Dalla
Siria il terrore dell'attacco americano
La lettera di 4 suore trappiste
L'appello a fermare
la guerra
Oggi non abbiamo parole, se non quelle dei salmi che la preghiera
liturgica ci mette sulle labbra in questi giorni: «Minaccia la belva
dei canneti, il branco dei tori con i vitelli dei popoli… o Dio
disperdi i popoli che amano la guerra…». «Il Signore dal cielo ha
guardato la terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per
liberare i condannati a morte»… «ascolta o Dio la voce del mio lamento,
dal terrore del nemico preserva la mia vita; proteggimi dalla congiura
degli empi, dal tumulto dei malvagi. Affilano la loro lingua come
spada, scagliano come frecce parole amare… Si ostinano nel fare il
male, si accordano per nascondere tranelli, dicono: “Chi li potrà
vedere? meditano iniquità, attuano le loro trame. Un baratro è l’uomo,
e il suo cuore un abisso”. Lodate il mio Dio con i timpani, cantate al
Signore con cembali, elevate a lui l’accordo del salmo e della lode,
esaltate e invocate il suo nome. POICHE’ IL SIGNORE E’ IL DIO CHE
STRONCA LE GUERRE. “Signore, grande sei tu e glorioso, mirabile nella
tua potenza e invincibile”».
Guardiamo la gente attorno a noi, i nostri operai che sono venuti a
lavorare tutti come sospesi, attoniti: «Hanno deciso di attaccarci».
Oggi siamo andate a Tartous… sentivamo la rabbia, l’impotenza,
l’incapacità di formulare un senso a tutto questo: la gente cerca di
lavorare, come può, di vivere normalmente. Vedi i contadini bagnare la
loro campagna, i genitori comprare i quaderni per le scuole che stanno
per iniziare, i bambini chiedere ignari un giocattolo o un gelato… vedi
i poveri, tanti, che cercano di raggranellare qualche soldo, le strade
piene dei rifugiati “interni” alla Siria, arrivati da tutte le parti
nell’unica zona rimasta ancora relativamente vivibile… guardi la
bellezza di queste colline, il sorriso della gente, lo sguardo buono di
un ragazzo che sta per partire per militare, e ci regala le due o tre
noccioline americane che ha in tasca, solo per “sentirsi insieme”… E
pensi che domani hanno deciso di bombardarci… Così. Perché “è ora di
fare qualcosa”, così si legge nelle dichiarazioni degli uomini
importanti, che domani berranno il loro thé guardando alla televisione
l’efficacia del loro intervento umanitario… Domani ci faranno respirare
i gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già abbiamo
respirato?
La gente qui è davanti alla televisione, con gli occhi e le orecchie
tesi: «Si attende solo una parola di Obama»!!!! Una parola di Obama??
Il premio Nobel per la pace farà cadere su di noi la sua sentenza di guerra? Aldilà di ogni
giustizia, di ogni buon senso, di ogni misericordia, di ogni umiltà, di
ogni saggezza?
Parla il Papa, parlano Patriarchi e vescovi, parlano innumerevoli
testimoni, parlano analisti e persone di esperienza, parlano persino
gli oppositori del regime… E tutti noi stiamo qui, aspettando una sola
parola del grande Obama? E se non fosse lui, sarebbe un altro, non è
questo il problema. Non si tratta di lui, non è lui “il grande”, ma il
Maligno che in questi tempi si sta dando veramente da fare.
Il problema è che è diventato troppo facile contrabbandare la
menzogna come nobiltà, gli interessi più spregiudicati come una ricerca
di giustizia, il bisogno di protagonismo e di potere come “la
responsabilità morale di non chiudere gli occhi”… E a dispetto di tutte
le nostre globalizzazioni e fonti di informazioni, sembra che nulla sia
verificabile, che un minimo di verità oggettiva non esista… Cioè, non
la si vuole far esistere; perché invece una verità c’è, e gli uomini
onesti potrebbero trovarla, cercandola davvero insieme, se non fosse
loro impedito da coloro che hanno altri interessi.
C’è qualcosa che non va, ed è qualcosa di grave… perché la
conseguenza è la vita di un popolo. È il sangue che riempie le nostre
strade, i nostri occhi, il nostro cuore.
Ma ormai, a cosa servono ancora le parole? Una nazione distrutta,
generazioni di giovani sterminate, bambini che crescono con le armi in
mano, donne rimaste sole, spesso oggetto di vari tipi di violenza…
distrutte le famiglie, le tradizioni, le case, gli edifici religiosi, i
monumenti che raccontano e conservano la storia e quindi le radici di
un popolo…
Domani, dunque (o domenica ? bontà loro…) altro sangue.
Noi, come cristiani, possiamo almeno offrirlo alla misericordia di
Dio, unirlo al sangue di Cristo che in tutti coloro che soffrono porta
a compimento la redenzione del mondo. Cercano di uccidere la speranza,
ma noi a questo dobbiamo resistere con tutte le nostre forze.
A chi ha un vero amore per la Siria (per l’uomo, per la verità…)
chiediamo tanta preghiera… tanta, accorata, coraggiosa…
le sorelle trappiste
da ‘Azeir – Syria, 29 agosto 13