricevere una formazione».
Anche la conseguenza di tale Sentenza è presto detta: se il nostro
Paese non si adeguerà, la Commissione Europea potrebbe avviare una
nuova procedura di infrazione, che potrebbe portare a pesanti multe.
«La FISH – è il commento del presidente della Federazione Pietro
Barbieri – non può che accogliere con favore questa Sentenza di portata
storica: da anni, infatti, sosteniamo la carenza di politiche inclusive
e di servizi efficaci. I dati drammatici sull’occupazione delle persone
con disabilità già erano disarmanti e brutali. Ora, quindi, che si
stanno discutendo varie misure per il rilancio dell’occupazione, anche
l’attenzione alle persone con disabilità dev’essere prioritaria e
mutare radicalmente le politiche e i servizi per l’inclusione
lavorativa, per uscire dalla marginalità e per essere finalmente
protagonisti della propria esistenza. Attendiamo pertanto un segnale
dal Governo, qualche interrogazione parlamentare, ma soprattutto misure
concrete».