Svegliarsi
per Sognare
Il cuore del piccolo villaggio di Sezano (Verona-Valpantena) è un
monastero che da 11 secoli custodisce la preghiera e la testimonianza
di uomini che hanno consegnato la loro vita al Vangelo. Abitato
all’inizio da monaci Benedettini, divenne successivamente dipendenza di
monastero più grande della città. Non è mai stato quindi un'
abazia ma un semplice priorato dipendente, abitato da pochi monaci, per
lo più dediti alla vita dei campi con la gente del luogo. Oggi
qui vive una Comunità religiosa di Stimmatini.
Situato ai piedi della collina, ad est, si può contemplare il sole
salire e, a sud, posarsi sulla valle fino a che lo sguardo raggiunge la
città. Abitiamo nell’angolo della vallata. Non ci è consentito guardare
dall’alto in basso. Così, la geografia ci insegna che non siamo
migliori di altri, non al di sopra di altri. Non abbiamo una marcia in
più… nessun supplemento di saggezza che ci contraddistingua, nessun
guru da cui attendersi oracoli.
La consegna che la comunità religiosa ha ricevuto della sua
congregazione è molto semplice: promuovere e custodire un luogo di
silenzio, di preghiera, di relazioni vere, di ascolto e confronto con
la parola di Dio, di accoglienza per chiunque cerchi di dare senso alla
propria vita, un luogo di formazione alle responsabilità ecclesiali e
sociali.
In effetti le mura stesse custodiscono un ossimoro assai provocatorio
(in genere gli ossimori mantengono viva una paradossalità molto
feconda): l’edificio è sviluppato su una struttura di chiostro
aperto. Il chiostro è per l’appunto una struttura chiusa. Ma nel
monastero di Sezano il chiostro non è un recinto chiuso, a sud, il lato
che guarda la città è aperto. Che sia un caso?
Non è un caso che in questo angolo di mondo abbia trovato spazio
l’Università del Bene Comune del Gruppo di Lisbona, fondata dal prof.
Riccardo Petrella, che studia i problemi dell’impoverimento causato
dall’economia globalizzata, senza regole se non quella del “vinca il
più forte”. Non è un caso che abbia istituito qui, le sessioni della
Facoltà dell’Acqua per promuovere una cultura del diritto all’accesso
all’acqua fonte di vita per tutti contro la privatizzazione e la
riduzione a merce di questo bene comune inalienabile. Neppure è casuale
che la stessa abbia "istituzionalizzato" qui i percorsi della "Scuola
del Vivere Insieme", perché l'economia, che studia e promuove le
“regole della casa”, se non si pone al servizio del “vivere con gli
altri” viene asservita a chi “vive contro gli altri”.
Casuali non sono nemmeno le relazioni e gli appuntamenti con uomini e
donne di altre fedi che, proprio a partire dal bene e dai beni comuni,
hanno avuto luogo negli spazi del monastero. Dio unisce, non separa.
Sono nate cosi amicizie e collaborazioni. L’amicizia poi è diventata
aiuto fraterno quando i rappresentanti della Comunità Islamica hanno
chiesto agli amici di Sezano di sostenere i ragazzi della moschea nelle
ripetizioni di matematica, materie scientifiche, italiano, latino ecc.
In un territorio in cui la sottocultura leghista contamina menti e
cuori, esperienze del genere possono diventare vere luci sulla
città.
Sarebbe da chiedere alla gente che, verso le 11.00 della
domenica, varca il cancello del monastero di Sezano perché viene e cosa
vi trova. Da più parti, le persone giungono e, un po' alla volta
s'incamminano verso il luogo della preghiera. Un saluto, un sorriso di
benvenuto e poi il silenzio accompagnato da canti di preghiera, come
per raccogliere e accogliere nell'unico pane di vita le vicende di
tutta la settimana: ognuno arriva finalmente a casa! È qui che, facendo
memoria del Signore crocifisso e risorto, vengono ricordati gli eventi
della settimana che hanno segnato il cammino dell'umanità. Qualcuno
potrebbe rimanere disturbato dal fatto che l'eucaristia, anziché essere
introdotta dalla solenne processione tra nuvole d'incenso accompagnata
dalla corale, diventi invece grembo delle ferite e delle fatiche,
delle angosce e dei dolori, delle gioie e delle speranze attraversate
dalla gente del mondo. Non ha inizio la Cena del Signore senza che
venga fatta memoria degli eventi accaduti nel corso della settimana.
Fatti che riguardano il mondo del lavoro, la realtà della
politica, i drammi delle popolazioni oppresse, le tragedie
naturali, le speranze di riscatto e di liberazione ecc.
Parola, Corpo e Sangue illuminano poi le oscurità del vivere
quotidiano. Le tracce di morte che ci portiamo dentro cercano una
risposta di vita. E tuttavia, è pure vero che le vicende di ognuno e
dell'intero vivente ascoltate con semplicità e profonda consapevolezza,
a loro volta, illuminano la Parola e il Segno che l'accompagna, di una
sempre nuova energia, di una sempre nuova fiducia. Potremmo dire
che celebrare e pregare insieme costituiscono il centro di quanto
avviene in questo luogo. È ormai divenuta esperienza consolidata: più
frequentiamo la Parola, più ci muoviamo nella ricerca di Dio, sempre
più ci vengono rivelati racconti di umanità. Non importa poi che pochi
o molti si riconoscano nella comunità di fede, nella comunità della
mensa eucaristica. Possiamo in ogni caso affermare che, grazie a questa
comunità, tra chi si riconosce in un'appartenenza di fede e chi non,
avviene un qualche scambio di umanità. Racconti umani, volti umani,
trovano riconosciuto il diritto ad esserci e a coltivare sogni. La
mensa è laica. Non necessita di essere rivestita di ulteriori
significati rispetto a ciò che già è in se stessa: spazio dove si
alimenta la vita…Anche il Vangelo è laico, anche Gesù lo è, il Regno di
Dio è laico. Dio è laico: nessuna religione ne detiene il monopolio.
Non ci resta che sederci allo stesso tavolo, insieme. Tutti hanno il
diritto di prendere posto alla mensa della vita con pari dignità. La
spiritualità della mensa esige quindi l’impegno a lottare contro ciò
che impedisce l’accesso di tutti al diritto alla vita e ai beni della
vita che sono per tutti. Dialogo tra le fedi, istanze di
giustizia, lotta per i diritti, rispetto della dignità, accoglienza,
percorsi formativi per una cittadinanza dove la condivisione
e la gratuità dei beni comuni diventino esperienze
concrete, tutto appartiene alle molte narrazioni che risuonano tra l e
mura di questo antico monastero. Sarà per questo che la rivista –
Altreconomia - che s’interessa di economia, ma nella prospettiva
della giustizia sociale ed ambientale non della crescita del capitale,
venendo a conoscenza delle varie iniziative qui portate avanti,
ci ha battezzati con un nome che ci fa onore: Monastero del Bene
Comune. Crediamo che, in un tempo come il nostro fortemente
marcato dalla cultura individualista, in cui la stessa comunità
credente per attestarsi sul mantenimento dell'esistente sta vivendo un
calo di slancio evangelico, a questi luoghi sia consegnata la
vocazione del risveglio. “Senza risveglio – disse con molta
intelligenza Benigni – non si può sognare”. Viviamo in una società e in
una chiesa a cui sono stati scippati i sogni. Nel piccolo frammento
della nostra esperienza coltiviamo e operiamo per il sogno di una
comunità credente che sia sempre più riconoscibile come
casa del pane, perché conserva sempre un pezzo di pane e non
nega a nessuno il Pane della Vita..
chiesa della strada,
perché ama rimanere in compagnia degli ultimi della fila
ministra della
consolazione, perché ascolta, com-patisce e non giudica
pellegrina della
verità, perché preferisce porre domande che fornire risposte
casa della mitezza,
perché cerca di testimoniare la verità con la vita, senza imporla
con la forza o con le leggi
rifugio degli umili,
perché si trova a suo agio con i perdenti piuttosto che con i vincitori
casa del fuoco,
perché capace di alimentare la debole fiamma della speranza
tenda della
tenerezza, perché non ama vivere sotto i riflettori. Ama
la tenda e diserta il palazzo. Preferisce i percorsi polverosi della
terra alle piazze osannanti delle metropoli
con-vocazione del
popolo di Dio, perché così evangelicamente piccola da trovare
sempre un posto per l'ultimo arrivato.
No, la comunità e gli amici della famiglia di Sezano assieme a tutte le
persone che giungono in questo luogo, non s’identificano con una realtà
socialmente e culturalmente rilevante. Non siamo un “Centro Culturale”.
Siamo una piccola luce, una debole fiammella di stoppino posta in un
angolo della geografia di Dio. Tuttavia, in tempi come i nostri, quando
il buio persiste e l’aurora tarda a venire, i cuori possono trovare
orientamento anche nella debole luce di una fiammella.
p. Silvano Nicoletto, comunità Stimmatini di Sezano
Il sito della Comunità