Le politiche xenofobe, i muri, le
barriere
Pierluigi Di Piazza sulla Sea Watch
Zugliano, 1° luglio 2019
Provo quotidianamente un dolore profondo dell’anima per la evidente
e persistente disumanità di una parte di questa società, della politica
che la alimenta e insieme la interpreta e rappresenta in un circuito
molto pericoloso di reciproco sostegno. Le migrazioni sono il fenomeno
più importante e decisivo del nostro tempo e, se sempre hanno
caratterizzato la storia dell’umanità, da alcuni decenni hanno assunto
una dimensione planetaria; sono infatti 70 milioni le persone costrette
a partire.
Delle cause strutturali delle loro forzate partenze il nostro mondo
è ampiamente responsabile per il passato remoto e nel presente.
Impoverimento, condizioni di vita disumane, violazione dei diritti
umani, violenze, guerre, disastri ambientali costringono a partire. Di
questo la politica non parla. Negli ultimi anni ci sono stati arrivi
significativi, mai l’invasione di cui è stata diffusa la percezione con
evidente falsità. Si constata quotidianamente la totale mancanza da
parte della politica sovranista e localista di una considerazione
planetaria del mondo e di conseguenza dell’impegno a rompere le cause
strutturali delle forzate migrazioni per accompagnare il cammino dei
popoli del Pianeta e insieme per progettare con lungimiranza
l’accoglienza di chi arriva nelle nostre società nella consapevolezza
che esse ne avranno bisogno per la loro stessa vita, basti pensare alla
progressiva decrescita demografica.
Insomma un altro mondo diverso da costruire. L’insicurezza
generalizzata di questa società liquida, le diverse paure alimentate ad
arte, i timori per il futuro, l’esigenza di rassicurazione personale e
sociale, i diritti non garantiti, il desiderio di un cambiamento
politico, l’esigenza di un progetto più adeguato sull’accoglienza hanno
portato, nella logica illusoria del capro espiatorio, a identificare
nell’altro che arriva la causa di tutte le situazioni problematiche. La
politica di destra con evidenza xenofoba e razzista ha alimentato e
alimenta questi vissuti e nello stesso tempo promette di rassicurarli,
di portare ordine, mossa dall’avversione verso l’immigrato. Questo
pensiero fortemente negativo e disumano è all’origine di leggi
altrettanto negative e disumane, come le due sulla sicurezza, che
invece non è garantita dalle telecamere, dalle pistole elettriche, dai
manganelli, dalle manette, ma dai progetti culturali di crescita umana
e di convivenza.
Soprattutto colpisce la disumanità, il cinismo di non considerare i
migranti persone ma numeri. Di conseguenza non importa se i numeri, non
più persone, sono da 15 giorni su una nave: “Per me possono stare lì
fino a Natale!”; non importa, anzi indispettisce che la nave di una ONG
salvi delle persone, “la nave è da distruggere e da affondare”.
Prevalgono l’atteggiamento e le parole della distruttività: delle
persone e anche dei mezzi. Le ONG nel Mediterraneo sono state e sono
presenze importanti in assenza di un piano e di una presenza efficace
dell’Europa e dei Paesi che la compongono, in particolare di Italia,
Spagna, Grecia lasciate sole. Le ONG hanno salvato in mare migliaia di
persone; certamente vanno ricordate e sempre ringraziate tutte le
persone della Guardia di Finanza, della Marina Militare, delle
Capitanerie di Porto che ne hanno salvate decine di migliaia. È
evidente la mancanza di un progetto ampliato e permanente dei corridoi
umanitari, ringraziando la Comunità di Sant’Egidio e le Chiese Valdesi
di averli attuati con successi significativi. E puntualmente si ripete
il conflitto che questa politica apre con chi salva le vite in mare
attribuendogliene la colpa. Ricordo di aver affermato in diverse
occasioni, anche in una situazione di particolare significato, di
fronte a 1000 studenti che affollavano il Teatro Giovanni da Udine,
nell’ambito di Vicino/Lontano, a conclusione dei loro percorsi di
legalità, che sarò sempre vicino e grato a chi salva una vita in mare,
che i nomi delle navi Acquarius, Diciotti, Sea Watch, Mediterranea, ora
Sea Watch 3 suscitano in me vicinanza a loro, gratitudine, ammirazione,
sostegno. Sono vicino ed esprimo ammirazione per Carola Rachete, questa
giovane donna di 31 anni, mossa solo dal desiderio di salvare le vite
in mare e ogni giorno preoccupata delle loro condizioni, persone già
ripetutamente vittime e ora rese nuovamente tali dal cinismo della
politica per evidenziare strumentalmente la latitanza dell’Europa.
Carola si è trovata di fronte a una scelta difficile: violare una norma
italiana o venire meno all’obbligo morale di salvare vite umane e
insieme al venir meno agli obblighi stabiliti dai trattati
internazionali.
Partecipando alla sua decisione ho ripensato all’insegnamento di don
Lorenzo Milani: “…Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di
amare la legge è di obbedirla. Posso solo dire loro che essi dovranno
tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono
giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando, invece, vedranno
che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi
dovranno battersi perché siano cambiate”. Le leggi sicurezza sono la
legittimazione dei forti. E fino a quando non sono cambiate prevale la
preoccupazione per la vita delle persone.
L’ONU ha inviato una lettera all’Italia sul decreto “Sicurezza bis”
in cui si afferma che il diritto alla vita e il principio del non
respingimento, stabiliti da trattati internazionali, prevalgono sulla
legislazione nazionale e che rispetto ai diritti umani è fuorviante. E
ancora rifacendomi a don Milani ho pensato all’ubbidienza non più
virtù, ma subdola tentazione quando è ossequio conformista a leggi
ingiuste, e invece virtù quando è espressione delle proprie
convinzioni, della propria libertà e responsabilità; quando è
disubbidienza per diventare ubbidienza alla vita delle persone.
Deve essere denunciata con sdegno morale l’impressionante
aggressività violenta, maschilista, sessista nei confronti di Carola
Rachete, espressione del degrado culturale ed etico, segno della
disumanità di una parte di questo Paese. Manca completamente un
progetto serio sull’immigrazione; ci sarebbe tanto da fare ma per
questo è necessaria una cultura completamente diversa. La disumanità
chiude i cuori, annebbia le coscienze, devia la ragione
nell’irrazionalità emotiva, nell’esaltazione del particolare fino a
parlare in questa vicenda di “guerra”, di difesa dei confini
dell’Italia. È vergognoso! Quante volte ogni giorno il nostro mondo
oltrepassa tanti confini dei popoli per occupare, sfruttare,
impoverire. Ma noi siamo sempre i primi, i superiori; appunto “prima
gli italiani”.
Questa irrazionalità ha portato la politica xenofoba a ipotizzare
sul fronte orientale muri, barriere… Da non credere! Per altro,
ciascuno ha i suoi maestri: la frequentazione di Trump e di Orban
prevede anche queste conseguenze. I muri chiuderanno questo nostro
mondo nel suo benessere particolarista e insieme nelle difficoltà di
tante persone, nella sua mancanza di cultura e di etica, nella sua
illusione. C’è il consenso di tanta gente? La storia ci insegna in modo
chiaro che il consenso non corrisponde, specie in alcuni momenti, alla
verità delle persone e delle situazioni. Anche le leggi razziali furono
applaudite da folle entusiaste.
Un’ultima considerazione: che non si continui ad aggiungere vergogna
a vergogna autodefinendosi cristiani quando praticamente in modo palese
si è contro il Vangelo di Gesù di Nazaret, contro la Chiesa di papa
Francesco.
Pierluigi Di Piazza
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