Care amiche e cari amici il saluto
più cordiale e amichevole a tutte voi, a tutti voi.
Ci sentiamo sollecitati, anche
quest’anno, in prossimità del Natale, a condividere con voi esperienze,
riflessioni, dubbi, preoccupazioni, interrogativi e l’esistenza di una
possibile speranza.
Siamo preoccupati come tanti di voi,
per la situazione del mondo attuale, considerando insieme le nostre
comunità locali e quella planetaria, nell’interdipendenza sempre più
evidente e quotidiana della famiglia umana.
Lo siamo anche come uomini e preti
per lo scarto evidente tra il segno straordinario della presenza, delle
parole e dei gesti di papa Francesco e la scarsa ricaduta nelle Diocesi
e nelle parrocchie in diverse delle quali si procede come se il Vescovo
di Roma non ci fosse.
I MOTIVI DI PREOCCUPAZIONE
La condivisione delle preoccupazioni di tante persone che incontriamo
in situazioni di povertà, di tribolazione, di abbandono si congiunge
con le cause strutturali dell’impoverimento, della fame, delle
oppressioni, della violazione dei diritti umani, delle guerre, della
distruzione della Madre Terra e di tante espressioni della vita; dei
diffusi atteggiamenti di pregiudizio, discriminazione e razzismo nei
confronti dei diversi, in modo particolare degli immigrati.
Avvertiamo la distanza abissale fra la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, di cui il prossimo 2018
si celebrerà il 70° anniversario, la nostra Costituzione, i principi
ispiratori delle religioni, in particolare per quanto ci riguarda il
Vangelo di Gesù di Nazaret e le diffuse e persistenti situazioni
drammatiche che permangono su scala planetaria e che riguardano la vita
di centinaia di milioni di persone. Le tante iniziative ed
esperienze positive, per altro indispensabili e ammirevoli, pare non
favoriscano processi di cambiamento strutturale di fronte alla forza
straripante delle multinazionali, delle concentrazioni finanziarie,
dell’esaltazione in varie forme del capitalismo, che per perseguire il
suo fine perverso opprime, impoverisce, distrugge. Appunto ci preoccupa
la mancanza di cambiamenti significativi che può indurre
pericolosamente a fatalismo, rassegnazione e chiusura in ambiti
individualistici.
Siamo preoccupati della situazione
attuale della politica, della crisi profonda di progetti, di contenuti,
di rappresentanza, di metodo, sia a livello regionale sia nazionale,
europeo e mondiale. La passione per il bene comune, la
dedizione, la competenza nell’affrontare le questioni, la
sperimentazione “dell’arte di uscire insieme dai problemi”, come don
Milani e i suoi alunni hanno definito la politica, troppe volte sono
assenti, per il prevalere di incompetenza, approssimazione, affidamento
alla forza delle immagini e degli slogan gridati, che sostituiscono
analisi, riflessioni e proposte serie. La dimensione gravemente
mancante è soprattutto quella che dovrebbe sempre caratterizzare la
politica, che è indispensabile per il governo della
polis ai diversi livelli: il
rapporto stretto, continuo, di ascolto e di partecipazione con i
cittadini.
Si potrebbe dire: meno riunioni nelle
stanze riservate della politica e molti più incontri con le persone dei
paesi, dei quartieri, delle città per percepire in diretta le
situazioni, le storie delle persone, i bisogni, le attese, le speranze.
CAMMINIAMO CON PAPA FRANCESCO
Abbiamo interamente dedicato a lui la lettera del Natale del 2013.
La sua presenza come Vescovo di Roma e Papa
ci ha fin dall’inizio incoraggiato e sostenuto; abbiamo percepito, in
linea con papa Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II, la Chiesa in
cui crediamo e per cui ci impegniamo: in mezzo alla gente, povera e dei
poveri, al servizio umile e disinteressato dell’umanità, liberandosi da
ogni volontà di dominio e di prestigio, di alleanze con i poteri di
questo mondo.
Papa Francesco esprime con le parole quello che vive e il suo stile di
vita rende credibili i suoi messaggi.
Parole e gesti si intrecciano, si richiamano gli uni negli altri. La
sua proposta non è ristretta nell’ambito di una Chiesa
autoreferenziale, bensì percepita da tutta l’umanità. La fede nel Dio
di Gesù e il riferimento continuo al suo Vangelo, l’attenzione ai
poveri, ai migranti; la denuncia della follia di ogni guerra, dei
produttori e dei commercianti di armi, le chiare prese di posizione
contro la corruzione e le organizzazioni criminali delle mafie,
l’attenzione agli operai, la condivisione esplicita delle lotte dei
movimenti popolari mondiali, l’Enciclica
Laudato si’
sulla custodia e la cura della casa comune sono alcune indicazioni del
suo insegnamento.
A proposito della
Laudato
si’, esprimiamo la nostra delusione per come, dopo poco tempo,
nella Chiesa, salvo rare eccezioni, non abbia più alcuna attenzione.
Noi pensavamo che per le Diocesi diventasse un testo di riflessione e
di riferimento per un tempo significativo e nei seminari di studio e
approfondimento per coloro che si preparano a diventare preti. Abbiamo
registrato un totale disinteresse anche nel mondo politico: data la sua
articolazione e ampiezza il testo avrebbe, a nostro avviso, costituito
un’interessante riflessione su una questione decisiva
della nostra vita e di quella delle generazione future.
Ci interroghiamo sul perché papa Francesco sia amato e sostenuto nella
Chiesa e da tante persone che non si riferiscono ad essa e sia invece
osteggiato e criticato da tante persone della Chiesa, anche preti,
vescovi, cardinali, dai potentati finanziari e dai gruppi di potere
mondiali e da chi prende da lui le distanze per la sua continua
insistenza sull’attenzione ai poveri, ai deboli, ai migranti, per uno
stile di vita sobrio ed essenziale.
Papa Francesco cerca di
liberare la
Chiesa dal potere dottrinale: la dottrina è certo importante ma
sempre in relazione con le storie delle persone. Gesù di Nazaret non ha
annunciato una dottrina, bensì ha proposto un nuovo modo di essere con
se stessi, con gli altri, con Dio, con il denaro e con tutte le realtà
del mondo. Chi identifica la fede con la dottrina ritiene che il papa
sia in essa incerto, con riferimento alle indicazioni etiche, in
particolar modo a quelle riferite ai rapporti di amore e alla
sessualità.
Papa Francesco cerca di
liberare la
Chiesa dal potere centralizzato, a cominciare da quello
inquietante della curia romana, con riferimento a tutte le
concentrazioni di potere piccole o grandi nelle Diocesi e nelle
parrocchie, per riproporre la Chiesa popolo di Dio in cammino nella
storia, sinodale in cui il dialogo, il confronto, le decisioni sono
comuni, non del vescovo o del prete e di alcuni collaboratori scelti a
propria immagine e somiglianza. Non una Chiesa gerarchica, bensì di
comunione, dove l’autorità svolge il suo compito che si caratterizza
per un servizio umile e disinteressato alla comunità.
Papa Francesco cerca di
liberare le
Chiesa dall’intreccio fra potere economico e politico. Le
concentrazioni finanziarie delle IOR con i poteri occulti coinvolti,
gravissimo scandalo per la Chiesa, rimesse in discussione certo con
fatica e con tempi lunghi; la prospettiva riguarda le Diocesi e le
parrocchie e chiede un rapporto trasparente con il denaro finalizzato
alla vita delle comunità e a un’autentica, non occasionale, solidarietà
con i poveri. Lo stesso orientamento riguarda anche uno stile di vita
semplice, sobrio, essenziale; abitazioni dignitose, ma non lussuose e
ricercate; auto utilitarie, frequentazioni di persone semplici.
Per quanto riguarda il potere politico, la presenza di papa Francesco
ha liberato con evidenza la Chiesa italiana dall’abbraccio compiacente
con il potere; le stagioni del progetto politico della Chiesa in Italia
hanno supportato rappresentanti e scelte politiche lontani dal Vangelo,
ricevendone appoggio e sostegno economico. Il terreno dei cosiddetti
“valori non negoziabili” è diventato di reciproche e strumentali
compiacenze.
La Chiesa è chiamata sempre a schierarsi, a prendere la parte dei
poveri e dei deboli, senza identificarsi con una forza politica,
perché, nell’incarnazione della storia, dovrebbe sempre esprimere
quell’ulteriorità che porta a scorgere i poveri, i fragili, i deboli,
dei quali anche un programma di schieramento rischia di non porli come
priorità, se non addirittura di dimenticarsene. Perché, come ci ricorda
il Papa, “la Chiesa è davvero viva se, formando un solo essere vivente
con Cristo, è portatrice di vita, è materna, è missionaria, esce
incontro al prossimo, sollecita
a servire senza seguire poteri mondani che la rendono sterile”.
Nella lunga campagna elettorale già iniziata per le elezioni regionali
e politiche nella primavera del 2018, anche se non in modo evidente,
espressioni della Chiesa saranno cercate. Sarà sempre importante non
lasciarsi catturare da nessuno per poter vivere con libertà e coraggio
la profezia della denuncia e della proposta dei diritti umani uguali
per tutti o non più tali, per ogni situazione che offende la dignità
delle persone; con una attenzione particolare a un fenomeno già
perdurante: quello di utilizzare la religione strumentalmente per
finalità di consenso, per acquisire voti.
Papa Francesco cerca di
liberare la
Chiesa dal potere liturgico, cioè da una liturgia
autoreferenziale, che pretende la solennità esteriore. Celebra in modo
semplice, con paramenti semplici, con il commento diretto e
comprensibile del Vangelo. Ci pare importante ricordare la sua scelta
molto significativa di celebrare ogni mattina l’Eucarestia a Santa
Marta, con la comunità che si raccoglie, non nella cappella privata
come i suoi predecessori, di aprire il Vangelo e commentarlo. Si può
dire che questa modalità di essere non riguarda le singole giornate, ma
l’intero progetto di Chiesa: Vangelo e vita, vita e Vangelo. La
semplificazione nel senso positivo di avvicinarsi alle dimensioni più
importanti, a quelle del mistero è criticata da coloro che, funzionari
della religione, attendono il palcoscenico per l’esibizione.
Papa Francesco non ha certo bisogno della nostra difesa; noi ancora una
volta vogliamo pubblicamente dichiarare che camminiamo con lui per
riformare la Chiesa. Fra le altre scorgiamo la motivazione
fondamentale: lui ha parlato nuovamente al mondo di Dio, del Dio di
Gesù che è misericordia, che è attento, si prende a cuore e si prende
cura di tutte le persone qualsiasi siano le loro situazioni e
condizioni. E’ questo il fondamento della “rivoluzione”, proprio perché
la vera, grande questione riguarda Dio, la sua immagine, la sua
percezione! Quale Dio dunque, dato che così facilmente oltre a poter
essere insignificante è così spesso strumentalizzato per legittimare
capitalismo, violenze, armi, guerre, razzismo, distruzione
dell’ambiente?
Gesù di Nazaret ci libera da ogni
possibile strumentalizzazione di Dio: il Vangelo delle Beatitudini e
l’invito perentorio a riconoscerlo e ad accoglierlo nel più piccolo dei
fratelli in difficoltà sono inequivocabili e non ammettono alibi.
LA QUESTIONE DEI MIGRANTI
Già nella lettera dello scorso Natale abbiamo condiviso con voi alcune
riflessioni sulla questione che non è una tra le importanti, bensì la
più importante, quella decisiva, dirimente ogni altra anche perché ne
assume in sé altre importanti, che sono le cause strutturali delle
migrazioni forzate: impoverimento, dittature, violazione dei diritti
umani, armi, guerre, disastri ambientali. Ricordiamo alcune
connotazioni fondamentali: le migrazioni, sempre costanti nella storia
dell’umanità, oggi hanno assunto una dimensione planetaria.
Coloro che giungono fra noi ci
rivelano qual è la situazione del mondo; chi sono loro; chi siamo noi:
quali sono la nostra sensibilità, la nostra cultura, etica, politica,
legislazione; qual è la nostra fede; ci rivelano la nostra storia.
Un esempio: mai si ricorda negli incontri, tanto meno nei tanti
strumentali dibattiti televisivi, che gli italiani del fascismo hanno
usato i gas in Etiopia e bruciato nelle loro capanne donne e bambini.
Quando arrivano oggi gli etiopi, dovremmo abbassare lo sguardo, provare
vergogna e chiedere profondamente perdono. E’ fondamentale lo sguardo
su coloro che arrivano perché questo esprime i vissuti e i pensieri del
cuore.
Perché nei paesi poveri dell’Africa, come ad esempio l’Uganda o in
altri come il Pakistan o il Bangladesh, si accolgono i profughi con le
risposte precarie possibili, senza muri, fili spinati, avversione
pregiudiziale e altrettanto non avviene in Europa, in Italia, in Friuli
Venezia Giulia e nel Veneto? Non intendiamo nascondere le complessità,
ma questo non ci esime dall’esprimere un giudizio severo sulle
istituzioni, sulla politica, sulla mentalità diffusa in una parte della
popolazione, sugli inquietanti e pericolosi segnali di modi di pensare
e di agire, come quelli dei gruppi neofascisti, che esprimono odio e
pretendono che le persone diverse, in particolare i migranti, non siano
presenti fra di noi. Il nostro paese al riguardo ha una memoria storica
dolorosa se pensiamo alle leggi razziali del 1938.
L’Europa ha dimostrato il suo volto peggiore; l’Italia ha il grande
merito di aver salvato in mare decine e decine di migliaia di persone,
ma non ha potuto evitare, anche perché lasciata sola, che in questi
anni nel Mediterraneo i morti siano oltre a 40 mila. Durante la scorsa
estate abbiamo constatato la criminalizzazione delle ONG, in generale
della solidarietà e le scelte politiche del governo italiano nei
confronti delle quali esprimiamo tutta la nostra contrarietà: per le
modalità, i finanziamenti a gruppi motivati unicamente da interessi
economici, le conseguenze di far continuare la prigionia dei migranti
nei lager della Libia o di farli in essi ritornare, con torture e
angherie di ogni genere e anche, come è stato documentato ultimamente,
con la tratta degli schiavi. Il fatto che i migranti non arrivino o
arrivino in numero minore si è trasformato in un cinico sollievo di una
parte della popolazione italiana.
La contrapposizione all’approvazione
dello ius soli temperato ci
pare veramente pretestuosa, faziosa, senza fondamenti credibili, un
pretesto per l’avversione. Ci soffermiamo un momento sulla
situazione delle regioni del nordest, con attenzione alla nostra, per
rimarcare alcuni atteggiamenti e situazioni concrete che ci hanno
addolorato e sdegnato. Ci chiediamo: perché la memoria storica
dell’emigrazione di decine e decine di migliaia di emigranti friulani e
giuliani insegna così poco? Perché la memoria storica della
straordinaria solidarietà vissuta nel dopo terremoto non si trasforma
in sensibilità dell’accoglienza?
E’ per noi sconcertante che
l’annunciato arrivo di 10, 15, 18, 25 persone in un paese susciti
reazioni viscerali di rifiuto a prescindere. E questo con l’invocazione
della identità, della cultura, dell’essere a casa propria, dell’essere
cristiani e cattolici. Certamente le istituzioni e la politica
hanno le loro responsabilità nel non progettare, informare,
predisporre, accompagnare, sostenere. Ma
ugualmente queste reazioni di emotività irrazionale attengono
all’antropologia, al nostro essere donne e uomini, in relazione con gli
altri, nella storia in divenire. A proposito di progetti, nella Lettera
di Natale 2016 ci siamo permessi di indicare le zone di montagna come
possibilità di inserimenti progettuali di migranti a beneficio di tutti
con il coinvolgimento di italiani. Auspichiamo che la politica
finalmente possa porre attenzione a queste prospettive a cominciare dai
programmi delle prossime elezioni con l’impegno di attuarli.
Sentiamo l’esigenza di un salto di
spiritualità incarnata nella storia, di cultura, di ripresa dei diritti
umani fondamentali, di una politica seria che assuma le questioni e non
le faccia diventare motivo di contesa e di lotta, senza costruire
possibili risposte positive. Le paure indotte da diverse
concause, i problemi sociali irrisolti degli italiani favoriscono un
conflitto con chi arriva e l’indicazione di loro come responsabili dei
problemi e delle mancate soluzioni. Papa Francesco nel messaggio per la
celebrazione della 51a Giornata Mondiale della Pace, il 1o gennaio
2018, propone a tutta l’umanità una riflessione su migranti e
rifugiati: “Uomini e donne in cerca di pace” ricordando che “quanti
fomentano la paura nei confronti dei migranti, magari a fini politici,
anziché costruire la pace seminano violenza, discriminazione razziale e
xenofobia, che sono fonte di grande preoccupazione per tutti coloro che
hanno a cuore la tutela di ogni essere umano” e indica le quattro
pietre miliari per l’azione: “accogliere, proteggere, promuovere,
integrare”.
Se poi nella nostra Regione si verificano in continuità con gli anni
precedenti situazioni, come avvenuto nel periodo appena trascorso, di
persone che dormono all’addiaccio (stranieri e italiani), a Pordenone,
Trieste, Udine, Gorizia, della scandalosa condizione di coloro che in
questa città hanno trovato l’unico riparo nella Galleria Bombi, allora
significa che ci sono carenze e inadempienze a livello strutturale.
Quella in cui stiamo vivendo è una
situazione nuova in cui si prepara una nuova umanità di convivenza fra
le persone diverse: dipenderà anche dalle scelte di oggi la qualità
della convivenza del futuro.
ATTENZIONE E PREMURA NEI CONFRONTI DEI POVERI, DEI DIVERSI, DEI
CARCERATI
Ci sentiamo preoccupati e addolorati
per la mentalità che si diffonde nella nostra società di indifferenza e
disprezzo nei confronti delle persone etichettate come diverse, del
fastidio che si manifesta nei confronti dei deboli e dei poveri, della
mentalità escludente e vendicativa nei confronti dei carcerati.
Ogni volta che questo accade nelle città e nei paesi, constatiamo che
vengono stracciate la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
la nostra Costituzione, il Vangelo di Gesù di Nazaret, i principi
ispiratori delle diverse religioni.
Avvertiamo urgente e indispensabile una rinascita spirituale profonda,
la crescita della cultura e della pratica dei Diritti Umani, il
riferimento al Vangelo
accolto in tutta la sua provocazione, il suo sostegno e conforto. In
particolare, per quanto riguarda i carcerati, da tempo abbiamo appreso
la Dichiarazione che “la civiltà di un paese si misura dalle condizioni
delle carceri”. Applicata all’Italia ci lascia sgomenti. La certezza
della pena è indubbiamente importante ma non può significare la
sepoltura delle persone nella colpa in situazioni di disumanità, bensì
configurare percorsi rieducativi come afferma la Costituzione, umani e
umanizzanti.
VIVERE E MORIRE CON DIGNITÀ
Desideriamo condividere con voi alcune considerazioni sul vivere e
morire con dignità, suggerite dall’incontro con le storie di sofferenza
di tante persone e anche dalle recenti riflessioni di papa Francesco e
dalle dichiarazioni di Michele Gesualdi, discepolo di don Lorenzo
Milani, uomo di fede e di servizio agli altri.
La questione è molto delicata perché in essa si concentrano dimensioni
diverse. Ogni persona umana deve essere sempre rispettata nella sua
dignità e libertà, nella sua storia e nelle situazioni di sofferenza e
malattia. Quando queste diventano estreme, il rispetto richiede il non
accanimento terapeutico, l’assecondare la volontà del malato e dei suoi
famigliari. Così papa Francesco: “... occorre un supplemento di
saggezza perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con
trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non
giovano al bene integrale della persona.”
Già Pio XII, 60 anni fa, in un discorso ad anestesisti e rianimatori,
ha affermato che non c’è l’obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi
terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati,
è lecito astenersene. Ancora papa Francesco: “E se sappiamo che dalla
malattia non possiamo sempre garantire la guarigione, della persona
vivente possiamo e dobbiamo sempre prenderci cura: senza abbreviare noi
stessi la sua vita, ma anche senza accanirci inutilmente contro la sua
morte”. Nessuno deve sollecitare o indurre a morire qualcuno ed
egualmente nessuno deve costringerlo a vivere in condizioni
disumanizzanti.
Siamo anche favorevoli all’autodeterminazione della persona malata
espressa in condizioni di buona salute o nella situazione di
sofferenza; se questo non è possibile tramite un’altra persona
delegata. Qualcuno osserva che l’autodeterminazione si porrebbe contro
Dio che ci ha donato la vita.
Consideriamo
che il dono della vita comporta libertà e responsabilità.
L’autodeterminazione non è quindi contro Dio ma invece può essere
vissuta di fronte a Lui, in dialogo con Lui, affidandosi pienamente a
Lui, anche perché la vita non è l’assoluto biologico della stessa e noi
saremo accolti nel suo Mistero di vita.
Speriamo quindi che la legge sul
biotestamento, passata alla Camera e ora ferma al Senato, sia stata
approvata quando questa nostra lettera sarà pubblica, se non lo fosse
sarebbe un segno negativo.
LE RAGIONI DELLA SPERANZA
E’ possibile sperare? Quali le motivazioni, quali le ragioni? E’
possibile scorgendo quotidianamente fra le tribolazioni, i dolori, le
diverse difficoltà
i segni positivi
di persone, di gruppi, di comunità che, animati da ideali, da fede,
dalla disponibilità alla concreta prossimità, si dedicano con passione,
gratuità e perseveranza. Insegnanti, amministratori,
professionisti, medici, infermieri che vivono la loro competenza in
modo veramente umano; tante persone coscientemente volontarie. E questo
in ogni parte del mondo. Consideriamo un segno di speranza
l’assegnazione del Nobel per la Pace 2017 a ICAN per la campagna
internazionale per l’abolizione delle armi nucleari.
La prossima memoria viva del Natale è motivo di speranza. Gesù di
Nazaret è venuto, uomo fra noi, per annunciare la speranza del Regno di
Dio, di una nuova umanità di fratelli e sorelle, di giustizia e di
pace: questo è il sogno di Dio sull’umanità; Lui ci propone di
coinvolgerci per contribuire a realizzarlo, assicurandoci la sua
presenza come riferimento, guida e sostegno.
Il bambino del Natale è l’incarnazione
di Dio, che ha scelto la carne dei poveri e che nella carne dei poveri
verrà ucciso, che ci giudicherà sui nostri atti di solidarietà nei
confronti dei poveri. Vivente oltre la morte, ci accompagna, come i due
viandanti di Emmaus, oggi sulle strade delle nostre vite. La
memoria viva dell’autentico Natale ci dice che le speranze che più
sembrano impossibili sono rese possibili da Dio, dalla fiducia in Lui
nel credere che questo può avvenire ogni giorno.
Questa speranza assume tutte quelle
che nascono dal dolore, dalla fame e sete di giustizia, non può che
essere una speranza condivisa con gli altri, che ci avvicina come
fratelli e sorelle, come compagni nel cammino della vita.
I preti firmatari:
Pierluigi Di Piazza, Franco
Saccavini, Mario Vatta, Pierino Ruffato, Paolo Iannaccone, Giacomo
Tolot, Piergiorgio Rigolo, Renzo De Ros, Luigi Fontanot, Alberto De
Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini.
CONVOCAZIONE ASSEMBLEA
Noi firmatari della lettera di Natale
invitiamo tutte le persone, della nostra Regione e anche di altre, di
diverse ispirazioni e percorsi, che hanno a cuore l’insegnamento di
papa Francesco e le riflessioni proposte in questa lettera a
partecipare a una pubblica assemblea che intitoliamo
“Una rinnovata passione per Dio e per
l’uomo insieme a papa Francesco”
che si svolgerà nel Centro di
accoglienza e di promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano
(Udine)
Sabato 17 febbraio 2018 dalle ore 9.30
alle 16.00
L’assemblea è aperta a tutti, la partecipazione è libera. Sarà reso
noto successivamente il programma dettagliato della giornata. Si chiede
la cortesia di segnalare la propria presenza personale o del gruppo e
comunità di appartenenza, indicando possibilmente il numero delle
persone partecipanti,
scrivendo o
telefonando alla segreteria del Centro Balducci entro mercoledì 31
gennaio.
E-mail:
segreteria@centrobalducci.org
Telefono: 0432-560699
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