#IostoconEmra
Emra Gasi è stato liberato
L’appello di Melting Pot Europa per la liberazione
di Emra ha fatto il giro d’Italia in pochissime ore. Intanto l’Avv.
Uljana Gazidede non ha smesso di battagliare perché ogni giornata
trascorsa dal ragazzo all’interno del CIE di Bari fosse l’ultima.
L’udienza per il ricorso contro il provvedimento di espulsione è stata
fissata per il 22 dicembre a Venezia. Ma intanto a Bari qualcosa è
successo.
Il legale del di Emra ha inoltrato l’istanza per il riconoscimento
dello status di apolide mentre, dopo numerosi pressioni, alla luce
della copiosa documentazione presentata alla Questura di Bari, è stata
disposta una perizia medica sul ragazzo. Si tratta degli stessi
documenti che il Gdp, in sede di convalida, aveva ritenuto irrilevanti.
Ma secondo il giudice il trattenimento di Emra e la sua espulsione
erano legittimi. Il ragazzo sarebbe dovuto essere "rimpatriato" in un
paese mai conosciuto.
Nella mattinata di oggi (sabato 6 dicembre) la notizia della
"liberazione". Emra non si trova in condizione di sopportare la
detenzione in un CIE e quindi va messo fine al suo trattenimento.
Questo il risultato della perizia medica.
Ma non solo. Emra ha diritto di rimanere in Italia in attesa del
riconscimento dello status di apolide e gli verrà quindi rilasciato un
permesso di soggiorno.
L’ultimo passaggio, che ormai suona come una formalità, è quello che
avverrà proprio il 22 dicembre davanti al Giudice di Venezia, per la
revoca dell’ espulsione. L’art 13, co 2bis, parla chiaro: nell’adottare
il provvedimento devono essere presi in considerazione la natura dei
vincoli familiari dell’interessato (Emra ha qui tutta la sua famiglia),
la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale (Emra è qui da
tutta la vita) nonché, l’ esistenza di legami familiari, culturali o
sociali con il suo Paese d’origine (che è l’Italia perché Emra non ha
mai visto la Serbia). Emra insomma è inespellibile.
La storia di Emra
Erano i primi anni ’90 quando i genitori di Emra, cittadini "jugoslavi"
lasciavano il loro paese a causa della guerra nei Balcani, per
rifugiarsi in Italia. Ed è poco dopo il loro arrivo, nel 1992, a
Secondigliano (NA), dove avevano stabilito la residenza, che nasceva
Emra. Poi la famiglia intera, si trasferì in uno dei campi profughi di
Mestre, dove, grazie al lavoro della Cooperativa Caracol e del Comune
di Venezia, impegnati in un progetto di superamento della "forma
campo", vennero guidati nell’acquisizione di una abitazione, così come
altre quattrocento persone.
Stabilitainsieme alla sua famiglia la residenza a San Donà di Piave nel
2000, Emra venne così iscritto nella "carta di soggiorno" del padre.
Ma è quattro anni fa, con il compimento della maggiore età, che la vita
di Emra, come accade ad altre migliaia di giovani nati qui, ha dovuto
fare i conti con la spietata normativa italiana.
Suo padre muore, lui non è cittadino jugoslavo (serbo), ma per l’Italia
non esiste. Perché nonostante i certificati di nascita e gli attestati
di iscrizione anagrafica che testimoniano una vita intera passata in
Italia, per le autorità italiane è straniero, "entrato irregolarmente"
e per questo dovrebbe essere espulso in un paese che non ha neppure mai
visto. Nel 2011, divenuto maggiorenne, Emra chiede infatti il rilascio
di un permesso di soggiorno. La Questura tace e dopo ben due anni
rigetta l’istanza. Così il Prefetto emette nel 2013 un primo
provvedimento di espulsione. Emra non se ne va ed anzi, chiede alla
rappresentanza consolare serba di verificare se risulta cittadino. La
risposta del consolato è negativa. Ma nonostante questo la Prefettura
di Venezia emette un nuovo provvedimento di espulsione seguito da un
ordine di trattenimento del Questore.
Ed è così che Emra, il 25 novembre, finisce al CIE di Bari Palese.
Ma oggi è libero.
Per noi si tratta di una enorme soddisfazione, una battaglia vinta
dall’Avv. Uljana Gazidede (che collabora con Melting Pot Europa) e da
tutti quelli che in dieci giorni di detenzione hanno sostenuto Emra, il
nostro appello, il grido di dolore della famiglia, e non hanno smesso
di denunciare quanto stava accadendo.
Ora, mentre Emra Gasi si appresta ad abbracciare la sua famiglia ed i
suoi amici, non rimane che aprire una doverosa riflessione su quanto
accaduto.
Perché esistono centinaia di Emra Gasi in questo paese.
Migliaia di storie di vita costrette a sopportare leggi ingiuste e
feroci. Migliaia di persone che, troppo spesso, proprio grazie
all’arbitrarietà di queste leggi, sono costrette a subire prassi
illegittime che si spingono oltre quelle stesse norme già
abbondantemente restrittive.
E’ il caso dei tanti provvedimenti di espulsione e trattenimenti
illegittimi, di respingimenti alla frontiera arbitrari e collettivi,
che ancora, nonostante la chiusura di otto CIE su tredici, centinaia di
persone sono costretti a subire.
E’ ciò che accade ogni volta che uno "straniero" si trova a confronto
con l’amministrazione, quando deve rinnovare un permesso di soggiorno o
accedere ad una prestazione sociale, quando deve ricongiungersi ad un
familiare, o vedersi riconosciuuto un diritto fondamentale.
E’ ciò che accade a migliaia di ragazzi nella condizione di Emra,
costretti ancora a sentirsi stranieri nel paese in cui sono nati e
cresciuti perché il dibattito intorno al riconoscimento della
cittadinanza ai nati in Italia si è arenato in una palude di larghe
intese ed opportunismi politici.
Mettere fine alla brutalità dei CIE, ai ricatti della legge Bossi-Fini
ed alle ingiustizie della normativa sulla cittadinanza, non sono più
questioni rinviabili.
Per il futuro dei tanti Emra Gasi di questo paese e per quello di tutti
noi.