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APRILE: TRE UOMINI E PRETI
La riflessione di Pierluigi Di Piazza
In occasione del 25 aprile 2015
Il Centro Balducci ha proposto di vivere il prossimo 25 aprile a
Barbiana per ascoltare con la profondità del cuore e della coscienza la
profezia di don Lorenzo Milani, per nutrire la spiritualità
dell’incarnazione nella storia. All’esperienza parteciperanno 106
persone.
Don Lorenzo è morto il 26 giugno del 1967, 48 anni fa. La sua storia
di uomo e di prete è esemplare; numerosi i gruppi, non le folle che si
recano a Barbiana che non è un “santuario” comunemente inteso, ma lo
diventa per chi desidera vivere la memoria, riflettere, riproporre il
suo insegnamento nell’attualità della storia nei cambiamenti sociali e
culturali in atto. Nelle ultime ore della sua vita a uno dei suoi
ragazzi ha comunicato in una frase la sintesi della sua vita: “In
questa stanza sta avvenendo qualcosa di straordinario, “un miracolo”:
un ricco passa attraverso la cruna di un ago”. Il ricco era lui, di
famiglia borghese, avviato agli studi anche di pittura e poi deciso a
diventare prete con una scelta radicale e totale. Da subito convinto
che l’essere prete significa favorire la formazione delle coscienze, ha
avviato una scuola popolare a San Donato di Calenzano perché gli operai
apprendessero la parola per potersi esprimere. Fu mandato nella
sperduta parrocchia di S. Andrea di Barbiana che stava per essere
soppressa, ha attuato la sua profezia di prete e di maestro vivendo la
straordinaria esperienza della scuola di Barbiana che da luogo di
emarginazione è divenuto riferimento luminoso: formazione delle
coscienze, apprendimento delle lingue, assunzione di
responsabilità nella libertà: l’obbedienza non è più una virtù quando è
conformismo e complicità con il male: ciascuno è responsabile di tutto.
La giustizia, la condivisione con le storie dei deboli, l’obiezione di
coscienza e la costruzione della pace, la parola appresa e
comunicata, tutto originato dalla fede come coinvolgimento totale della
vita. Alcuni dei suoi alunni di allora ne testimoniano la memoria viva;
la casa canonica, luogo di quell’esperienza e tutto l’ambiente sono
preservati per ribadire che non ci può essere nessun utilizzo né
strumentalizzazione, perché continua a parlare con la sua forza,
a cominciare da quel cartello sulla parete leggibile oggi come allora
“I care”, mi sta a cuore, mi interessa, sono coinvolto anch’io; “il
contrario del motto fascista: me ne frego”.
Il 23 aprile ricorre l’8° anniversario della morte di pre Toni
Bellina che ha sentito nella vita don Milani come riferimento speciale.
Pre Toni ha vissuto il suo essere uomo e prete con fede, libertà,
sofferenza, dedizione. Si è assunto lo straordinario impegno della
traduzione della Bibbia in lingua friulana per rimarcare la storia e
l’identità del popolo e la comunicazione nella sua lingua anche della
fede e della liturgia.
Ha vissuto in profondità, con una sensibilità umana spiccata; ha
scritto molto su diverse questioni: la fede, il popolo, il potere, la
giustizia, la pace, la malattia e la sofferenza; la Chiesa, la
formazione e il compito del prete. Coraggioso, libero, sferzante. Ha
detto che la qualità più necessaria per un prete è quella di essere
umano. La sua memoria dovrebbe essere vissuta con partecipazione nella
Chiesa friulana e in Friuli.
Il 25 aprile del 1992, 23 anni fa, è morto a seguito di incidente
stradale padre Ernesto Balducci a cui il 28 settembre di quello stesso
anno abbiamo dedicato il Centro di accoglienza e di promozione
culturale di Zugliano.
Figlio di una famiglia di minatori di Santa Fiora alle pendici
dell’Amiata è stato profeta di una fede autentica, dell’impegno per la
giustizia e la pace; condannato dal Tribunale di Firenze nell’aprile
del 1963 a 8 mesi con la condizione per aver difeso il primo obiettore
di coscienza cattolico Giuseppe Gozzini.
Vissuto nel “campo magnetico”, come lui dice, dell’esperienza
culturale, politica ed ecclesiale della Firenze del tempo del sindaco
Giorgio La Pira di cui è stato amico speciale, ha vissuto la “svolta
antropologica” che da prete funzionario del sacro l’ha portato a
vivere sulla frontiera delle coscienze, riconoscendo il suo compito
nell’annuncio della Parola e nell’impegno culturale che lo ha
contraddistinto: ha scritto molto, ha comunicato in continuità riguardo
alla fede e alle religioni, alla Chiesa come comunità di fede, alla
giustizia e alla pace, all’incontro con l’altro, all’uomo planetario.
Le sue intuizioni, elaborazioni e prospettive sono più che mai
attuali in questa situazione della storia.
Nel 1944 si trovava nel paese natale quando portarono le bare di 25
giovani minatori uccisi dai nazisti perché difendevano le miniere. Ha
detto di essersi sentito un traditore nei loro confronti a motivo della
strada da lui percorsa che lo riparava dai drammi della storia e dalle
radicali scelte richieste. E poi continua con profondità, chiamando per
nome i suoi compagni di scuola, anche di classe, uccisi per “la loro
fedeltà al vero”. E si chiede cosa facciamo noi oggi rispetto a quella
resistenza, se lasciamo che “i nazisti dell’anno 2000 vadano
disseminando di ordigni di morte tutto il pianeta. Questo si che è un
tradimento”. Vivere il 25 aprile a Barbiana, in compagnia di don
Lorenzo Milani, di pre Toni Bellina, di padre Ernesto Balducci
significa riferirsi al Vangelo e alla Costituzione e impegnarsi oggi
per la giustizia, la libertà, la pace, la democrazia, l’accoglienza, la
vera solidarietà. Per non tradire né il Vangelo, né la Resistenza, né
la Costituzione.
Pierluigi Di Piazza
In allegato il testo in pdf