La
buona politica è al servizio della pace
La riflessione di Pierluigi Di Piazza
31 dicembre 2018 - 1 gennaio 2019
Questa sera del 31 dicembre, come faccio da tanti anni, sarò parte
delle persone che parteciperanno alla 40ª Marcia della pace che, con
partenza alle 21 dalla piazza del Museo, salirà da Zuglio alla Pieve di
San Pietro in Carnia. Durante il cammino saranno proposte tre
riflessioni per rilanciare il tema annunciato per il primo giorno
dell’anno 2019, 52ª Giornata della Pace, da quando nel 1967 papa Paolo
VI (proclamato santo il 14 ottobre scorso) ha proposto questa
attenzione a ribadire che ogni giorno dell’anno dovrebbe essere
impegnato per la costruzione della pace.
Il tema è più che mai attuale; condensa molte e gravi preoccupazioni e
la ricerca e la relazione di segni di speranza. “La buona politica è al
servizio della pace”. Come a dire che la pace è la verifica della
politica. La pace infatti è la grande questione dell’umanità, dirimente
ogni altra; è - scrive papa Francesco - come un fiore fragile che cerca
di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Non ci possono essere
cultura ed etica degne di questo nome se non contribuiscono
fattivamente alla costruzione della pace; egualmente l’economia e
appunto la politica e le conseguenti decisioni assunte e leggi
approvate. Quale senso infatti possono avere se non promuovono la
cultura e la pratica della nonviolenza attiva e della costruzione della
pace?
La buona politica è tale quando: “agisce con giustizia, sincerità,
onestà, fedeltà, equità e rispetto reciproco”. La politica è al
servizio della pace quando: “rispetta e promuove i diritti umani
fondamentali che diventano doveri reciproci per attuarli”. Papa
Francesco denuncia i vizi della politica: “le molteplici forme di
appropriazione indebita dei beni pubblici; la negazione del diritto, la
strumentalizzazione delle persone, l’arricchimento illegale, la
giustificazione del potere mediante la forza o il pretesto arbitrario
della ragione di Stato; la tendenza a perpetuarsi nel potere; la
xenofobia e il razzismo; il disprezzo di coloro che sono stati
costretti all’esilio; il rifiuto di prendersi cura della terra; lo
sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto
immediato”.
La politica è il governo della polis, della città, del territorio, di
un Paese, dell’Europa, del mondo intero data l’interdipendenza di tutta
la famiglia umana. La democrazia è la migliore possibilità per la
gestione della politica, ma la storia ci insegna che il consenso
elettorale, sempre da rispettare, non si identifica né con la “verità
delle cose”, né con la gestione da parte di coloro che sono eletti;
questa è una considerazione sempre doverosa e riguardante tutti, con la
constatazione dell’aggravamento delle conseguenze in determinate
situazioni come attualmente avviene in diversi luoghi del Pianeta,
anche in Italia e in Friuli Venezia Giulia.
Non ci potrà mai essere pace senza giustizia. Ora, se guardiamo al
mondo, l’1% della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza del
99% della popolazione povera: 800 milioni di persone sono sulla soglia
fra vita e morte a causa dell’impoverimento e della fame. Come può
esserci pace? Papa Francesco sollecita a considerare come “la pace è
frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità
reciproca e sulla interdipendenza degli esseri umani”.
Si comprende come per una buona politica sia indispensabile una cultura
nel senso profondo, ampio, antropologico della parola, di una visione
dell’essere umano e del mondo. Purtroppo oggi nel mondo intero, in
Europa, in Italia, nella nostra Regione c’è un degrado culturale, di
conseguenza anche etico e politico. Si esprime soprattutto nella
visione localista, di chiusura ed esaltazione identitaria, di
comunicazione di un pensiero fortemente negativo nei confronti di ogni
altro diverso, in particolare l’immigrato, costruito con la
falsificazione della realtà come il nemico e il pericolo principale.
Fra i vizi della politica papa Francesco evidenzia la xenofobia e il
razzismo; il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio;
la strumentalizzazione delle persone. A proposito, non si può certo
dimenticare l’imposizione disumana e vergognosa di non sbarcare le
persone accolte sulla nave Diciotti, già ripetutamente vittime e di
nuovo rese tali per spettacolarizzare politicamente la sollecitazione
all’Europa ad intervenire.
Non saranno mica queste le decisioni di buona politica, tutt’altro, lo
sono di cattiva politica perché disumane. E’ contraria alla buona
politica di pace la Legge sicurezza che già determina nuove insicurezze
e accresciuti problemi non solo agli immigrati, ma a tutte le comunità.
Non è certo buona politica il proposito di cancellare l’accoglienza
diffusa, esperienza positiva di convivenza, di far sparire le persone
concentrandole in luoghi di reclusione, di colpire il sistema SPRAR.
La questione della sicurezza infatti riguarda tutti, italiani e
immigrati, scuole, ospedali, fabbriche, trasporti e ambiente. E perché
la politica non dice nulla sulle armi e sulle guerre? Nel 2017 i
conflitti sono stati 378, tra cui 186 crisi violente e 20 guerre ad
alta intensità: si pensi ai morti, ai feriti, alle distruzioni. Sono
cresciute la produzione e il commercio delle armi; l’Italia ne ha
esportate nell’anno 10 miliardi di euro con forniture a Paesi in guerra
come Arabia Saudita, Kwait ed Emirati Arabi Uniti impegnati nella
sanguinosa guerra con lo Yemen, nonostante la legge 185/90 lo vieti. La
politica nulla dice, rari i mezzi di informazione che ne parlano.
Si tratta quindi di una pessima politica come quella di presentare in
modo distorto e strumentale i dati sull’immigrazione; è poi fuori luogo
il trionfalismo sui dati degli sbarchi; certo di molto diminuiti;
nasconde infatti costi umani altissimi; nel 2018 c’è stato un aumento
della mortalità in mare del 20% e nei centri di detenzione, in realtà
lager, in Libia sono trattenute in condizioni disumane 10.000 persone,
quasi 6000 in più dell’anno precedente. E l’Italia, Paese teoricamente
di pace, cosa dice e come opera se continua a fornire aiuti e
attrezzature alla Libia?
C’è una politica anche a livello regionale che ritiene strumenti di
pace la moltiplicazione delle telecamere, la sollecitazione alle
pistole elettriche, ai manganelli, a munirsi di armi, mentre centinaia
di migliaia di persone negli USA, tantissimi i giovani, propongono una
netta inversione a questa logica. Perché non investire sulle scuole,
sulla cultura, sui progetti di convivenza pacifica fra le diversità,
sulla cultura della pace e della legalità, della cura dell’ambiente, su
collaborazioni attive di molteplici soggetti? Perché, a cominciare dai
cosiddetti grandi, c’è una così scarsa attenzione nei confronti della
questione ambientale?
Certamente ci sono esempi di buona politica, quelli che progettano e
cercano di realizzare un’alternativa alla cattiva politica, frutto del
pensiero negativo dell’inimicizia e dell’esclusione. Papa Francesco ci
invita tutti a una conversione: di noi stessi, delle relazioni con ogni
altro, familiare, amico, straniero, povero, sofferente; con il creato,
dono di Dio e responsabilità di cura di ciascuno di noi. L’impresa è
ardua, il cammino è lungo ma certo non ci fermiamo anzi,
intensifichiamo i nostri passi.
Pierluigi Di Piazza