Protezione
umanitaria
Lettera aperta
Le preoccupazioni delle Associazioni e ONG
Le organizzazioni A Buon Diritto, Acli, Action Aid, ARCI, Asgi, Casa
dei Diritti Sociali, Caritas Italiana, Centro Astalli, CNCA, Emergency,
Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Médecins du Monde Missione
Italia, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Oxfam
Italia e Senza Confine del Tavolo Asilo Nazionale, scrivono una lettera
aperta alla Commissione nazionale per il diritto d’asilo, a tutte le
Commissioni e Sezioni territoriali per il riconoscimento dello status
di rifugiato e a tutte le Questure e le Prefetture d’Italia, in merito
alla circolare a firma del Ministro Salvini relativa al permesso di
soggiorno per ragioni umanitarie, esprimendo la loro forte
preoccupazione e il loro dissenso per i contenuti della stessa
circolare, spiegando in maniera dettagliata e puntuale le loro ragioni.
Il testo:
AI SIGG.RI PREFETTI DELLA REPUBBLICA
AI SIGG. COMMISSARI DEL GOVERNO DELLE PROVINCE AUTONOME
TRENTO E BOLZANO
AL SIG.PRESIDENTE DELLA REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA
AOSTA
AL SIGNOR PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER IL DIRITTO D’ASILO
AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI E SEZIONI TERRITORIALI PER IL
RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE
E p.c. AL SIG. CAPO DI GABINETTO
AL SIG.CAPO DELLA POLIZIA DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA
AL SIG. CAPO DIPARTIMENTO PER LE LIBERTA’ CIVILI E L’IMMIGRAZIONE
AL SIG. CAPO DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DEL PERSONALE
DELL’AMMINISTRAZIONE CIVILE E PER LE RISORSE STRUMENTALI E FINANZIARIE
AI SIGG.RI QUESTORI
Le organizzazioni A Buon Diritto, Acli, Action Aid, ARCI, Asgi,
Casa dei Diritti Sociali, Caritas Italiana, Centro Astalli, CNCA,
Emergency, Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Médecins du Monde
Missione Italia, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere,
Oxfam Italia e Senza Confine del Tavolo Asilo desiderano esprimere
preoccupazione in merito ai contenuti della Circolare del Ministero
dell’Interno del 4/7/2018, avente oggetto: “Il riconoscimento della
protezione internazionale e la tutela umanitaria”.
La protezione umanitaria, prima ancora di costituire forma residuale di
tutela rispetto alla protezione internazionale, è un istituto giuridico
a sé, in cui è la stessa legge che prevede il suo riconoscimento in
presenza di «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o
risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato
italiano». È un diritto, pertanto, il cui riconoscimento può essere
chiesto direttamente al Questore, il quale è tenuto a verificare
l’esistenza dei presupposti della legge. In caso di diniego, è
possibile presentare ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria,
sottendendo la sua natura di diritto soggettivo (Cass. SU n.
11535/2009, SU n. 19393/2009).
Di fronte a questa premessa, un esercizio rigoroso della funzione delle
Commissioni e Sezioni Territoriali presuppone che ciascun caso venga
valutato nel merito e individualmente: sorprende dunque che il Ministro
dell’Interno richiami, nell’esame dei casi, la “salvaguardia di
interessi primari della collettività”, subordinando a questa i diritti
dei richiedenti. Si ritiene inoltre che le decisioni non debbano essere
orientate da considerazioni meramente numeriche, se non addirittura da
presunzioni circa la maggiore o minore “difficoltà di inserimento” di
chi negli anni è stato o è ancora titolare di permesso di soggiorno per
motivi umanitari.
Nelle stesse premesse della circolare si legge che sul tema è stata
prodotta una copiosa giurisprudenza che ha riconosciuto il fondamento
di situazioni meritevoli di godere della tutela umanitaria. Al fine di
garantire organicità nel procedimento decisionale, amministrativo e
giudiziario, un’eventuale stretta sulle decisioni di parere favorevole
al riconoscimento della protezione umanitaria comporterà un ulteriore
intasamento dei ruoli dei giudici ordinari, e l’allungamento
complessivo dei tempi di definizione delle situazioni individuali.
Quanto alle dette situazioni e al loro tenore, come ricordato dalla
stessa sentenza della Corte di Cassazione richiamata nella circolare
ministeriale (Cass. Civ. n. 4455 del 23 febbraio 2018), la tutela
umanitaria è anche una delle una delle tre forme di attuazione
dell'asilo, secondo il dettato costituzionale (art. 10, c. 3, Cost.:
“lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio
delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha
diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni
stabilite dalla legge”). Coerentemente e correttamente, quindi la
raccomandazione del rilascio del permesso di soggiorno per motivi
umanitari segue la valutazione di una condizione di "vulnerabilità" che
può avere ad oggetto anche “la mancanza delle condizioni minime per
condurre un'esistenza nella quale non sia radicalmente compromessa la
possibilità di soddisfare i bisogni e le esigenze ineludibili della
vita personale, quali quelli strettamente connessi al proprio
sostentamento e al raggiungimento degli standards minimi per
un'esistenza dignitosa. L'allegazione di una situazione di partenza di
vulnerabilità, può, pertanto, non essere derivante soltanto da una
situazione d'instabilità politico-sociale che esponga a situazioni di
pericolo per l'incolumità personale, anche non rientranti nei parametri
dell'art. 14 d.lgs n. 251 del 2007 o a condizioni di compromissione
dell'esercizio dei diritti fondamentali riconducibili alle
discriminazioni poste a base del diritto al rifugio politico, ma non
aventi la peculiarità della persecuzione personale potenziale od
effettiva.
La vulnerabilità può essere la conseguenza di un'esposizione seria alla
lesione del diritto alla salute, non potendo tale primario diritto
della persona trovare esclusivamente tutela nell'art. 36 del d.lgs n.
286 del 1998 oppure può essere conseguente ad una situazione
politico-economica molto grave con effetti d'impoverimento radicale
riguardanti la carenza di beni di prima necessità, di natura anche non
strettamente contingente, od anche discendere da una situazione
geo-politica che non offre alcuna garanzia di vita all'interno del
paese di origine (siccità, carestie, situazioni di povertà
inemendabili)” (Cass. Civ. n. 4455 del 23 febbraio 2018). È dunque
semplicistico, soprattutto e non rende giustizia al lavoro fin qui
condotto dalle Commissioni e Sezioni Territoriali, affermare
sbrigativamente che il permesso di soggiorno per motivi umanitari sia
stato concesso a persone che non avessero diritto di rimanere nel
nostro Paese. Giova pertanto ricordare che le Commissioni e Sezioni
Territoriali, pur non essendo un’autorità indipendente, tuttavia
operano “con indipendenza di giudizio e valutazione” (art. 4, c. 3 bis,
d.lgs. 25/2008), e che le loro decisioni, nel merito e nella forma,
sono sindacabili solo dall’autorità giudiziaria competente o dalla
Commissione nazionale, nei casi previsti dalla legge.
Attualmente la protezione umanitaria viene anche accordata a un numero
crescente di persone che hanno subito violenze e torture in Libia e per
questo si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità fisica e
mentale. Nonostante le sorprendenti dichiarazioni di alcuni giorni fa a
opera dello stesso Ministro dell’Interno, la situazione in Libia resta
gravissima ed è confermata da UNHCR, che sta infatti portando avanti
con difficoltà un piano di evacuazione di rifugiati vulnerabili
detenuti in Libia da un tempo indefinito, in condizioni deplorevoli,
vittime di sistematiche violazioni dei diritti umani.
La tutela umanitaria è inoltre primariamente un’acquisizione di civiltà
che riafferma principi universali a tutela della vita e della dignità
delle persone.
La natura stessa della protezione umanitaria non si presta ad essere
racchiusa in situazioni oggettivamente predeterminate,
bensì ad essere lasciata aperta a singole applicazioni, per
l’impossibilità (e l’inopportunità) di prevedere tutte le ipotesi nelle
quali possano sorgere quelle ragioni umanitarie che impongono la deroga
alle ordinarie regole in materia di ingresso e soggiorno.
La protezione umanitaria ha consentito di affermare in maniera chiara
che vi sono diritti che l’Italia riconosce a tutte le persone,
indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla
religione, dal credo politico. Diritti che valgono sempre e comunque e
che trovano la loro fonte nella Costituzione italiana e nelle norme
internazionali, che tutelano i diritti inderogabili e le libertà
fondamentali delle persone.
Il nostro paese può dunque rivendicare con orgoglio l’aver introdotto e
disciplinato nel proprio ordinamento questa forma di protezione, che ha
consentito, negli anni, di creare condizioni di vita dignitose alle
persone che, da regolari, hanno potuto curarsi, avere un regolare
contratto di lavoro e ricostituire il proprio nucleo familiare,
scongiurando il pericolo che, rimanendo irregolari, finissero per
alimentare i già floridi circuiti di criminalità e sfruttamento, questi
si causa di problemi di ordine pubblico.
Non si può infine ignorare che il rilascio del permesso di soggiorno
per motivi umanitari, bel lungi dal creare insicurezza e mancata
integrazione, contribuisce in misura sostanziale a rendere possibili
percorsi di legalità e di inclusione, unica vera garanzia per la
sicurezza delle comunità.
In allegato la lettera in pdf