Iraq.
L'acqua non è un'arma
Dal sito Osservatorio IRAQ
Le organizzazioni irachene e internazionali della Campagna Save the
Tigris denunciano il possibile uso dell'acqua e delle dighe come arma
di guerra e chiedono a tutte le parti in conflitto e alla comunità
internazionale di garantire ai civili all'accesso all'acqua.
Mentre il Parlamento Iracheno si riunisce oggi per eleggere il
Presidente del Parlamento e i suoi vice, secondo le quote settarie che
guidano oramai la politica irachena, crescono le preoccupazioni per le
implicazioni della guerra sulla vita dei civili. Amnesty International
e Human Rights Watch hanno documentato in queste settimane uccisioni
sommarie e rapimenti di civili sia da parte dell'ISIS sia da parte
delle forze governative. In questa spirale crescente di violenza, la
campagna di organizzazioni irachene e internazionali "Save the Tigris"
ha diffuso un comunicato di denuncia sull'uso dell'acqua e delle dighe
come arma di guerra. Ecco il testo del comunicato:
L'ACQUA E LE SUE INFRASTRUTTURE NON
SONO UN'ARMA DI GUERRA. PROTEGGERE IL DIRITTO DEI CIVILI ALL'ACQUA IN
IRAQ.
La Campagna Save the Tigris teme che le parti coinvolte nel conflitto
in corso in Siria e in Iraq possano usare l'acqua e le sue
infrastrutture come un'arma di guerra. Nelle ultime settimane, sono
state riferite notizie a proposito del fatto che le parti in conflitto,
sia legate al governo che agli insorti, potrebbero indicare le
infrastrutture idriche come possibili bersagli militari, nel tentativo
di assumere il controllo dei rifornimenti idrici in Iraq. Gli insorti
controllano ora alcuni tratti dei corsi superiori dei fiumi Tigri ed
Eufrate in Iraq.
Chiunque controlli le installazioni
idriche nel nord del paese, siano esse dighe, impianti di
desalinizzazione o di depurazione delle acque, è in grado di
condizionare il rifornimento idrico di Baghdad e del sud del paese. Se
ci fosse una diminuzione – o un taglio netto – dei rifornimenti idrici
nel sud, si creerebbe una gravissima crisi sanitaria ed igienica.
L'acqua del Tigri e dell'Eufrate è condivisa tra Turchia, Siria e Iraq.
Negli ultimi anni, la Turchia ha assunto il controllo dell'acqua che
scorre in Siria e Iraq attraverso un sistema di grandi dighe – senza
negoziati con i governi dei due paesi a valle. Tutto ciò ha prodotto
una penuria d'acqua, specialmente per gli iracheni. La popolazione di
tutto l'Iraq, compreso il Kurdistan, è completamente dipendente dalle
due dighe nel nord dell'Iraq. Questi due impianti sono i maggiori
fornitori di energia idroelettrica in Iraq.
L'area attorno alla diga di Haditha (Eufrate) è al momento al centro di
una offensiva degli insorti, mentre la diga di Mosul (Tigri), appena 45
miglia fuori dalla città di Mosul, è oggi sul fronte dei combattimenti.
Entrambe le dighe potrebbero essere usate per condizionare l'accesso
all'acqua potabile a quella usata per l'irrigazione. L'elettricità
prodotta dalle due dighe, da cui dipende l'intero paese, è anche a
rischio.
Se ci fosse un cedimento di una delle
dighe, tutt'altro che impensabile vista la durezza dei combattimenti,
vaste aree potrebbero essere inondate, compresi quartieri della città
di Mosul e di altre città.
Negli ultimi mesi, le zone tra Baghdad e Fallujah, come il distretto di
Abu Ghraib, hanno subito inondazioni dopo che gli insorti hanno preso
il controllo della diga di Fallujah, un piccolo impianto vicino
Baghdad. Questo ha anche creato problemi di rifornimento idrico nelle
città a sud di Baghdad.
Più di recente, gli insorti hanno
tagliato i rifornimenti idrici che da Mosul arrivano alle città della
piana di Ninive. Le enclaves dove vivono le minoranze, come Qaraqosh
(40 mila abitanti), sono state lasciate senz'acqua e senza elettricità
per alimentare le pompe dei pozzi locali.
Dunque, gli iracheni vivono adesso con la concreta paura di tagli alle
forniture idriche e di inondazioni.
La Campagna si oppone all'uso deliberato dell'acqua come mezzo per
assumere il controllo delle città. Queste azioni violano le leggi
umanitarie internazionali. L'accesso all'acqua è un diritto umano
fondamentale che non deve essere usato come arma. La Campagna ritiene
anche che debba essere evitato ad ogni costo che i siti del patrimonio
culturale iracheno sulle rive dei fiumi possano diventare bersagli del
conflitto. Durante la guerra tra Iraq e Iran negli anni '80, alcune
zone delle paludi furono prosciugate e l'impatto negativo di questa
azione si sente ancora oggi.
Chiediamo dunque a tutte le parti in
conflitto di rispettare e proteggere i siti del patrimonio culturale ed
ambientale dell'Iraq.
La Campagna Save the Tigris chiede a tutte le parti in conflitto di:
Astenersi dall'usare l'acqua e
le infrastrutture idriche come arma di guerra.
Garantire a tutte le persone in
Iraq un accesso sicuro all'acqua
La Campagna Save the Tigris chiede alle autorità irachene (centrali e
Kurde) e siriane di:
Proteggere le infrastrutture idriche
nei propri territori, attraverso un dialogo diretto e aperto con le
comunità locali e gli attori locali nelle zone di conflitto.
Rispettare l'obbligo di garantire i
diritti umani elementari, compresa l'acqua, a tutti i civili senza
restrizioni o discriminazioni nelle aree di conflitto.
Proteggere tutti i siti del patrimonio
culturale ed ambientale sulle rive del Tigri e dell'Eufrate.
La Campagna Save the Tigris chiede al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e
alla Comunità internazionale di:
Rispettare le proprie responsabilità
stabilite dalla Carta dell'Onu per proteggere la pace internazionale
convocando un forum internazionale per discutere tutte le minacce
relative alla situazione idrica in Iraq e Siria, coinvolgendo gli
attori regionali e il governo turco.
Chiedere conto a qualsiasi parte
in conflitto che si renda responsabile di danni alle infrastrutture
idriche che possano contribuire alla crisi umanitaria innescata
dall'uso dell'acqua come risorsa militare.
La Campagna chiede anche alle comunità locali, alle organizzazioni
nazionali e internazionali e agli attivisti di monitorare le condizioni
dei fiumi e delle infrastrutture idriche irachene, per fornire un
sistema di allarme tempestivo, in caso di problemi, e documentare ogni
danno o possibile crimine di guerra.
Per informazioni:
icssi.project@gmail.com