Aviano TARGET
In provincia di Pordenone ben 50
atomiche
Il cambio di rotta di Barack Obama
Nella foto la partenza della 17^ Via
Crucis Pordenone-Base USAF Aviano
Il Pentagono investirà 11 miliardi di dollari per adeguare 200 atomiche
Usa stoccate in Europa e in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi) ai
caccia F35. C'è chi dice no, ma è scontro legale, tra falsità e
silenzi. Una sola certezza: i «nostri» siti sono bersagli automatici.
L'articolo di denuncia pubblicato dal manifesto il 23 aprile scorso su
una intera pagina, sul voltafaccia atomico del presidente statunitense
Barack Obama che, invece di smantellarle ha deciso con il Pentagono di
investire 11 miliardi di dollari per «adeguare» ai cacciabombardieri
F35 le 200 testate atomiche depositate sul territorio europeo (ben 70
sono in Italia, 50 ad Aviano e 20 a Ghedi), ci dà l'occasione per
chiarire alcune questioni giuridiche relative alla presenza delle armi
nucleari in Italia e non solo.
Nel 2005 alcuni cittadini italiani che vivono nella vicinanza di
Aviano, hanno citato in giudizio il Ministro della difesa americano e
il comandante della base di Aviano chiedendo al tribunale di obbligarli
a rimuovere le armi nucleari dal suolo italiano in quanto la loro
presenza è da ritenersi illecita in base all'art. 484 c.p. in
connessione con la Legge n. 185 del 9/7/ 1995.
L'accordo segreto del 24 maggio 1961 mediante il quale è stata regolata
la venuta e la permanenza delle le armi atomiche in Italia, infatti,
non ha potuto abrogare il principio che all'interno della base
americana valgono le leggi italiane.
I giudici italiani - cioè le Sezioni unite della Corte di Cassazione,
con la decisione del 2 Dicembre 2008 pubblicata in data 25 Febbraio
2008 - hanno però, negato al giudice di Pordenone il potere di decidere
sulla causa (difetto di giurisdizione) dichiarando applicabile l'ex
art. 10 della Costituzione Italiana, il principio di diritto
internazionale generalmente riconosciuto.
La sentenza della Corte di Cassazione è stata motivata sulla scia della
decisione del caso Cermis del 2000, della quale riportiamo uno
stralcio, in cui è stata negata ai membri di un sindacato di Trento una
richiesta contro i voli di addestramento a bassa quota dopo l'incidente
che ha causato la morte di 22 persone che viaggiavano su una funivia.
Tale sentenza è stata, però, fondata su una falsa traduzione del testo
dell'articolo VIII § 9 dello Statuto della Truppe della Nato del 1951
che definisce l'obbligo dello stato ospite (Stati Uniti) all'interno
del territorio italiano di comparire dinanzi ad un tribunale civile
italiano . La falsa traduzione del testo originale inglese proveniva
dal governo elvetico.
Con lettera del 6 dicembre 2009 il governo svizzero si è scusato per
l'errore della traduzione, indicando il sito governativo ove da quel
momento si trova il corretto contenuto in lingua italiana dell'articolo
VIII § 9 dello statuto delle truppe dell'Alleanza atlantica. Dove si
legge: «Salvo alle condizioni previste al paragrafo 5 lettera g del
presente articolo, lo Stato d'invio, per quanto concerne la
giurisdizione civile dei tribunali dello Stato ricevente, non può
avvalersi dell'immunità della giurisdizione dei tribunali dello stato
ricevente a favore dei membri di una forza armata o di un elemento
civile». La precedente traduzione riportata nella sentenza
semplicemente non conteneva il «non».
Si aggiunga a ciò che l'articolo 7 della Convenzione delle Nazioni
unite del 2004 sulla immunità degli Stati, stabilisce il principio
secondo il quale un giudici nazionale è competente a decidere in una
causa civile se una tale competenza giurisdizionale risulta da un atto
internazionale come per esempio lo statuto delle truppe della Nato. Con
la legge n. 5 del 29 gennaio 2013 l'Italia ha aderito a tale
convenzione.
Il pericolo che deriva dalla presenza dalle armi nucleari in Italia,
secondo l'opinione degli scriventi, oltre che dall'inquinamento
provocato principalmente da materiali necessari per la loro
manutenzione, consiste nel fatto che il deposito nucleare di Aviano è
esposto ad una programmazione automatica della difesa della Federazione
Russa e, forse, oggi anche di altri paesi.
Per fare un esempio, è davvero opportuno ricordare come nel febbraio
2013 è stata consegnato al Signor Petrov, ex maggiore della Armata
rossa, il premio per la pace della Città di Dresda perché in data 26
Settembre 1983 si è rifiutato di eseguire l'ordine di far partire il
massiccio contrattacco nucleare avverso le basi nucleari europee della
Nato, incluse quelle italiane. L'ordine era partito automaticamente
dopo l'allarme di un presunto attacco nucleare degli Stati
dell'Alleanza atlantica. Insomma, la presenza delle armi nucleari in
Europa oltre che essere illegale, rappresenta un pericolo per tutta la
popolazione.
L'opinione delle cancellerie europee che la presenza delle armi
nucleari rappresenta una questione di discrezionalità politica deve
essere, quindi, considerata una pubblica istigazione a delinquere.
Il 5 Marzo si sono incontrati ad Oslo i rappresentanti di circa 60
Stati e 130 organizzazioni della società civile che nel documento
finale hanno invitato tutti gli Stati a firmare il divieto generale
delle armi nucleari e a rispettare il diritto internazionale, incluso
il Trattato di Non Proliferazione che sancisce l'obbligo di procedere
ad un disarmo nucleare «at an eary day».
L'incontro successivo avrà luogo entro quest'anno a Città del Messico
su invito del governo della Repubblica messicana.
L'invito è diretto anche al governo italiano, se ancora sussiste.
JOACHIM LAU, CLAUDIO GIANGIACOMO - avvocati (e pacifisti)
Tratto da
IL MANIFESTO ON LINE