DAL SITO DI LIBERA
La corruzione nel nostro Paese è un cancro le cui metastasi si sono
allargate in modo generalizzato. Invasivo. Silenzioso. Difficile da
debellare. Che uccide moralmente e fisicamente. Una Tangentopoli
infinita, che cambia aspetto e si rigenera anno dopo anno. Che non
scava soltanto voragini nei bilanci pubblici ma genera un pericoloso
deficit di democrazia e devasta l'ambiente in cui viviamo. La
corruzione è a livelli mastodontici e può crescere ancora, se non si
contrasta in modo netto, senza mediazioni, con volontà politica
concreta , al di là delle parole. Ma se il costo diretto della
corruzione, stimato all'incirca in 60 miliardi di euro, è un fardello
pesante per i disastrati bilanci dello Stato, ancora più allarmanti
sono i danni politici, sociali e ambientali: la delegittimazione delle
istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto
morale della classe dirigente, l'affermarsi di meccanismi di selezione
che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche,
politiche, burocratiche, il dilagare dell'ecomafia, attraverso fenomeni
come i traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento, che si
alimentano quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta
"zona grigia", fatta di colletti bianchi, tecnici compiacenti, politici
corrotti.
La corruzione ci ruba il futuro, in tutti i sensi. Una mega tassa
occulta che impoverisce il paese sul piano economico, politico,
culturale e ambientale. Un male che comporta rischi per la credibilità
della nostra economia, per la tenuta della nostra immagine all'estero,
per gli investimenti nel nostro Paese. E che crea disuguaglianze,
massacra le politiche sociali, avvelena l'ambiente, tiene in ostaggio
la democrazia.
La corruzione costa ma non tutti pagano allo stesso modo. A farne le
spese sono le fasce deboli, i poveri, gli umili, le cooperative sociali
che chiudono, gli enti che sono costretti a tagliare sull'assistenza,
sulle mense scolastiche e non ce la fanno ad andare avanti. Un cancro
che mina quotidianamente il rapporto di fiducia tra cittadini ed
istituzioni, alimentando un clima diffuso di sospetto. Quando il
pagamento delle tangenti diventa prassi comune per ottenere licenze e
permessi, e la risorsa pubblica è risucchiata nei soliti giri di
potere, ciò che viene sacrificato sull'altare dei furbetti di turno è
soprattutto la credibilità dello Stato. Con un doppio rischio: da un
alto un'illegalità sdoganata in virtù della sua diffusione, in un clima
di generale rassegnazione; dall'altro gli appesantimenti burocratici,
la ridondanza di controlli, leggi e leggine che diventano una sorta di
persecuzione dello Stato sui cittadini onesti, messo in atto nel
tentativo di colpire chi viola le regole.
Quale speranza, quale spinta può avere un Paese, se i suoi abitanti
sono convinti che solo nelle ruberie si nasconda la chiave del successo
e che la legalità sia un inutile "fardello"? Quella che emerge oggi, in
definitiva, non è tanto una corruzione liquida o gelatinosa, come
l'hanno definita commentatori e inquirenti per contrapporla a quella
del passato, strutturata intorno all'obolo coatto versato dalle imprese
ai partiti. È infatti una corruzione ancora "solidamente" regolata,
dove però a seconda dei contesti il ruolo di garante del rispetto delle
"regole del gioco" è ricoperto da attori diversi: l'alto dirigente
oppure il faccendiere ben introdotto, il "boss dell'ente pubblico" o
l'imprenditore dai contatti trasversali, il capofamiglia mafioso o il
leader politico a capo di costose macchine clientelari. Collocandosi al
centro delle nuove reti di corruzione, questi soggetti riescono ad
assicurare che tutto fili liscio, favoriscono l'assorbimento dei
dissidi interni e creano le condizioni per l'impermeabilità del sistema
della corruzione ad intrusioni esterne.
La "nuova" corruzione presenta poi un altro elemento chiave di
continuità rispetto a quella svelata all'inizio degli anni Novanta. È
ancora una corruzione sistemica, nella quale le condotte, gli stili, le
movenze degli attori coinvolti appaiono incardinati entro copioni
prefissati, seguono regole codificate. Appaiono tuttora in vigore -
proprio come nelle storie svelate da Mani pulite - norme di
comportamento che facilitano l'identificazione di partner affidabili,
emarginano o castigano onesti e dissenzienti, socializzano i nuovi
entrati, scongiurano pericolose controversie, abbattono i rischi. Come
mostrano le conversazioni tra i soggetti coinvolti nelle inchieste, chi
partecipa al gioco della corruzione sistemica sa bene a quali
interlocutori rivolgersi e la loro attendibilità, quali codici
linguistici utilizzare, le percentuali da pagare, i parametri di
spartizione delle tangenti o i criteri di rotazione seguiti da imprese
o partiti cartellizzati.
Per combattere e vincere questo cancro invasivo bisogna partire dai
numeri. Oscuri, inquietanti, drammatici.
Don Ciotti ''Severino
ce l'ha messa tutta, in gioco la democrazia'' - Il video su YOUTUBE
Il dossier
"Corruzione, le cifre della tassa occulta che impoverisce e inquina il
paese (pdf zippato - 683,75 kb)