Dopo la condanna da parte della Corte
di Giustizia dell’Unione Europea, anche il Tar Lazio riapre una delle
pagine nere del nostro paese in materia di immigrazione.
Nella recente sentenza 4518/2012 viene confermata l’illegittimità
della
circolare n. 1305 del
1 aprile 2011 emanata dall’ex ministro dell’interno, Roberto
Maroni.
Con tale circolare il Ministero dell’Interno limitava solo ad alcune
ONG l’ingresso nei centri per immigrati così motivando “
in considerazione del massiccio afflusso
di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare
le attività loro rivolte, l’accesso alle strutture presenti su tutto il
territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007,
è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti
organizzazioni: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
(UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), Croce
Rossa Italiana (CRI), Amnesty International, Medici Senza Frontiere,
Save The Children, Caritas, nonché a tutte le Associazioni che hanno in
corso con il Ministero dell’Interno progetti in fase di realizzazione
nelle strutture di accoglienza, finanziati con i Fondi nazionali ed
europei”.
A partire dai primi giorni di aprile, quindi, le prefetture hanno
negato l’accesso a tutti gli altri soggetti non espressamente
menzionati nella circolare e tale divieto è stato esteso non solo ai
C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione) come quello di Roma
Ponte Galeria, ma anche ad alcuni C.A.R.A. (Centri di Accoglienza per
Richiedenti Asilo) come il centro Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto a
Crotone, il centro di Salina Grande di Trapani e il centro di Brindisi.
Anche deputati e senatori sono stati tenuti fuori dai centri, almeno in
un primo momento: solo dopo diversi interventi in Parlamento è stata
ripristinata la possibilità nei confronti di individui singoli di avere
accesso sia ai Centri di identificazione ed espulsione sia ai Centri di
Assistenza per i Rifugiati. Tuttavia, tale possibilità veniva concessa
solamente a coloro che ricoprivano la carica di parlamentari europei,
deputati e senatori della Repubblica e consiglieri regionali, con
incomprensibile ed illegittima esclusione del mondo della stampa.
Il ritorno alla “normalità”, nella pendenza del giudizio promosso
dinanzi al Tar Lazio, è stato di fatto reso possibile in virtù delle
nuove disposizioni impartite dalla Ministra Cancellieri.
Infatti, a seguito dell’interrogazione parlamentare presentata dagli
on. Turco e Bressa il 13 dicembre 2011 e la risposta del
Sottosegretario di Stato, Saverio Ruperto, il neo ministro
dell’Interno, Annamaria Cancellieri, con una direttiva indirizzata a
tutti i prefetti ha permesso ai rappresentanti degli organi di
informazione di accedere ai Cie e ai Cara.
Tre, fondamentalmente, sono motivi sui quali i ricorrenti hanno fondato
il ricorso promosso contro il Ministero dell’Interno deducendo
l’illegittimità della circolare impugnata:
1) VIOLAZIONE DI LEGGE – ART. 21 COST. – ART. 10 DELLA CONVENZIONE
EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI UMANI E DELLE LIBERTA’
FONDAMENTALI – ART. 11 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE
EUROPEA – MANCATA APPLICAZIONE
La circolare impugnata preclude in modo assoluto e indiscriminato
l’accesso ai centri immigrati da parte dei giornalisti, ai quali viene
così impedito l’esercizio della propria professione. Il divieto di cui
trattasi si traduce, dunque, in una grave forma di ingerenza
nell’esercizio del diritto di cronaca e di informazione del pubblico su
questione di carattere generale, che impedisce ai giornalisti di
assolvere alla loro fondamentale funzione di controllo sull’operato dei
pubblici poteri. Tale ingerenza è priva di base legale sia dal punto di
vista dello scopo legittimo sia dal punto di vista della
proporzionalità. Il generico riferimento ad una presunta situazione di
emergenza non è certamente sufficiente a giustificare un divieto
assoluto di ingresso ai giornalisti, non sottoposto a limitazioni
temporali, specialmente considerando che l’accesso viene consentito
senza limitazioni ad altri soggetti pubblici e privati.
2) ECCESSO DI POTERE (ART. 21 OCTIES LEGGE 241/1990) – CARENZA ASSOLUTA
DI MOTIVAZIONE – DIFETTO DI ISTRUTTORIA
Viene addotta un’emergenza presunta in modo assoluto, destinata a
valere, quale causa ostativa all’ingresso, “nei confronti di soggetti
specificamente menzionati nella circolare a prescindere dalle
circostanze in cui l’accesso è richiesto”, e l’accesso è vietato in
modo indiscriminato ad alcuni soggetti, prescindendo da qualsiasi
valutazione in merito alla situazione concretamente esistente
all’interno del centro. “Se la motivazione del diniego di accesso fosse
realmente da ricollegarsi alla … finalità di non arrecare intralcio
alle attività prestate a favore degli immigrati nei centri, ai
giornalisti dovrebbe essere consentito di accedere in condizioni di
tempo o con modalità tali da impedire qualsiasi ostacolo all’autorità
presenti all’interno dei centri”. Non sono state comunque avviate
indagini “al fine di valutare la sussistenza di una reale ed imperativa
esigenza di escludere categoricamente l’accesso ai centri immigrati da
parte dei giornalisti, né tantomeno sono state prese in considerazione
possibili soluzioni alternative”. “A ciò si aggiunga che la circolare
non si preoccupa neppure di circoscrivere la durata temporale del
divieto”.
3) ECCESSO DI POTERE SOTTO ALTRI PROFILI: IN PARTICOLARE RELATIVAMENTE
AL CARATTERE DISCRIMINATORIO DEL DIVIETO DI ACCESSO; CONTRADDITTORIATA’
– ILLOGICITA’ MANIFESTA
Il disposto della circolare determina una disparità di trattamento
priva di qualsiasi giustificazione. I criteri impiegati per
l’individuazione dei soggetti cui l’accesso è consentito in via
esclusiva sono assolutamente arbitrari e, comunque, il consenso
all’accesso “a tutte le associazioni che hanno in corso con il
Ministero dell’Interno progetti in fase di realizzazione nelle
strutture di accoglienza … tradisce in modo evidente l’inesistenza di
situazione di emergenza tale da comportare la sospensione generalizzata
degli accessi ai centri”.
Nel caso di specie, sono emerse numerose e gravi criticità non solo in
relazione al rispetto dei diritti di informazione (espressamente
tutelati dall‘art. 21 della Costituzione), sui quali sono stati
chiamati a pronunciarsi i giudici del Tar Lazio, ma anche con
riferimento alle difficoltà frapposte agli avvocati per un tempestivo
accesso nei centri di detenzione amministrativa che hanno di fatto
vanificato l’esercizio dei diritti di difesa (sanciti dagli artt. 24 e
113 Costituzione) degli immigrati irregolari, sottoposti alle procedure
di allontanamento forzato, e dei richiedenti asilo. Infatti, la
blindatura forzata dei centri ha reso più difficile, e ai limiti
dell’impossibile, la nomina di un avvocato di fiducia.
Sul punto, il commento del Prof. Fulvio Vassallo Paleologo
dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, docente di Diritto
di asilo all’Università di Palermo, offre lo spunto per riflettere su
ulteriori aspetti, direttamente connessi alla circolare in questione, e
sui quali i giudici del Tar non si sono pronunciati: “
Per quanto riguarda i Cara, è illegittimo
vietare l’accesso ai giornalisti. I centri di accoglienza non sono
chiusi, i richiedenti asilo possono uscire e allora non si capisce
perchè non possono entrare i giornalisti. Il fatto che la circolare
richiami congiuntamente i centri di accoglienza e quelli di
identificazione e di espulsione, conferma la trasformazione in atto
delle strutture di accoglienza in centri di detenzione. L’aspetto più
grave svelato dal divieto d’accesso per la stampa è proprio questa
assimilazione tra Cara e Cie, che al contrario sono strutture
giuridicamente diverse. Nei Cara infatti sono ospitati i richiedenti
asilo in attesa che la commissione territoriale competente esamini la
loro domanda di protezione internazionale”.
Se da una parte era, dunque, evidente l’ostacolo all’esercizio della
professione giornalistica rappresentato dalla circolare ministeriale
“tanto più ove si tenga conto che ogni soggetto abilitato alla stessa
deve essere ritenuto libero di determinarsi come meglio crede nella
scelta delle materie di cui interessarsi, delle modalità di
acquisizione delle informazioni e degli articoli da predisporre e
pubblicare, pur sempre nel rispetto delle libertà altrui”, dall’altra,
nulla è, invece, emerso in relazione al diritto di difesa degli
immigrati che è stato notevolmente compromesso, se non addirittura
cancellato.
Per il Tar Lazio, “
la stampa – la
quale ricomprende anche il “diritto di cronaca” – costituisce, dunque,
espressione di una libertà costituzionalmente garantita e riconosciuta
anche a livello internazionale, ossia della libertà di manifestazione
del pensiero, la cui funzione sociale viene costantemente affermata,
ravvisandola nel potere-dovere del giornalista di portare a conoscenza
dell’opinione pubblica fatti, notizie e vicende interessanti la vita
associata, in modo che il pubblico, esattamente informato, abbia la
possibilità di orientarsi e di formarsi una propria opinione sugli
avvenimenti e sulle persone”.
“
La libertà di stampa –
osservano ancora i giudici –
svolge
un ruolo fondamentale nel dibattito democratico, tale da non sopportare
l’introduzione di limiti atti a restringerla, dovendo convenirsi con la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo allorchè
questa ha affermato che i giornali sono i così detti “cani da guardia”
(watch dog) della democrazia e delle istituzioni, anche giudiziarie,
risultando pacifico l’enorme interesse della comunità nazionale per la
corretta e puntuale esplicazione di ogni attività pubblica, onde
critica e cronaca giornalistica volte a tenere o a ricondurre le
pubbliche istituzioni nell’alveo loro proprio vanno non solo
giustificate, ma anche propiziate”.
In particolare, nel caso in esame, la circolare impugnata è risultata “
idonea ad interferire negativamente sul
pieno esercizio della libertà di stampa”, anche se le
limitazioni dalla stessa illegittimamente imposte abbiano inciso in
termini diretti non tanto sulla libertà di esternazione delle notizie
quanto piuttosto sulla corretta acquisizione di queste ultime, a
scapito del risultato finale e della corretta e piena informazione del
pubblico.
Qui il testo
integrale della sentenza del Tar Lazio n. 4518 del 18/05/2012