Dell’altro e dello stare e vivere nella differenza
Dell’altro e dello stare e vivere nella differenza
Convegno
Centro Balducci, sabato 6 giugno, ore 9.00-13.00
Dell’altro e dello stare e vivere nella differenza
Convegno
Centro Balducci, sabato 6 giugno 2015, ore 9.00-13.00


Accogliere non è solo rispondere ad alcune esigenze primarie,
è incontrare l'altro con la sua storia, la sua cultura, la sua spiritualità.
E' entrare in relazione.
(Pierluigi Di Piazza)

In particolare e con questo convegno si vorrebbe porre l’attenzione su due questioni:
dell’altro e sulle rappresentazioni che tutti noi, più o meno consapevolmente e nel quotidiano, ci facciamo dell’Altro e sulle conseguenze educative (pensieri che passano all’azione) e culturali (quali conseguenze) che queste rappresentazioni comportano quando, e soprattutto in ambito educativo, incontriamo bambini, famiglie e colleghi. L’altro: il barbaro ieri, lo straniero oggi. L’extracomunitario, quelli del sud, quelli di là da l’aga e i …fuori porta. Molti modi per dare immagine all’Altro. Altro come possibile pericolo per la mia sicurezza, come possibile nemico da cui, preventivamente difendersi o, almeno, da tenere fuori dalla mia/nostra …serra.
La casa è uno spazio di abitazione, non è una metafora dell’anima […] Ci conviene continuare a blindarla? […] Se la chiudiamo, se ci affanniamo ogni giorno a rinforzare la porta, viviamo nell’angoscia dell’altro che potrà sopraggiungere in qualunque momento. Blindati, senza nessuna garanzia che i dispositivi di sicurezza funzionino davvero, ci bloccheremo nell’attesa angosciante dei “barbari”. E se poi venissero dall’interno, cioè da noi stessi? (Pier Aldo Rovatti)
L’incontro porrà l’accento sull’inquietudine, lo spaesamento e il riorientamento che l’Altro, poco simile a quella che riteniamo essere la nostra sicura identità, ci consegna sollecitandoci a cambiare sguardo su noi e il mondo. (F. Caggio)
In famiglia, al nido, a scuola tutto ciò prende, forse, un’altra deriva: l’Altro è quello che non sta alle regole, non acquisisce le competenze nei tempi di apprendimento stabilito; non vuole capire ciò che io voglio/si vuole da lui, che non si impegna; che sfida con la sua disubbidienza, è iperattivo, è svogliato, non presta attenzione, non esegue il compito, fa sempre ciò che non dovrebbe. In altro modo per gli educatori, gli insegnanti, i genitori diventa sempre più difficile “addomesticare l’altro” per farlo rientrare nella normalità del politicamente corretto cioè adeguato a ciò che io/noi conosco, approvo, ritengo giusto secondo il mio/nostro compito di educarlo, di insegnargli (non solo ai bambini ma anche a genitori e colleghi) ciò che un desiderio comune o un programma didattico-educativo-pedagogico “condiviso” stabilisce a prescindere dalle inclinazioni e condizioni di vita di ciascuno.
… dello stare e vivere tra le differenze cioè sull’accoglienza delle differenze che non possono (e non vorremmo almeno in questo convegno) essere ridotte al colore della pelle, ai luoghi e alle condizioni di nascita. Andando al di là di…, cioè trasgredendo, tutto ciò che si intende (nel senso comune) rispetto alla multiculturalità, all’integrazione (o si dovrebbe dire tentativi di assimilazione?) per uscire da questo rumore di sottofondo di ambigua tolleranza, accettazione, accoglienza… per parlare della differenza assoluta che concerne ciascuno e di quali possano essere le condizioni di libertà, affinché nella lingua dell’uguaglianza e nel dià-logos si pratichi l’uguaglianza delle condizioni.
Ospitalità. Parola multiuso, e anche ambigua se la stemperiamo troppo nelle sue declinazioni di accoglienza, integrazione, assimilazione. L’ospite […] l’arrivante sopraggiunge senza preavviso, ci sorprende. Se la porta è chiusa non ci saranno alcun arrivante e nessuna ospitalità. Perché l’ospite sia ospite, e dunque effettivamente un altro, la porta deve rimanere aperta, prima e dopo il suo arrivo. E, una volta arrivato non possiamo pretendere che faccia quello che gli diciamo di fare e che diventi in tutto qualcuno simile a noi. Ospiti in casa propria, così suona la legge dell’ospitalità. (Pier Aldo Rovatti) … delle nostre visioni del mondo e della visione del mondo che, sempre come adulti, trasmettiamo […] perché ciò che rappresenta l’etica e la politica dell’educazione della prima infanzia, rende necessaria una riflessione sulle nostre azioni quotidiane, i piccoli microinterventi da cui emerge la democrazia (M. Vandenbroeck).
Il compito critico dell'insegnante: evitare che il cavallo della democrazia diventi un ronzino bolso con tanto di paraocchi per seguire passivamente il tracciato e non uscire dal sentiero. [...] insegnando ai giovani a correre il rischio della democrazia, a individuare le gabbie, le molteplici gabbie allestite dai dispositivi di potere in cui viviamo. (Pier Aldo Rovatti)
…e quindi di quanto e come siamo capaci di fare posto all’inedito, al nuovo e al sorprendente che l’Altro, in qualsiasi veste si proponga, porta con sé; ovvero quanto l’Altro ci interroga sull’ordine delle cose, quelle interne a noi stessi e quelle che governano il nostro mondo. (Francesco Caggio)
Se quello che crea tanto disturbo è questa differenza che ci concerne occorre chiedersi come mai Dio, perché è lui la causa di questo disordine, continua a far si che gli uomini nascano differenti; continua a far si che non ci sia una cosa uguale all’altra. Includendo che se ne vanta ed escludendo che sia pazzo, occorre chiedersi se, per caso, non ci sia un disegno che va oltre le fantasie umane che vorrebbero salvaguardare le piccole diversità e cercano di normalizzare la differenza assoluta. (Padre R. Busa S.J.)


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