Care amiche e cari amici,
ancora una volta, in prossimità del Natale, desideriamo ritessere il
dialogo con voi, per condividere tristezze e angosce, gioie e speranze,
più che mai convinti che “nulla vi è di genuinamente umano che non
trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo” (Gaudium et spes, 1).
Questa decima lettera, quindi, per continuare a rifettere con voi sul
senso della nostra esperienza di fede, chiamata a tradursi in
testimonianza d’amore. Dieci appuntamenti a cui siamo stati fedeli nel
corso degli anni. Per noi è stata l’occasione di parlare del nostro
amore alla Chiesa, popolo di Dio, voluta dal Maestro di Nazaret.
Per chi ci ha letto e ci leggerà, l’opportunità di rifettere su
pensieri e idee che attraversano le nostre e le vostre menti per
scendere poi nei cuori e farne una vera e propria passione.
Siamo un piccolo gruppo di preti. Impegnati in parrocchia, in carcere,
sulla strada, nell’accoglienza dei poveri e degli stranieri, per la
giustizia e la pace, nell’ascolto di fratelli e sorelle. Non
presunzione ma passione, quindi, ci ha stimolato a continuare anche
quando il dubbio, la perplessità e la fatica ci avrebbero sconsigliato
di scrivere e di comunicare. L’idea di incontrare il pensiero di
molti, approvazione e dissenso, per poi dibattere e persistere
nel cercare la verità, ci hanno fatto immaginare anno dopo anno la
lettera di Natale.
Un tempo doloroso e
complesso.
Condividiamo con tutti voi la complessità della situazione storica
presente.
La crisi economica, causata da una finanza autoreferenziale e senza
etica, provoca ricadute drammatiche sulla vita delle persone e delle
famiglie.
Decine di migliaia sono i licenziamenti dal lavoro e manca ogni
prospettiva per il futuro dei giovani in particolare. La crisi
coinvolge tutta l’umanità, a partire dagli impoveriti e affamati che da
sempre vivono questa condizione. La causa è strutturale ed esige
un’altra visione del mondo, un’economia di giustizia e di uguaglianza
reali, una nuova regola di vita.
Ventitré paesi d’Europa hanno aderito, uniti, e in modo
significativo, alle manifestazioni di mercoledì 14 novembre nella quale
sono stati evidenziati i costi perversi del mondo della finanza
dichiarati come accessori per far parte della “civiltà mondiale”: il
superamento e lo svuotamento delle forme di democrazia come le abbiamo
fino ad ora sperimentate; l’irrisione del significato sociale del lavoro;
l’impoverimento radicale di popoli e individui in nome del primato del
mercato.
Ci uniamo a queste proteste, considerando anche come i tagli operati
nel nostro Paese non abbiano riguardato denaro e immobili dei ricchi né
i cacciabombardieri F 35, ma scuola, sanità e welfare, fasce di
popolazione già deboli e in difficoltà.
L’attuale crisi viene da lontano e si intensifica: spaesamento rispetto
a dimensioni etiche condivise; diffuse forme di individualismo e di
materialismo esasperati; minore appartenenza e partecipazione alla casa
comune; illegalità e corruzione: ogni anno 60 miliardi di euro di
corruzione e 120 di evasione fiscale, quindi 180 miliardi di euro
sottratti al bene comune; crisi della politica; chiusura
autoreferenziale delle religioni in nicchie sacrali separate dalla
storia, compresa la Chiesa a cui con convinzione e consapevolezza
critica apparteniamo come preti.
Esprimiamo la nostra convinta partecipazione al movimento che si
estende in tutta Europa per una riforma urgente e significativa della
Chiesa.
Ci sentiamo uniti a quanti, sacerdoti e laici, donne e uomini
dell’Austria e della Svizzera tedesca, movimenti ugualmente
presenti in Germania, Belgio, Olanda, Francia e Italia, operano
per una Chiesa dal volto evangelicamente più umano e con insistenza
chiedono un dialogo aperto e sincero su alcune questioni fondamentali
anche a partire dal Concilio ecumenico Vaticano II: una Chiesa capace
di dialogare con le religioni, le culture, soprattutto con i drammi di
questa nostra umanità, disponibile a condividere l’Eucarestia con tutti
i battezzati e i fratelli riformati, impegnata a ritrovare una
comunione reale con i divorziati e risposati, attenta a valutare
presenza e partecipazione nella comunità ecclesiale di omosessuali,
eterosessuali, trans-sessuali, capace di interrogarsi responsabilmente
sul sacerdozio alle donne, sul celibato dei preti, sull’ordinazione di
uomini sposati.
Una nuova umanità
Quotidianamente condividiamo con tante persone un interrogativo alla
cui risposta siamo chiamati non in modo teorico, bensì relazionale e
con scelte di vita: qual è il nostro progetto di umanità?
Un’umanità nella quale sia affermata e rispettata la dignità di ogni
persona, qualsiasi sia la sua condizione e situazione; nella quale sia
dichiarata e praticata la giustizia; uguale per tutti; la libertà e la
verità siano ricercate e attuate; la pace sia vissuta ed esigita,
reclamando con forza la progressiva e riscontrabile riduzione delle
armi e delle guerre; nella quale l’accoglienza di ogni altro, con
attenzione a chi fa fatica, all'immigrato, al carcerato, al sofferente
psichico, a tante situazioni nascoste, diventi vissuto quotidiano; la
solidarietà non copra l’ingiustizia e l’emarginazione; la gratuità
diventi l’anima dell’agire oltre il dare e il ricevere; la spiritualità
sia dimensione della profondità dell’animo per attraversare ogni
situazione della storia.
Avvertiamo oggi la necessità e l’urgenza di ridare verità a queste
parole, proprio perché spesso vengono rubate, manipolate, inquinate
quando la giustizia viene pronunciata con solennità da chi spesso
la calpesta; le dichiarazioni di pace coprono azioni di guerra; la
libertà e la verità troppo spesso diventano individualismo, omertà,
impunità, menzogna; l’accoglienza è selezionata, emarginata e reclusa;
la solidarietà diventa gesto occasionale e assistenziale; la gratuità è
avvertita come idealismo ingenuo e perdita di efficienza; la
spiritualità come spiritualismo che fugge dalla responsabilità della
storia. Desideriamo condividere con tutti, uomini e donne, la
pretesa di attribuire a queste straordinarie parole la verità della
vita e della storia delle persone; di smascherare e denunciare il loro
uso strumentale e inaccettabile.
Sono le scelte e la coerenza della vita a riempire di significato
autentico le parole.
Fragilità e grandezza del
nostro essere donne e uomini
Nella nostra vita di preti, ma anche dall'incontro con le storie di
tante donne e tanti uomini, sperimentiamo l’ambivalenza
dell’essere umano.
E’ certamente importante riflettere sul rapporto fra persona e ambiente
familiare, sociale, culturale, politico, religioso; sugli insegnamenti
e sui condizionamenti, in relazione alla libertà personale.
Costruire un’umanità più umana, significa assumere tutta l’umanità nei
suoi diversi aspetti, senza fideismi e senza parentesi, senza sconti e
omissioni, senza la presunzione di essere gli unici a praticare la
carità (come, in forma gravemente antievangelica, afferma uno spot
televisivo: “Se non noi chi?... nessuno”).
A questo proposito, così ci insegna il Concilio Vaticano II: “Tuttavia
la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall'autorità civile anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi
diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso
potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove
circostanze esigessero altre disposizioni”(Gaudium et Spes 76).
La crisi della politica
Che la politica sia indispensabile lo si avverte maggiormente proprio
ora.
Una delle situazioni più preoccupanti, però, è la crisi della
politica che riguarda i contenuti, la rappresentatività, i
metodi.
Noi continuiamo a credere con don Lorenzo Milani che la politica “è
l’arte di uscire insieme dai problemi, perché tutto il resto è egoismo”
e con papa Paolo VI che “la politica è la più alta espressione della
carità”.
La crisi è culturale ed etica e si concretizza in un apparato di
privilegi separato dalla società; in modalità, linguaggio e
comportamenti troppo spesso offensivi della dignità, del lavoro, delle
fatiche, dell’onestà dei cittadini.
Siamo a conoscenza di tante donne e di tanti uomini impegnati in
politica in modo cosciente e disponibile, vero servizio ai cittadini.
Il più delle volte la loro esemplarità viene oscurata da corruzione e
illegalità che senza indugi e attenuazioni, andrebbero sempre e
prontamente denunciate. Stiamo entrando in un periodo di elezioni a
livello nazionale e regionale. Siamo convinti dell’urgenza di un
profondo rinnovamento della politica, a cominciare da una legge
elettorale che esprima e non mortifichi la democrazia e la libertà di
scelta; che concentri nel programma elettorale le questioni decisive
per la vita delle persone: istruzione, scuola, formazione, ricerca,
cultura; salute; lavoro; attenzione alle persone più deboli, più
fragili; attenzione del tutto particolare ai giovani, al loro presente
e al loro futuro.
Per quanto riguarda i candidati pensiamo a persone, donne e uomini
appassionate, esperte o comunque disponibili ad impegnarsi per
imparare; in rapporto con le storie delle persone e delle comunità;
disinteressate, oneste, trasparenti, motivate dal servizio al bene
comune. Dove si collocano i cattolici in politica, proprio a partire dall'insegnamento del Concilio Vaticano II a cinquant'anni dal suo
inizio?
Siamo convinti che non ci possono essere confessionalismi né di
centro destra, né di centro sinistra: la laicità della politica è
dimensione sempre da salvaguardare.
Chi si ispira al Vangelo e partecipa alla comunità cristiana porterà
nella politica tale ricchezza interiore, senza farla diventare partito
e schieramento, trasferendola come patrimonio nella intelligente
e alta mediazione legislativa, mentre assume come criterio sempre e
comunque i poveri, i sofferenti, gli emarginati.
Ci pare doveroso evidenziare la pretesa impropria di una parte politica
che afferma di rappresentare e di difendere i valori cattolici (ad
esempio, i cosiddetti valori non negoziabili) con l’approvazione della
gerarchia della Chiesa, mentre manifesta convinzioni, atteggiamenti,
comportamenti riguardo al neoliberismo, ai privilegi, alla guerra, all'immigrazione, contrastanti il messaggio del Vangelo con evidenze di
corruzione e immoralità.
Le vere ricchezze della
Chiesa
Viviamo nella Chiesa come parte del popolo di Dio in cammino nella
storia, come preti e ne avvertiamo ricchezze e tribolazioni,
coerenze, fragilità e paure. A cinquant'anni dall'inizio del
Concilio Vaticano II rileviamo la presenza di persone e comunità che
vivono con autenticità il riferimento al Vangelo di Gesù e il tentativo
di attuarlo in modo coerente nella vita e nella storia.
Constatiamo anche un diffuso conformismo religioso; una gerarchia
timorosa che ripete esortazioni senza incarnarsi e assumere la storia;
che riafferma in modo automatico che solo la fede può portare salvezza
ad una umanità ammalata, senza approfondire quale fede, in quale Dio,
in quale Gesù; senza chiedersi come si presenti la Chiesa nell'annunciare il Vangelo dell’Uomo di Nazareth.
Anche il recente Sinodo mondiale dei vescovi ha rivelato una scarsa
incisività dei contenuti.
Pure nelle nostre diocesi si avverte distanza fra i vissuti di tante
donne e di tanti uomini, giovani e anziani, impegnati nelle comunità
parrocchiali, e i momenti istituzionali della Chiesa.
Ancora una volta desideriamo condividere la fede umile che, credendo,
continua a ricercare profondità e autenticità nel Dio umanissimo di
Gesù di Nazareth che, sentiamo, può essere riferimento per tante donne e
uomini del nostro tempo, proprio perché ci insegna a vivere e amare,
soffrire e morire nel modo più umano possibile.
Desideriamo condividere con voi l’esperienza della Chiesa
dell’accoglienza di ogni persona; che non consideri nessun valore
“non negoziabile”, proprio perché reputa fondamentale ascoltare, e
quindi dialogare con le persone sulle loro storie di vita; l’esperienza
di una Chiesa povera e abitata dai poveri, liberata dall'abbraccio mortale con il potere economico, politico, militare,
mediatico. Di una simile Chiesa c’è bisogno in ogni momento della
storia.
Guardando avanti
Condividiamo una speranza che si nutra della Parola profetica del
Vangelo; della testimonianza coerente di tante donne e di tanti uomini
nella società, nelle istituzioni, nelle religioni a livello locale e su
tutto il Pianeta; del patrimonio dei profeti e dei martiri.
Senza attenuare la complessità e la crisi attuali, riteniamo
fondamentale nutrire il progetto di un’umanità veramente umana e
trovare il senso stesso della vita nella dedizione e nell'impegno per
attuarlo nella storia. Libertà, responsabilità, bene comune sono
dimensioni costitutive e imprescindibili insieme alla fedeltà, alla
coerenza e alla perseveranza. La povertà è espressione di un affidamento
radicale a Dio e si manifesta come sobrietà, essenzialità, condivisione, è
atteggiamento interiore e pratica da riscoprire e da vivere nelle
scelte personali e familiari, comunitarie e sociali, politiche ed
ecclesiali.Ci pare di scorgere in noi preti frmatari e in tante persone
l’esigenza profonda, irrinunciabile di un risveglio culturale ed etico,
politico e spirituale per una nuova visione del mondo. Anche nella
complessità e nella crisi individuiamo i segni che ci incoraggiano. Non
arrendiamoci dunque, ma disponiamoci a rendere ragione con la vita
della speranza che è in noi per un mondo nuovo e una Chiesa del
Vangelo.
Condividere questa speranza è sentirsi parte dello stesso progetto e
del medesimo cammino.
Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini
(Udine);
Mario Vatta (Trieste);
Giacomo Tolot, Renzo De Ros,
Piergiorgio Rigolo (Pordenone);
Luigi Fontanot, Alberto De Nadai,
Andrea Bellavite (Gorizia);
Antonio Santini (Vicenza);
Albino Bizzotto (Padova)