Avevamo appena annunciato che a
seguito della lettera partita dal Centro Balducci a nome della Rete
Diritti di Cittadinanza FVG, l'UNAR aveva annunciato il suo impegno a
seguire la segnalazione di profili di illegittimità costituzionale
della legge regionale sul welfare, che è arrivata la notizia che il
Governo Monti ha ritenuto d’impugnare la legge regionale del
Friuli Venezia Giulia.
Non erano bastate tutte le denunce della
Rete Diritti di Cittadinanza FVG, dell’
ASGI e di diverse associazioni
ed enti locali, né le
diverse sentenze di
vari giudici, né la
Sentenza della Corte
costituzionale 26-28 maggio 2010, n. 187, e neppure la
procedura di
infrazione del diritto UE e la precedente impugnativa
da parte del Governo Berlusconi.
La notizia è stata commentata anche dal
Messaggero Veneto. Nell’
articolo del 29
gennaio, è riportata la posizione scomposta del capogruppo
della Lega, che invece di prendere atto, ha riferito che “l’impugnativa
è una vergogna”.
I motivi dell'impugnativa
La legge regionale in esame, recante "Disposizioni di modifica
della normativa regionale in materia di accesso alle prestazioni
sociali e personali",
presenta
profili d'illegittimità costituzionale con riferimento all'art.
2, all'art. 3, all'art. 5, all'art. 6, comma 1, all'art. 7, all'art. 8,
comma 2, e all'art. 9.
Più in particolare: 1) l'art. 2, che sostituisce il comma 6 dell'art. 9
della legge regionale n. 9 del 2008 (assestamento di bilancio 2008),
riconosce contributi economici straordinari in relazione a temporanee
situazioni di emergenza individuali o familiari a favore dei soggetti
di seguito indicati, a condizione che risiedano in territorio regionale
da almeno ventiquattro mesi: a) cittadini italiani, b) cittadini di
Stati appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in
Italia e loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 6 febbraio
2007, n. 30, c) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti
di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007 n. 3,
d) titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione
sussidiaria ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;
2) l'art. 3, che sostituisce l'art. 8-bis della l. r. n. 11 del 2006,
prevede l'attribuzione di assegni una tantum, a sostegno della natalità
e delle adozioni di minori, a favore dei nuclei familiari in cui almeno
uno dei genitori risieda nel territorio regionale da ventiquattro mesi
e che appartenga ad una delle categorie di soggetti indicati sub 1); 3)
l'art. 5, che sostituisce l'art. 12-bis della legge regionale n. 11 del
2006, prevede che gli interventi finanziari a favore delle famiglie e
della genitorialità di cui agli art. 8-bis, 8-ter, 9, 10 e 11 della
medesima l. r. n. 11 del 2006 - recanti rispettivamente interventi a
sostegno delle nascite, soluzioni abitative per nuove famiglie,
sostegno alla funzione educativa, istituzione della Carta Famiglia -
sono attuati a favore dei nuclei familiari in cui almeno uno dei
genitori risieda nel territorio regionale da almeno ventiquattro mesi e
che appartenga ad una delle categorie di soggetti indicati sub 1); 3)
l'art. 6, comma 1, che sostituisce il comma 1.1. dell'art. 12 della
legge regionale n. 6 del 7 marzo 2003 (recante il riordino degli
interventi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica),
stabilisce che possono essere destinatari degli interventi di edilizia
convenzionata, agevolata e di sostegno alle locazioni, purché residenti
da almeno ventiquattro mesi in territorio regionale, i seguenti
soggetti: a) cittadini italiani, b) cittadini di Stati appartenenti
all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia, e loro
familiari, ai sensi del decreto legislativo 30/2007, c) titolari di
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del
decreto legislativo n. 3/2007; 4) l'art. 7, che sostituisce l'art. 18
ante della legge regionale n. 6 del 2003 (recante disposizioni per
l'edilizia sovvenzionata), prevede che possano essere destinatari di
assegnazione di alloggi di edilizia sovvenzionata, a condizione di
essere residenti da almeno ventiquattro mesi in territorio regionale, i
seguenti soggetti: a) cittadini italiani, b) cittadini di Stati
appartenenti all'Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia , e
loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 30/2007, c) titolari
di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi
del decreto legislativo n. 3/2007; 5) l'art. 8, comma 2, che aggiunge
il comma 1-bis dopo il comma 1 dell'art. 2 della legge regionale n. 14
del 2 aprile 1991 (recante norme integrative in materia di diritto allo
studio) prevede che possano accedere agli interventi regionali in
materia di diritto allo studio gli alunni nel cui nucleo familiare
almeno uno dei genitori risieda nel territorio regionale da almeno
ventiquattro mesi e che appartenga ad una delle categorie di soggetti
indicati sub 1); 6) l'art. 9 dispone che gli interventi previsti dalle
norme regionali che sono state modificate dagli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7
e 8 della legge in esame siano attuati anche in favore dei soggetti di
cui all'art. 41 del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico delle
disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero), vale a dire nei confronti degli stranieri
titolari della carta di soggiorno o di permesso non inferiore ad un
anno, nonché dei minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel
loro permesso di soggiorno, a condizione che tali soggetti siano
residenti da non meno di cinque anni in territorio nazionale e almeno
da ventiquattro mesi in territorio regionale. Gli artt. 2, 3, 5, 6,
comma 1, 7 e 8, comma 2, che consentono l'accesso alle provvidenze
sociali ai soggetti che risiedono nel territorio regionale almeno da
ventiquattro mesi e l'art. 9 che, con riferimento ai cittadini
extracomunitari, titolari di permesso di soggiorno di durata non
inferiore ad un anno, subordina tali provvidenze all'ulteriore
requisito della residenza nel territorio nazionale da cinque anni,
introducono inequivocabilmente una preclusione destinata a
discriminare, tra i fruitori delle provvidenze sociali fornite dalla
Regione, i cittadini che non abbiano la residenza temporalmente
protratta richiesta da tali articoli, nonché a discriminare gli
extracomunitari di cui all'art. 9 dagli altri beneficiari.
Tali disposizioni eccedono dalla competenza legislativa integrativa in
materia di "assistenza sociale" attribuita alla regione Friuli Venezia
Giulia dall'art. 6, n. 2), dello Statuto speciale della Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia (l. cost. n. 1 del 1963), nonché dalla
più ampia competenza residuale in materia di servizi sociali
riconosciuta alle regioni ordinarie dall'art. 117, quarto comma, Cost.,
da estendersi al Friuli Venezia Giulia in base alla clausola di
equiparazione di cui all'art. 12 della l. cost. n. 3 del 2001. Inoltre,
la previsione di cui all'art. 9 non è in linea con l'art. 41 del d.lgs.
n. 286 del 1998 e con l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre
2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), che, ai fini della
fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di
assistenza sociale, equiparano ai cittadini italiani gli stranieri
titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata
non inferiore ad un anno. Pertanto le previsioni regionali in esame,
che subordinano l'attribuzione delle prestazioni assistenziali de
quibus al possesso, da parte di chi risulti soggiornare legalmente nel
territorio dello Stato, anche del particolare e ulteriore requisito
della residenza sul territorio regionale per un periodo minimo di due
anni, e, per gli extracomunitari di cui all'art. 9 di ulteriori cinque
anni sul territorio nazionale, comporta l' esclusione assoluta di
intere categorie di persone fondata sulla mancanza di una residenza
temporalmente protratta, nonché su una ulteriore discriminazione tra
gli stessi extracomunitari.
Tale previsione
viola il principio di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., in quanto - analogamente
all'art. 4 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 6 del
2006 (come modificato dall'art. 9, commi 51, 52, e 53 della l.r. n. 24
del 2009) recentemente giudicato incostituzionale dalla Consulta con la
sentenza n. 40 del 2011 - introduce nel tessuto normativo un elemento
di distinzione arbitrario, non essendovi alcuna ragionevole
correlabilità tra la condizione positiva di ammissibilità al beneficio
(quale la residenza protratta negli anni) e gli altri particolari
requisiti (consistenti in situazioni di bisogno e di disagio riferibili
direttamente alla persona in quanto tale) che costituiscono il
presupposto di fruibilità di una provvidenza sociale che, per la sua
stessa natura, non tollera distinzioni basate su particolari tipologie
di residenza in grado di escludere proprio coloro che risultano i
soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che un
siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare
perseguendo una finalità eminentemente sociale.
Nella citata sentenza n. 40 del 2011 la Corte Costituzionale, infatti,
conclude affermando che "tali discriminazioni contrastano con la
funzione e la ratio normativa stessa delle misure che compongono il
complesso e articolato sistema di prestazioni individuato dal
legislatore regionale nell'esercizio della propria competenza in
materia di servizi sociali, in violazione del limite di ragionevolezza
imposto dal rispetto del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.)".
Con particolare riferimento all'attribuzione delle prestazioni
assistenziali alle persone straniere regolarmente soggiornanti sul
territorio nazionale la Corte Costituzionale ha inoltre precisato, con
la sentenza n. 61 del 2011, che: «una volta che il diritto a
soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si
possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti,
particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della
persona, riconosciuti invece ai cittadini» ed ha inoltre aggiunto circa
l' individuazione delle condizioni per la fruizione delle prestazioni
che : "la asserita necessità di uno specifico titolo di soggiorno per
fruire dei servizi sociali rappresenta una condizione restrittiva che,
in tutta evidenza, si porrebbe (dal punto di vista applicativo) in
senso diametralmente opposto a quello indicato da questa Corte, i cui
ripetuti interventi (n. d. r. sentenze n. 187 del 2010 e n. 306 del
2008) sono venuti ad assumere incidenza generale ed immanente nel
sistema di attribuzione delle relative provvidenze". Per tali motivi si
ritiene che le disposizioni regionali indicate debbano essere impugnate
dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127, Cost.