La
banca dell’acqua è pronta
di Paolo Cacciari*
Per una famiglia impoverita dalla crisi possono essere troppe anche le
350 euro all’anno della bolletta dell’acqua. A tanto ammonta, ad
esempio, il costo medio del “servizio idrico integrato” nella provincia
di Cremona gestito dalla Padania Acque spa, interamente pubblica. Per
contro, l’accesso all’acqua è un diritto universale riconosciuto anche
da una sudatissima risoluzione delle Nazioni Unite, ottenuta grazie
alle mobilitazioni del Contratto mondiale sull’acqua. Ma la
legislazione italiana, nonostante il referendum del 2011 non recepisce,
se non in minima parte, tali principi.
Secondo la Legge di stabilità i gestori del servizio idrico sono tenuti
solo a “garantire agli utenti domestici a basso reddito l’accesso a
condizioni agevolate alla quantità d’acqua necessaria per il
soddisfacimento dei bisogni fondamentali”. Da qui l’idea del presidente
di Padania Acque Alessandro Lanfranchi, sostenuto da un nutrito gruppo
di associazioni dei consumatori, del volontariato, di sindacati e di
enti di assistenza, di creare una “banca dell’acqua” (ispirata ai
principi delle banche del tempo) gestita da una fondazione Onlus, non
profit, indipendente e autonoma, capace di scambiare “crediti di litri
d’acqua” con lavori volontari in servizi utili alla collettività. Una
forma di mutuo soccorso a favore delle fasce deboli di utenza, ma non
caritatevole, ispirata alle innovative visioni del welfare rigenerativo
e di prossimità.
Concretamente, dal gennaio prossimo, l’azienda che fornisce l’acqua ai
115 comuni della provincia di Cremona conferirà alla istituenda
“Fondazione la banca dell’acqua” centomila euro del fondo di rotazione
creato con la perequazione tariffaria per sopperire alle “morosità
incolpevoli” (l’1,20 per cento delle utenze). Altri finanziamenti
arriveranno dalle Aziende speciali e consortili che gestiscono i
servizi sociali. Altri dai bandi regionali. Con queste risorse la
Fondazione potrà varare progetti di lavori socialmente utili
convenzionati con le associazioni del volontariato, i comuni e
quant’altri. Già si pensa ad implementare i servizi di accompagnamento
degli anziani, la manutenzione delle aree verdi, i piccoli lavori negli
edifici scolastici. Le esigenze non mancano certo.
Un esperimento che potrebbe estendersi a molti altri servizi pubblici
locali e diventare un modello di fiscalità locale alternativa valida
per tutti, non solo per i più poveri. Prendersi cura direttamente dei
beni comuni (comprese le finanze pubbliche) trasforma i
contribuenti/utenti in cittadini attivi.
* Paolo Cacciari è autore di articoli e saggi sulla decrescita e sui
temi dei beni comuni., tra cui il nuovo
Vie di fuga
(Marotta&Cafiero) – un saggio splendido su crisi, beni comuni,
lavoro e democrazia nella prospettiva della decrescita.