Il
Governo italiano non invii armi nelle zone di conflitto
Comunicato stampa della Rete Italiana
per il Disarmo
14 agosto 2014
Iraq, Gaza, Libia: i conflitti e le
crisi umanitarie non si risolvono inviando armi ma costruendo soluzioni
vere.
La legge italiana vieta
l’esportazione di sistemi militari verso i Paesi in stato di conflitto
armato e ribadisce che eventuali diverse deliberazioni del Consiglio
dei Ministri sono da adottare solo dopo aver consultato le Camere.
“I conflitti e le crisi umanitarie
che da settimane stanno scuotendo diversi paesi del nord Africa e del
Medio Oriente (Striscia di Gaza, Libia, Iraq, Siria ecc.) non si
risolvono inviando armi, ma sospendendo le forniture di sistemi
militari a tutte le parti in conflitto e costruendo con impegno
soluzioni vere e condivise”. Lo afferma con una nota la
Rete Italiana per il Disarmo che,
anche in considerazione delle crescenti esportazioni dall’Italia di
armamenti nella zona mediorientale, ricorda al Governo come la
normativa nazionale ed europea vieti espressamente l’invio di sistemi
militari verso i Paesi in stato di conflitto armato.
Se è certamente positivo il richiamo espresso dal ministro degli
Esteri,
Federica Mogherini,
affinché l’Unione europea adotti una posizione comune sulle varie crisi
in atto in Medio Oriente e che la
Farnesina abbia
stanziato nei giorni scorsi 1 milione di euro alle
organizzazioni umanitarie dell’Onu per attività di prima assistenza
degli sfollati nel nord dell’Iraq, è invece quanto mai preoccupante che
la titolare della Farnesina abbia comunicato che
l’Italia sta valutando
“forme di sostegno dell’azione anche militare del governo del Kurdistan
iracheno”, non escluso l’invio di armi e di sistemi militari.
Rete Disarmo ricorda che la
normativa
italiana (la legge n.185 del 1990) vieta espressamente l’esportazione
di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di conflitto armato,
in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni
Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali
dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da
adottare previo parere delle Camere” (art. 1 c. 6). Proprio per
questo Rete Disarmo chiede al Governo di riferire al più presto in
Parlamento su questa materia anche in considerazione delle conclusioni
espresse ieri dal
Comitato Politico e
di Sicurezza dell’Unione europea (
qui in .pdf)
e del meeting straordinario del Consiglio degli Affari Esteri di
venerdì 15 agosto.
“E’ necessario un intervento dell’ONU molto più ampio, e di ognuno tra
Ong e istituzioni che abbia la possibilità di raggiungere queste
persone, prima di assistere all’ennesima catastrofe umanitaria, che
purtroppo non interessa soltanto l’area di Sinjar e il confine con la
Siria” ha sottolineato in una nota “Un Ponte per” l’organizzazione
membra di Rete Disarmo da anni impegnata per il supporto delle
popolazioni irachene.
L’urgenza di creare corridoi umanitari
per soccorre le popolazioni nel nord dell’Iraq, in particolare
cristiani e yazidi perseguitati dai combattenti dello Stato
Islamico (ISIS), non può giustificare un sostegno militare alle milizie
curde Peshmerga o raid aerei su aree popolate.
Come richiamato dagli
organismi dell’Onu, la “responsabilità di proteggere”
(Responsibility to protect) le popolazioni dal pericolo di massacri non
ricade solamente sul governo iracheno, ma sull’intera comunità
internazionale. L’Unione europea non può continuare a delegare questa
responsabilità ad altri, ma deve cominciare lavorare seriamente per
predisporre unità di pronto intervento e di interposizione
razionalizzando l’impiego delle proprie forze armate nazionali.
“Se 28 eserciti nazionali non sono in grado di fornire unità di pronto
intervento per proteggere delle popolazioni inermi che rischiano di
essere sterminate c’è da chiedersi quale ne sia l’utilità:
delegare l’intervento militare a milizie
composte da gruppi che, per quanto integrati in eserciti regolari
perseguono anche proprie finalità politiche, può essere rischioso e
controproducente” sottolinea
Francesco
Vignarca coordinatore di Rete Disarmo.
Rete Disarmo rinnova inoltre la
richiesta al governo italiano di
sospendere l’invio di tutti i sistemi
militari ad Israele. Durante la riunione straordinaria dello
scorso 23 luglio, il Consiglio per i diritti umani dell’Onu si è
espresso a favore di
un’indagine su
possibili violazioni del diritto umanitario nel conflitto nella
Striscia di Gaza: fino a quando non si avranno i risultati
dell’indagine l’Italia deve astenersi dal fornire sistemi militari a
Israele e sospendere le esercitazioni militari congiunte previste in
Sardegna per il prossimo autunno.
In proposito va segnalato che la
Spagna ha già deciso
di sospendere in via cautelare l’invio di armi e il Regno Unito, dopo
aver reso nota una
revisione delle
proprie esportazioni militari per le forze armate israeliane,
ha
dichiarato un
possibile blocco di una dozzina di licenze di esportazione
di materiali militari impiegati da Israele nel conflitto a Gaza.
L’Italia, invece, che è
il maggior fornitore
nell’Ue di sistemi militari a Israele, non solo non ha
annunciato alcuna restrizione, ma il Ministero degli Esteri ha eluso la
questione
dichiarando in
Parlamento che “l’Italia non fornisce ad Israele sistemi
d’arma di natura offensiva”.
“Tutta la materia delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi
militari necessita invece di un approfondito controllo parlamentare che
manca ormai da oltre un lustro” – sostiene
Giorgio Beretta, analista
dell’Osservatori OPAL di Brescia.“Nel frattempo la normativa nazionale
è stata ampiamente modificata e la relazione che Presidenza del
Consiglio invia annualmente alle Camere ha subito pesanti modifiche. Ma
soprattutto le forniture di sistemi militari italiani sono sempre più
indirizzate verso le
zone di forte
tensione del Medio Oriente e del nord Africa. E’ perciò
quanto mai necessario e urgente che le competenti commissioni del
parlamento riprendano il controllo dell’attività del Governo in questa
materia che riguarda direttamente la politica estera e di difesa del
nostro paese”.
“Mentre da alcune parti anche del mondo cattolico si auspicano maggiori
forniture di armi nella regione ci chiediamo come si possa pensare di
portare pace inviando armi - dice don Renato Sacco, coordinatore
nazionale di Pax Christi - Credo che chi sostiene l’invio di armi sia
più interessato ai ritorni commerciali che non alle vittime del
conflitto. In un’audizione alla Camera dei Deputati a Roma, il 19
gennaio 2011, il Vescovo ausiliare di Baghdad aveva lanciato un appello
già allora con toni disperati, con una richiesta specifica: non inviate
armi. Sono passati diversi anni, non vogliamo che quell’appello
continui ad essere inascoltato”.
Per contatti stampa
Rete Italiana per il Disarmo: segreteria@disarmo.org – 328/3399267