Riflessioni sul messaggio di
pace di Papa Francesco
di Pierluigi Di Piazza
“Marcia per la pace” da Zuglio alla Pieve di S. Pietro in Carnia
31 dicembre 2015 - 1 gennaio 2016
La riflessione di
Pierluigi Di Piazza in pdf
Per la celebrazione della 49^ Giornata Mondiale della pace, il 1
gennaio 2016, papa Francesco ha inviato un messaggio che dovrebbe
indurre noi tutti a riflessione e a conversione, cioè al cambio
progressivo di atteggiamenti, decisioni e azioni per contribuire alla
costruzione di un mondo di giustizia e di pace: “Vinci l’indifferenza e
conquista la pace”.
L’invito di papa Francesco si rivolge a una umanità che sta
sperimentando quella che lui stesso ha definito una “terza guerra
mondiale a pezzi”.
Tante le guerre in atto sulla faccia del Pianeta; ingenti e sofisticate
le quantità di armi sulla cui produzione e commercio pochi si fanno
ricchi di una ricchezza sporca del sangue di tanti, vittime innocenti a
cominciare dai bambini, migliaia di loro costretti anche a diventare
soldati, a combattere nelle guerre.
Tanti gli atti dei diversi terrorismi con la pretesa assurda da parte
di alcuni di giustificarli con il riferimento a Dio; tante le
violazioni dei diritti umani fondamentali, le violenze e gli abusi,
ancora una volta soprattutto sui bambini e sulle donne; tante le
persecuzioni per motivi etnici e religiosi e le prevaricazioni.
Troppe, impressionanti le forme di ingiustizia, di fame, di sete, di
mancanza di terra, di casa, di lavoro e di salute, cause di migliaia di
morti ogni anno; di corruzione e di evasione, di ingenti guadagni da
parte delle organizzazioni criminali con il silenzio e la complicità di
tanta gente che vive e si comporta con l’assuefazione troppo facile al
male e con i disinvolti compromessi che incrinano la fedeltà e la
coerenza.
Troppe le indifferenze, senza numero i rifiuti dell’altro anche del più
vicino e poi di chi si presenta con diversità accentuate per
sensibilità, modo di vivere, percorsi difficili e tribolati
dell’esistenza, pensiamo ai carcerati.
Tante persone fanno fatica e rischiano di diventare marginali e di
essere scartate, conseguenza di quella cultura dello scarto che così
spesso denuncia papa Francesco; per cui si scartano le persone, le
relazioni, le esperienze positive, il cibo, gli utensili, proprio
tutto…. .
Troppa l’indifferenza, il rifiuto fino all’avversione nei confronti dei
profughi e richiedenti asilo anche in Friuli, anche nella nostra
Carnia, come se la memoria storica dell’emigrazione poco o nulla
insegnasse, come se la memoria della diffusa e intensa solidarietà del
dopo terremoto, di cui nel 2016 si celebrerà il 40^ anniversario, non
parlasse ai Friulani di oggi. Incredibile e inaccettabile come in tutto
questo anno 2015 centinaia di persone siano state costrette a dormire
all’addiaccio e la situazione continua e grande, ammirevole è stata
l’opera dei volontari.
E poi tutti con superficialità, supponenza, rendite di posizione ci
dichiariamo cristiani, di fatto smentendo con l’incoerenza della vita
le dichiarazioni a parole. “Ero forestiero e mi avete accolto; quando
lo avete fatto avete accolto me e quando non l’avete fatto avete
rifiutato me”: queste parole dovrebbero sempre risuonare in noi.
C’è ancora tanta indifferenza nei confronti della Madre Terra e di
tutti gli esseri viventi per coprire l’atteggiamento di padronanza, di
dominio, di usurpazione, di inquinamento di cui si constatano disastri
terribili, tanto che il grido dei poveri e il grido della Terra
diventano un unico grido.
Ci sono ancora troppa superficialità e trascuratezza riguardo alle
dimensioni fondamentali dell’essere umano con l’esaltazione del
possedere, del successo, del prestigio, del potere…trascurando così la
cura dell’anima, la sensibilità del cuore, la profondità della
coscienza, la cultura, l’arte, la poesia, la musica, la preghiera, la
contemplazione.
Tutte queste dimensioni positive così necessarie sono purtroppo carenti
ma è la loro presenza nella storia che concorre alla costruzione della
pace.
Papa Francesco aveva affrontato questa questione così decisiva
dell’indifferenza quando nel luglio 2013 con una scelta emblematica si
era recato in visita a Lampedusa, con un atteggiamento penitenziale e
addolorato rispetto alle tante vittime e con l’appello a non lasciarsi
irretire dalla globalizzazione dell’indifferenza, da quegli
atteggiamenti che inducono a voltarsi dall’altra parte quando invece ci
si dovrebbe fermare e chinare sulle persone che esprimono con grida,
gemiti e anche silenzio i loro dolori e le loro esigenze.
In questo modo aveva indicato Lampedusa come paradigma del giudizio e
della distanza fra l’indifferenza e il prendersi a cuore.
La questione della pace non è una fra le altre, ma è quella decisiva
per ciascuna, dirimente la qualità di tutte. Che senso ha infatti
parlare di cultura se non contribuisce alla pace?
E di etica se non è motivata dalla pace e ad essa finalizzata? E
l’economia se non è verificata dalla giustizia e dal contributo
concreto a condizioni di pace, non si trasforma forse, come è
drammaticamente evidente, in privilegio, evasione, corruzione,
fabbricazione e vendita delle armi che arricchiscono pochi e uccidono
la vita di tanti? E qual è la qualità della politica se a livello
locale e internazionale non pone sempre al primo punto della sua agenda
la diffusione di una cultura di pace e la sua pratica cercata
attraverso l’incontro, il dialogo, il confronto, la trattativa,
allontanandosi definitivamente dalla mortale convinzione che siano le
armi, i bombardamenti, le guerre la soluzione dei conflitti fra
comunità e popoli? Ormai da tempo si dovrebbe con decisione operare per
la riforma dell’ONU perché diventi veramente decisiva sul piano
internazionale, anche riguardo a forme intelligenti di presenza e di
interposizione nei conflitti, riducendo al minimo l’uso della forza,
come è previsto nei principi ispiratori delle Nazioni Unite.
E come si dovrebbero giudicare le religioni se ciascuna e tutte insieme
non si impegnano in modo deciso e continuo a diffondere sensibilità,
vissuti, pratiche di non violenza attiva e di costruzione della pace,
liberandosi da fondamentalismi e integralismi che possono contagiarle?
Papa Francesco indaga sull’atteggiamento dell’indifferenza ponendo in
relazione quella verso Dio e quella verso i fratelli; purtroppo si
chiudono il cuore e gli occhi per evitare preventivamente di essere
interpellati e poi coinvolti; queste posizioni si diffondono e si
ramificano, diventano globali e provocano inerzia e disimpegno diffusi
per cui permangono gravi ingiustizie e squilibri sociali, insicurezze e
condizioni per reazioni violente.
L’indifferenza diffusa contagia le istituzioni e la politica e si
trasforma in progetti di mantenimento del potere e delle ricchezze,
anche se in questo modo si continuano a calpestare i diritti
fondamentali di persone, comunità e popoli, aggravando ulteriormente la
loro condizione.
L’indifferenza nei confronti delle persone si manifesta ugualmente nei
confronti delle Madre Terra e di tutti gli esseri viventi e si
trasforma in deforestazione, inquinamento, catastrofi naturali.
A seguire è molto forte e vibrante l’appello di papa Francesco alla
conversione del cuore, a partire proprio dal Dio della misericordia che
si interessa, cioè prende a cuore e si prende cura della condizione e
delle sorti dell’uomo: osserva, ascolta, partecipa, perdona, libera; in
Gesù di Nazaret si rivelano pienamente queste attenzioni; perché vive
continuamente la compassione verso tutte le persone, con attenzione a
quelle più fragili, deboli, esposte, ammalate, marginali.
Una Chiesa è credibile se segue queste scelte; chi decide di seguire
Gesù è verificato dalla sua disponibilità ai fratelli.
In realtà tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà dovrebbero
sentirsi chiamati a assumere l’amore, la compassione, la misericordia,
la solidarietà come programma di vita per restare umani e diventarlo
maggiormente contribuendo così alla giustizia, alla verità e alla pace.
Ci si chiede da chi dipende la nostra maggior o minor disponibilità a
vivere queste dimensioni così fondamentali. Tra le risposte emerge il
riferimento sempre urgente e necessario al processo educativo e ai
soggetti che dovrebbero contribuirvi.
Papa Francesco nella sua lettera indica: le famiglie, gli educatori e i
formatori e come contenuti fondamentali la libertà, il rispetto
reciproco, la solidarietà: anche gli operatori culturali e i mezzi di
informazione svolgono un compito di particolare rilievo se scelgono di
porsi al servizio della verità e non di interessi particolari: i mezzi
di informazione infatti non solo informano, ma anche formano.
Papa Francesco afferma che la pace è frutto della cultura della
misericordia e della solidarietà e poi si sofferma sui segni positivi
presenti sul Pianeta.
Nello stesso tempo evidenzia le gravi carenze riguardo, ad esempio,
alle questioni dei migranti e dei carcerati; della moltitudine di
persone senza terra, tetto, lavoro, istruzione, salute.
Esorta a nutrire integrità spirituale e morale, ammonisce a non
trascinare altri popoli in conflitti e guerre, alla cancellazione o
alla possibilità di una gestione sostenibile del debito internazionale
dei Paesi più poveri sospinge a politiche di cooperazione rispettose
dei valori delle popolazioni.
Esprime fiducia nelle possibilità di bene dell’uomo. Così ci dice: “Non
perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e
fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia
e operare per la pace. Sì, la pace è dono di Dio e opera degli uomini.
La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le
donne che sono chiamati a realizzarlo”.
L’anno giubilare della Misericordia può essere un tempo favorevole che
in realtà deve diventare permanente di educazione e maturazione per
diventare compassionevoli, capaci di annunciare e testimoniare la
misericordia, di perdonare e donare, di condividere le condizioni di
vita nelle più disparate periferie esistenziali; per non cadere
nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza
l’animo e impedisce di scoprire e di aderire alla verità, nel cinismo
che distrugge. Tante donne, tanti uomini, tante comunità ci sono state
e ci sono maestri nel vincere l’indifferenza e conquistare la pace,
fino a donare tutto se stessi, fino al martirio. Fra questi maestri ne
ricordiamo uno, don Lorenzo Milani, nella cui piccola scuola di
montagna a Barbiana aveva scritto con i suoi ragazzi un cartello appeso
alla parete: “I care”, mi sta a cuore, mi interessa, prendo parte
anch’io, mi coinvolgo”. Un principio pedagogico permanente di vita, il
contrario del dire: “non mi importa, non mi interessa, si arrangino, me
ne frego”. Ci stiano a cuore tutto e tutti: Dio, il Dio di Gesù, i
fratelli e le sorelle, uomini e donne di tutto il Pianeta, la Madre
Terra, tutti i fratelli e le sorelle del Creato.
Vinciamo l’indifferenza.
Restiamo sempre umani, diventiamo più umani. Pierluigi Di Piazza
La riflessione di
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