"Il premio più grande è la ricchezza interiore"
"Il premio più grande è la ricchezza interiore"
Don Di Piazza commenta la proposta di candidatura
NOBEL PER LA PACE - ZUGLIANO 25/09/09

L’idea era nata tempo fa e giovedì è stata ufficializzata. Porta la firma del Club Unesco di Udine e della sua presidente, Renata Capria D’Aronco.
Candidare al premio Nobel per la pace (ex aequo) don Pier Luigi Di Piazza e a Daniele Sipione. La proposta è stata commentata così da don Di Piazza. “Mi sento di rendere pubblici alcuni vissuti e alcune considerazioni rispetto alla proposta della candidatura al premio Nobel per la pace da parte del Club Unesco di Udine che unisce la mia persona a quella del dott. Daniele Sipione, esempio di concreta solidarietà nei confronti di migliaia di persone colpite dalla lebbra.
Prima di tutto ringrazio per la stima e la fiducia nei confronti della mia persona: li avverto come un incoraggiamento per affrontare le sfide e le fatiche di ogni giorno. Sapevo di questa intenzione, ma nel mio intimo non l’avevo mai considerata realisticamente, fino al momento della sua ufficializzazione che mi ha creato profondo imbarazzo per la sua sproporzione. Cerco di rapportare ogni giorno l’impegno delle relazioni con le persone a quello pubblico, a motivo dell’ispirazione evangelica, delle convinzioni e dello slancio etico a non poter fare a meno di esserci, di coinvolgermi, di denunciare ingiustizie, violenze, guerre, egoismi, materialismo, razzismo; di alimentare idealità e prospettive, di contribuire a rendere più umano questo mondo, condividendo le storie di chi fa più fatica; concretamente condividendo denaro, casa, strutture; soprattutto storie umane, chiedendo coerenza prima di tutto a me stesso. Questo ha comportato e comporta immersione in incontri affollati e momenti di solitudine più di qualche volta anche a motivo delle prese di posizione pubbliche nella società e anche nella Chiesa.
Sinceramente non ho mai cercato, né accarezzato riconoscimenti e titoli; quelli ricevuti per iniziativa di altri non hanno modificato per nulla la mia vita, né mai ad essi faccio riferimento. Sono quello che sono come uomo e come prete con i miei limiti, le possibilità di bene e le azioni positive. Sinceramente mi sento di continuare a spendermi in nome del Vangelo e della dignità umana che avverto coincidenti; mi impegno come se tanto dipendesse da me e nello stesso tempo con la consapevolezza di non essere di certo indispensabile, che quello che vivo e opero è per una fedeltà interiore, esprime il senso stesso della vita, non è certo finalizzato a ricevere riconoscimenti.

L’esperienza del Centro Balducci è stata ed è possibile per la dedizione e l’impegno volontario di tante persone. Sento del tutto sproporzionata quindi la proposta per il Nobel: possibili persone che mi vengono subito in mente sono, ad esempio, don Luigi Ciotti, Gino Strada, padre Andres Tamayo prete salvadoregno che in Honduras da anni è leader di un grande movimento ambientalista, per questo più volte minacciato di morte e nella drammatica situazione attuale è chiuso nell’ambasciata del Brasile come lui stesso mi ha raccontato in una telefonata la notte scorsa.
Personalmente ho ricevuto amore, amicizia, insegnamenti profondi, a cominciare dalla mia famiglia, da tante persone di questo Friuli e in questi ultimi vent’anni da persone e comunità di diversi luoghi del Pianeta. Questo personale patrimonio interiore è impagabile: vi trovano collocazione anche le fatiche, le incomprensioni, e l’isolamento che non mancano.
Sento questa ricchezza profonda: questo è il “premio” più grande; ad essa si nutre la ragionevole speranza di un mondo più umano e la dedizione e l’impegno per contribuirvi, possibilmente sempre con gratuità prima e dopo, al di là di quello che gli altri, che la società, che la Chiesa pensano per condividere o criticare, nella logica evangelica del continuare a seminare sperando di avere la forza interiore per spendermi fino a quando, come dicono i popoli indigeni dell’America Latina, Dio mi presterà la vita.”

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