Dopo la lettera di
Natale del 2009 riguardo al Dio in cui non crediamo e al Dio in cui
crediamo, dopo quella del 2010 su Gesù di Nazareth, avvertiamo il
desiderio di comunicare le nostre esperienze e sofferenze, le nostre
convinzioni e speranze riguardo alla Chiesa, guidata dallo Spirito di
verità e libertà.
Siamo preti convinti e desiderosi sempre più di
testimoniare il Vangelo in questa Chiesa cattolica; ad essa siamo
profondamente grati per la fede ricevuta e nutrita; per le
testimonianze di fedeltà e coerenza al Vangelo di tante donne e tanti
uomini, a cominciare dalle nostre famiglie; per la Parola che
continuamente ci provoca e consola; per i sacramenti
celebrati con le comunità che serviamo, soprattutto per l’Eucaristia;
per la ricchezza spirituale, culturale, umana sperimentata; per lo
straordinario patrimonio di profeti e martiri a cui attingiamo luce e
sostegno nel nostro cammino.
È questa profonda gratitudine che ci sostiene
fortemente nel considerare le ombre e i tradimenti al Vangelo di cui la
cronaca è cruda testimone e nell’affrontare la complessità della
situazione presente.
Chiedendo coerenza prima di tutto a noi stessi,
spesso ci interroghiamo sul rapporto fra la storia in generale, le
storie delle persone che incontriamo e la dottrina della Chiesa, che
spesso avvertiamo come un mondo lontano, a se stante.
La Chiesa di Gesù di
Nazareth, sacramento di salvezza
Ci riconosciamo preti nella Chiesa comunità di fede,
che fa scaturire e motivare la sua presenza e la sua azione nella
storia da Gesù di Nazareth ucciso-risorto e dal suo Vangelo. Troviamo
conferme importanti per questa appartenenza nella tradizione viva dei
martiri, dei profeti e dei santi e delle sante e, ultimamente, nella
Chiesa del Concilio ecumenico Vaticano II, a nostro giudizio troppe
volte ignorato o male interpretato.
Quando si parla della Chiesa, comunemente ci si
riferisce alla gerarchia: papa, cardinali, vescovi, preti, diaconi...
Sono solo una parte di essa, che invece è composta da tutti coloro che
– grazie al Battesimo che hanno ricevuto – sono diventati in Cristo
“sacerdoti, re e profeti”, segno visibile dell’amore di Dio che fa di
tutti gli esseri umani il “popolo di Dio”.
La Chiesa vissuta, quindi, nel suo insieme non come
fine, ma segno, “sacramento di salvezza” nella storia, nella misura in
cui, guidata dalla forza dello Spirito, riesce ad essere fedele al Dio
di Gesù e al Vangelo.
Il fine è il Regno di Dio, ‘
il sogno’ di Dio sull’umanità: la
giustizia, l’uguaglianza, l’accoglienza, il perdono, la pace, il
bene... Un sogno che troverà compimento nel mistero di Dio e sarà
realizzato nella forza del suo Spirito, ma che riguarda pienamente la
storia dell’umanità, senza alcun alibi e rimando; perché esso si
realizzi, chiede a tutti impegno, fedeltà e perseveranza.
Spesso risuonano in noi, anche perché suggerite da
incontri con le storie di tante persone, le parole con cui inizia il
documento
Gaudium et Spes del
Concilio ecumenico Vaticano II: “
Le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi,
dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo
e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
La Chiesa è nello stesso tempo “
santa e peccatrice”, sempre da “
convertire”, perché formata da
uomini e donne con le loro fragilità, perché istituzione storica
segnata da condizionamenti, parzialità, errori. Il suo fondamento
costitutivo è il Vangelo di Gesù Cristo. Quando da esso si allontana al
punto di smentirlo o tradirlo in maniera sistematica, diventa una
istituzione di potere fra le altre, con l’aggravante e la copertura di
pretendere il suggello divino di custode della verità.
Crediamo la Chiesa profetica, coraggiosa
nell’annuncio del Vangelo, fedele e coerente nella testimonianza, con
scelte chiare, da tutti leggibili, che sa dire: “ sì, sì; no, no”.
Contro ogni
privilegio
Quando la Chiesa riceve dal potere - economico,
politico e militare- finanziamenti, vantaggi, privilegi e onori perde
la forza profetica di denunciare con libertà la corruzione,
l’illegalità, l’ingiustizia, l’immoralità, le guerre, il razzismo,
nella nostra Regione manifestato anche a livello politico e legislativo.
Così è avvenuto e continua ad avvenire in ogni parte
del mondo, con la drammatica conseguenza che il potere si sente in
questo modo legittimato, difeso, compiaciuto, incoraggiato e sostenuto.
Possiamo esemplificare con due situazioni:
L’insegnamento della religione
cattolica nella scuola
Sarebbe, a nostro avviso, importante che Stato e
Chiesa riconsiderassero l’ora di religione cattolica nella scuola. In
una società sempre più multietnica, multiculturale e plurireligiosa
l’insegnamento della religione dovrebbe essere concepito e proposto
come insegnamento del fenomeno religioso sotto tutti i suoi aspetti,
come conoscenza, obbligatoria per tutti, delle diverse religioni.
Risulterebbe conseguente che la scelta degli insegnanti e la loro
formazione dovrebbero seguire le modalità comuni a tutti gli altri, con
titoli di studio e abilitazioni professionali di competenza dello
Stato, senza la necessità di “idoneità” da parte di un’autorità
religiosa. Non quindi un’ora di religione cattolica che esclude e
separa, ma un’ora di insegnamento delle religioni che unisce e
arricchisce.
I Cappellani militari
Avvertiamo inoltre l’urgenza grave di ripensare la
presenza dei Cappellani militari nell’esercito, e la loro collocazione
come graduati con stipendio corrispondente e privilegi annessi e
connessi. Presenza sempre più discutibile in un esercito ora
professionale, ma che, al massimo, potrebbe avere un senso come
servizio di vicinanza umile e disinteressata alle persone, senza
assumere una funzione strutturale e gerarchica all’interno
dell’esercito. Rimane infatti aperta la grave questione del rapporto
fra il Vangelo e le armi e su questo, in modo particolare, la nostra
Chiesa dovrebbe dire una parola inequivocabilmente chiara, seguendo il
Vangelo della non violenza e della costruzione della pace.
La Chiesa dei
diversi ministeri e carismi
Nella Chiesa ci sono varietà di presenze, compiti,
ministeri.
Con evidenza vanno riconosciuti i diversi ruoli e
ministeri, tra essi anche quelli specifici
del magistero e dei teologi. Il primo svolge il servizio di custodire e
annunciare la fede, di testimoniarla con fedeltà e coerenza, attento
costantemente al “sensus fidei” del popolo. È importante anche il
compito dei teologi che devono favorire l’approfondimento delle grandi
questioni nel rapporto tra fede, ragione e storia; è tanto più
significativo tale compito quanto più la riflessione parte dalla
realtà, non quando si svolge solo in modo teorico; quando è libero
nell’approfondimento e nella proposta. La teologia della liberazione
resta un esempio eloquente.
Avvertiamo con particolare urgenza la necessità di
privilegiare la testimonianza e la coerenza rispetto all’ortodossia e
alla disciplina: sempre e prima di tutto obbedienti al Vangelo.
Alla richiesta di una maggiore democrazia nella
Chiesa, si risponde solitamente che la Chiesa è molto di più della
democrazia, è comunione. In realtà, per esserlo, la Chiesa dovrebbe
promuovere partecipazione e corresponsabilità.
Di fatto la rinuncia alla prassi democratica nel
confronto, nelle decisioni, nelle scelte e nell’obbedienza, riduce e
spesso vanifica la comunione; essa infatti, non può essere invocata per
coprire la mancanza di democrazia.
Riteniamo che si debba aprire un dialogo sereno su
quelli che vengono chiamati, ormai in maniera sempre più stanca e
rituale, “valori non negoziabili”: famiglia, matrimonio, concepimento,
conclusione della vita...
Siamo convinti che tali problemi sempre più in grado
di coinvolgere profondamente la coscienza e la sensibilità delle
persone non debbano mai diventare oggetto di trattativa
ideologico-politica. Non si dovrà certo percorrere la strada del
relativismo etico, bensì riaffermare l’opzione etica di fondo, che
accoglie le sofferenze e le speranze di tutti, che si lascia provocare
dalla complessità della vita, con il fine costante di contribuire
all’accoglienza, al sostegno, all’incoraggiamento, alla serenità e al
bene delle persone.
Crediamo la Chiesa come luogo del perdono, dedita a
prendersi cura delle situazioni di difficoltà, fragilità, smarrimento,
in cui ogni servizio all’uomo possa essere riconosciuto come servizio
evangelico. Tra essi c’è anche il ministero sacerdotale che riteniamo
possa essere svolto - con pari dignità - da uomini celibi e sposati e
da donne prete; la riconsiderazione della legge del celibato potrà
finalmente affermare la libertà e con una speciale attenzione valutare
positivamente la disponibilità al servizio dei preti sposati che, per
l’attuale disciplina, sono stati costretti a lasciare il ministero.
Crediamo si debba ripensare il ruolo della donna, simile e
complementare a quello dell’uomo, anche riguardo
ai ministeri ordinati. Per quanto riguarda questa questione siamo
convinti che non sussistano motivi biblici e teologici decisivi di
contrarietà; del resto non si tratterebbe di una scontata
rivendicazione di parità dei diritti, ma molto più profondamente, di
coinvolgere la ricchezza e la diversità di genere, liberando così la
Chiesa da un maschilismo di fatto che ha conseguenze non di poco conto
nelle decisioni dottrinali ed etiche.
Riteniamo che nell’ambito della riflessione sui
ministeri sia necessario considerare con particolare attenzione le
dimensioni dell’affettività, dell’amore, della sessualità, anche
attraverso la convocazione di un Sinodo mondiale e allo stesso tempo di
incontri nelle comunità parrocchiali e nelle Diocesi, per ricostruire
una vera e propria teologia dell’affettività e della sessualità,
esaminando serenamente alla luce del Vangelo, e con il contributo delle
donne e degli uomini di scienza e di esperienza, le diverse situazioni
e implicanze. Questa riflessione induce a chiedere perdono a tutte le
vittime della pedofilia, per la violenza e le sofferenze inflitte, per
i silenzi e le coperture; e ancora alle persone omosessuali per
l’esclusione nei loro confronti.
Una Chiesa
povera
Riteniamo che la Chiesa debba farsi carico con
maggiore limpidezza e credibilità, di una più autentica e forte
testimonianza del Vangelo riguardo al denaro, ai beni, alle strutture,
e in genere allo stile di vita.
Crediamo la Chiesa povera, umile, sobria,
essenziale, libera da ogni avidità riguardo al possesso dei beni.
Ricordiamo che proprio Gesù di Nazareth ci ha consegnato il vero
modello di povertà evangelica quando “da ricco che era si fece povero
per arricchirci con la sua povertà” (2Cor.8,9). La Chiesa utilizzi
quindi sempre con trasparenza il denaro, i beni, le strutture, rendendo
conto pubblicamente di tutto. Sia sempre chiaro il fine a servizio
delle comunità e della promozione della persona con una reale opzione
dei poveri vicini e solo geograficamente lontani. Non ci si preoccupi,
quindi, di diventare più ricchi per aiutare di più, ma ci sia l’impegno
ad imparare, sull’esempio di Cristo, a stare accanto ai più piccoli
anche con la propria povertà. La Chiesa quindi, paghi doverosamente le
tasse riguardo a quei beni che non sono in modo chiaro ed evidente
finalizzati alla solidarietà, alla promozione culturale, al bene comune.
Le donne e gli uomini che osano chiamarsi cristiani,
vivano in modo dignitoso, semplice e sobrio, senza accumulare e
ostentare, a cominciare dal Papa, dai vescovi, dai preti, dagli ordini
religiosi maschili e femminili.
Siamo convinti che la Chiesa debba scegliere una
volta per sempre di liberarsi dai ridicoli titoli nobiliari e onorifici
quali
Sua Santità. Eminenza,
Eccellenza, Monsignore, Reverendo..., perché a questo ci
richiama espressamente il Vangelo oltre che il buon senso.
Anche a chi svolge perciò i doverosi compiti di
guida e di responsabilità ci si possa, quindi, rivolgere in modo
semplice, fraterno, filiale.
Riteniamo anche che la Chiesa debba fare uno sforzo
decisivo per liberarsi dai vestiti e paludamenti clericali che
appartengono ad altri tempi e mentalità. Essi tendono a sottolineare
distanze e dipendenze di cui non troviamo traccia nel Vangelo.
Crediamo la Chiesa dell’accoglienza, delle porte
aperte, senza pregiudizio o giudizio, tanto meno rifiuto: prima
l’accoglienza, l’ascolto, la comprensione, l’attenzione poi il dialogo,
il confronto, il sostegno. Crediamo la Chiesa, che accompagna negli
interrogativi e nella ricerca di risposte, che sa ascoltare e imparare
prima di esprimersi ed insegnare.
Crediamo la Chiesa che si apre all’incontro, al dialogo, alla
conoscenza, alla preghiera, e condivide, con donne e uomini di altre
fedi religiose, con tutte le donne e tutti gli uomini di buona volontà,
la responsabilità per la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato.
Ricordiamo che “la regola d’oro” “
Fai agli altri ciò che vuoi gli altri
facciano a te”, è egualmente presente, solo con qualche piccola
varietà verbale, in tutte le più grandi tradizioni religiose
dell’umanità.
Una Chiesa che
può ispirare l’impegno politico, ma mai compromessa con il potere
In questo periodo la Chiesa Italiana ripropone un
rinnovato impegno politico dei cattolici e ribadisce che la fede non
può essere rinchiusa in una dimensione individuale, privatistica.
Riteniamo che si debba particolarmente avvertire questa urgenza
nell’attuale momento storico. Nella crisi epocale in corso, che sempre
più vede l’aumento endemico delle disuguaglianze, lo scandalo della
fame con il crescente numero di poveri, l’insostenibilità dell’attuale
modello di sviluppo con ricorrenti crisi finanziarie di vaste
proporzioni, conflitti tra culture, religioni e identità diverse, la
Chiesa è impegnata a richiamare i cristiani alla loro responsabilità di
collaborare alla gestazione di un mondo più giusto e fraterno. Una
Chiesa che tace o rimane insensibile di fronte alle tragedie del mondo
contemporaneo è distante anni luce dall’eredità di Gesù e dal suo
annuncio di liberazione. Sono quindi doverose la riflessione e la
proposta continua di una società e di un mondo riconoscibili per la
giustizia, l’uguaglianza, i diritti umani uguali per tutti; e questo
nella nostra società e nell’intero pianeta sempre più interdipendente.
La crisi attuale è etica e culturale, ancor prima che economica.
Ribadiamo l’importanza della laicità della politica.
Se è vero che le donne e gli uomini credenti devono
cercare nella loro fede ispirazione e forza per dare il proprio
contributo alla costruzione della società degli uomini, è anche vero
che tale contributo non può prescindere da un confronto anche
dialettico che tenga realisticamente conto del possibile più che di
salvaguardare affermazioni di principio.
Nell’aula dei Consigli di rappresentanza (comunali,
provinciali, regionali, nazionali o sovranazionali), nel partecipare ad
una commissione, nel preparare una legge, nel votare una scelta,
ciascuno esprimerà il suo patrimonio spirituale ed etico. Non servono
dichiarazioni preventive facendone un blocco di ideologia religiosa o
specularmente laicista, Non è pensabile quindi un partito di cattolici.
Essi si esprimano nella laicità della politica e delle istituzioni. Ci
si chiede: le persone impegnate in politica e che si dichiarano
cattoliche partecipano a una comunità, alla celebrazione
dell’eucarestia? Da dove traggono l’ispirazione?
La Chiesa
dell’accoglienza, della condivisione e della festa
Crediamo la Chiesa che vive la liturgia, la
celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti con intensità e
semplicità, in modo responsabile, partecipato e diretto, celebrando per
vivere l’incontro fra noi e Dio, fra storia e trascendenza, fra
concretezza e mistero, fra spiritualità e materialità, fra memoria,
presente e futuro: fra il già e il non ancora. Sentiamo disagio per le
liturgie contrassegnate dal protagonismo del clero, a cui il popolo
assiste con distacco.
Crediamo la liturgia che celebra la benevolenza di
Dio e la nostra vita che a Lui si ricollega nelle esperienze più
diverse: la nascita, la morte, l’amore, il lavoro, le scelte più
importanti, il dolore, la speranza.
Se l’accoglienza è decisiva, come crediamo, per la
nostra testimonianza di fede, ci permettiamo di indicare una
possibilità: che ogni comunità cristiana accolga una persona, o una
famiglia, con particolare attenzione a chi vive nel territorio: la
disponibilità di una stanza o un appartamento per l’accoglienza di un
italiano o di uno straniero, di un malato o di un ex carcerato... e
questo come comunità.
Emergono spesso dal nostro profondo le parole di
Bonhoeffer, grande teologo martire del nazismo: “Viene un tempo nel
quale ci restano due scelte: pregare e operare per la giustizia”.
Una Chiesa che preghi e operi per la giustizia. Da
qui ripartiamo e qui ritorniamo.
Sottoscrivono i preti:
Pierluigi Di Piazza (Udine); Franco
Saccavini (Udine); Mario Vatta (Trieste); Giacomo Tolot (Pordenone);
Piergiorgio Rigolo (Pordenone); Alberto De Nadai (Gorizia); Andrea
Bellavite (Gorizia); Luigi Fontanot (Gorizia); Albino Bizzotto
(Padova); Antonio Santini (Vicenza)
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