Lettera
aperta
Ai componenti del Consiglio Regionale
e della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia
Centro Balducci di Zugliano, 21 novembre 2015
Mi rivolgo a voi pubblicamente per esprimervi vissuti di preoccupazione
e di dolore, per sollecitare la vostra attenzione e auspicabilmente
decisioni operative immediate. Sento di esprimere i vissuti di tante
donne e uomini della nostra Regione Friuli Venezia Giulia. Nessuna
polemica e nessun protagonismo da parte mia, però, questo sì,
l’evidenza della verità e la insopportabilità etica della situazione
che ora vi sottopongo.
La notte del 3 gennaio di quest'anno, sollecitato dall’Associazione di
volontari “Ospiti in arrivo” in una notte gelida ho deciso un gesto di
semplice umanità di accogliere nel Centro Balducci 38 giovani afghani e
pakistani che sarebbero stati costretti a dormire all'addiaccio, in
qualche casa abbandonata, cercando riparo sotto qualche muro e con
qualche coperta fornita dalle persone volontarie. Un piccolo gesto
dentro all’ampiezza della situazione. Ho pensato che sarebbe stato
comunque preferibile per loro dormire per terra su imbottite e coperte,
al caldo piuttosto che in una condizione umanamente inaccettabile. Sono
rimasti, insieme agli altri 50 ospiti già presenti al Centro Balducci,
dodici giorni prima di una sistemazione in altri luoghi. Un piccolo
segno vissuto con la solidarietà e per nostra scelta, senza contributo
dalle istituzioni.
Due giorni dopo era già previsto un incontro in prefettura a Udine;
attorno al tavolo: Prefetto, Questore, Caritas, Croce Rossa, Nuovi
Cittadini. Ho espresso con rispetto alle persone e alle istituzioni, e
insieme con passione, la denuncia per la situazione inaccettabile di
persone che non trovano, pur essendo previsto dalla normativa, nessuna
accoglienza. Ho proposto: aprite alcune caserme! Ho ribadito
l'importanza di un’accoglienza sul territorio con la necessità di
prepararla con la diffusione di sensibilità e cultura e con il sostegno
operativo della Regione ai Comuni. Mi sono dichiarato disponibile,
naturalmente in piena gratuità, a percorrere il Friuli, come per altro
continuo a fare, non per insegnare bensì per condividere con umiltà,
sensibilità e prospettive attingendo anche all'esperienza di oltre 27
anni al Centro Balducci.
Mai nessuno delle istituzioni in seguito mi ha risposto. Ora, a fine
novembre di questo stesso anno 2015, dopo 11 mesi la situazione
incredibilmente è la stessa nonostante che il numero di profughi non
sia cambiato da allora in modo significativo. Questo è inaccettabile;
quindi è logica e immediata la deduzione che ‘qualcosa’ di decisivo non
funziona a livello strutturale nella nostra Regione riguardo
all'accoglienza. E vi chiedo: quando si parla dell'autonomia e della
specialità della nostra Regione le qualità fondamentali e principali
non dovrebbero essere l'umanità e l'etica, la dignità umana e i diritti
fondamentali di ogni persona in quanto esseri umani? In caso contrario
non si rischia l'autoreferenzialità in un mondo sempre più
interdipendente? Com’è possibile restare noncuranti quando qualche
centinaio di persone straniere e altre italiane non trovano accoglienza
in nessun luogo? E perché questa situazione permane da mesi e mesi? Se
non ci fossero state la disponibilità e la catena di solidarietà di
tante persone volontarie a Udine, a Gorizia, a Trieste, a Pordenone,
cosa sarebbe avvenuto?
Ma le istituzioni dove sono? A mio sentire e a sentire di molti voi
dovreste impegnarvi a realizzare
una situazione in cui nessun profugo e nessun italiano viene
abbandonato ed è costretto a vivere sulla strada. Ritengo che la nostra
Regione abbia le possibilità economiche, le qualità professionali, le
esperienze di accoglienza significative per realizzare subito quello
che questa situazione umana esige. La decisione è politica. Ci penso
continuamente specie quando viene la sera e io, come voi, posso
ritirarmi a dormire in un letto, al caldo. Il fenomeno dei profughi e
degli stranieri in generale esige analisi, riflessioni, progettualità
su cui troppo poco ci si confronta. La drammatica vicenda di Parigi
chiede prima e soprattutto coinvolgimento nel dolore; e la
partecipazione al dolore esige ed esprime profondità umana e attenzione
alle persone, memori dell'insegnamento straordinario che ci è venuto,
ad esempio, dai genitori di Valeria Solesin di Venezia e dal
giornalista francese Antoine Leiris che ha perso la moglie. E poi, con
questo dolore l'esigenza di approfondire, di capire, di agire
liberandosi dall'odio e dalla vendetta che portano altra violenza e
altre morti.
Nell'aula del Consiglio Regionale è stato collocato qualche anno fa un
crocefisso preteso, secondo me in modo strumentale, da alcune forze
politiche. Non so se qualcuno di voi alle volte lo guarda per trarne
ispirazione. Il Crocefisso richiama la storia di Gesù di Nazareth
ucciso dal potere, primo quello religioso, per il suo amore
incondizionato verso le persone, senza pregiudizi e discriminazioni. Ha
detto anche: “Ero forestiero e mi avete o non mi avete accolto”. Nelle
continue riflessioni chiedo a me stesso e a voi: come attuiamo la
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo; come la nostra
Costituzione, come la Convenzione di Ginevra? Come, per chi vi fa
riferimento, il Vangelo di Gesù di Nazareth dato che poi tutti, più o
meno strumentalmente dichiariamo le radici cristiane e la cultura
cattolica?
Spesso mi viene questa immagine: che noi stiamo stracciando i
riferimenti appena ricordati e poi gettiamo con un gesto di stizza i
loro frammenti addosso a queste persone sulle strade, nei parchi, nelle
case abbandonate, sulla riva dell'Isonzo. Non si tratta di opinioni
diverse dettate dall'appartenenza al centrodestra o al centrosinistra
(per il valore che ancora possono assumere questi riferimenti) ma si
tratta dell'etica laica fondamentale in cui tutte le donne e gli uomini
di buona volontà dovrebbero riconoscersi. Tante persone pensano che
questa situazione non può continuare e non deve continuare, disponibile
con tante altre persone a collaborare. Se voi volete, potete decidere
in una giornata: con l'intervento della Protezione Civile, con
l’apertura di qualche caserma la questione troverebbe subito una
risposta. Questo è il primo, doveroso intervento, non rinviabile. Il
progetto dell'accoglienza chiede poi altri passaggi e impegni.
Saluti.
don Pierluigi Di
Piazza