Monsignor
Romero martire per il popolo - I giorni ultimi nel racconto del diario
(Ed. La Meridiana)
Incontro
con Francesco Comina
Centro Balducci, martedì 13 settembre 2016 – ore 20.30
Incontro con Francesco
Comina, direttore del Centro della pace di Bolzano che dialoga
con Pierluigi Di
Piazza.
Introduce e modera l’incontro Rodaro Vittorino,
già direttore dell'Ufficio di Rappresentanza del Trentino Alto Adige a
Bruxelles.
Gesù muore ancora nel Salvador
degli anni Settanta fra le urla dei disperati. E il monsignore urla lo
scandalo mentre la città brucia. Dice, ammonisce, avverte, condanna.
Nella solitudine più totale. È così che Romero inizia un lungo,
profondo, travagliato dialogo con se stesso, fino al martirio." I
martiri sono germi di vita che disseminano speranza e rinsaldano i
cammini della fede. Rendono la terra feconda attraverso la forza delle
parole e il coraggio di una vita vissuta insieme con la Chiesa, popolo
di Dio. Le loro voci echeggiano per il continente latinoamericano e per
il mondo. Anche in Salvador, un Paese dove la violenza causò 70mila
morti, oltre a esiliati e perseguitati, emerse una voce che seppe
denunciare gli abusi ed esigere rispetto per la vita e la dignità di un
popolo, vittima della guerra civile e della dittatura militare. Quella
voce era di monsignor Oscar Arnulfo Romero, che si convertì e
abbracciò, come diceva San Paolo, il cammino della croce. Romero subì
le incomprensioni di una Chiesa che si rifiutava di prestare ascolto
alle sue richieste e alle sue denunce. Posizioni ideologiche e
informazioni fuorvianti su ciò che stava effettivamente accadendo in
Salvador produssero una distanza tra lui e il Vaticano. Era cosciente
delle minacce di cui era oggetto, ma la forza del Vangelo e il suo
impegno verso il popolo salvadoregno erano per lui un imperativo
morale. Sono trascorsi molti anni e il Santo d'America, Oscar Romero,
illumina il cammino della Chiesa.
La prefazione al libro di Comina scritta dal premio Nobel per la pace
Adolfo Pérez Esquivel
I martiri sono germi di vita che disseminano speranza e rinsaldano i
cammini della fede. Rendono la terra feconda attraverso la forza delle
parole e il coraggio di una vita vissuta insieme con la Chiesa popolo
di Dio. Le loro voci echeggiano per il continente Latinoamericano e per
il mondo. Anche in Salvador, un Paese dove la violenza causò 70 mila
morti, oltre a esiliati e perseguitati, emerse una voce che seppe
denunciare gli abusi ed esigere rispetto per la vita e la dignità di un
popolo vittima della guerra civile e della dittatura militare. Quella
voce era di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, che si convertí e
abbracciò, come diceva San Paolo, il cammino della croce. Romero subì
le incomprensioni de una Chiesa che si rifiutava di prestare ascolto
alle sue richieste e alle sue denunce. Posizioni ideologiche e
informazioni fuorvianti su ciò che stava effettivamente accadendo in
Salvador produssero una distanza tra lui e il Vaticano. La
semplificazione, concettuale e politica, operata dall’imperante
dottrina della Sicurezza Nazionale, secondo la quale tutto doveva
essere ricondotto alla polarizzazione tra est e ovest, tra capitalismo
e comunismo, fece in modo che da rendere quasi invisibili migliaia di
persone vittime della violenza. Romerò venne a Roma per chiedere aiuto
al Vaticano ma le sue richieste rimasero inascoltate e così, con grande
dolore, tornò nel suo Paese. Era cosciente delle minacce di cui era
oggetto, ma la forza del Vangelo e il suo impegno verso il popolo
salvadoreño erano per lui un imperativo morale. Cercava sempre di
ascoltare nella preghiera e nel silenzio le parole che Dio trasmetteva
al suo cuore, alla sua mente e al suo spirito. Si racconta che nel
marzo del 1980, quando alcuni giornalisti gli annunciarono che era nel
mirino dei militari, lui, che già lo sospettava, rispose: “Si, mi hanno
spesso minacciato di morte, ma devo dirvi che come cristiano non credo
nella morte senza resurrezione. Se mi uccideranno, resusciterò nel
popolo salvadoreño. Ve lo dico con la massima umiltà. Spero si
convincano che stanno perdendo il loro tempo. Un vescovo può morire ma
la Chiesa di Dio, che è il popolo, non cesserà mai di esistere”. Quel
23 marzo del 1980, nella Cattedrale, Monsignor Romero segnalò
l’imposizione di leggi speciali imposte dai militari e ricordò le 140
vittime di quella settimana. “Il minimo che possiamo dire è che il
paese sta vivendo un fase pre-rivoluzionaria”. Poi la sua omelia inziò
a prendere vigore e disse: “Vorrei fare un appello speciale agli uomini
dell’esercito e in particolare ai soldati della Guardia Nacional, della
polizia e delle caserme. Siete fratelli e state uccidendo i vostri
stessi fratelli contadini. Davanti all’ordine di uccidere dato da un
uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice ‘Non uccidere!’. Nessun
soldato è obbligato ad obbedire a un ordine che va contro la legge di
Dio. Se una legge è immorale nessuno deve rispettarla. E’ arrivata
l’ora che recuperiate la vostra coscienza. La Chiesa che difende i
diritti di Dio e la dignità umana non può rimanere silente davanti a un
simile orrore. Vogliamo che il governo si renda conto che le riforme
non servono a nulla se sono macchiate di sangue. In nome di Dio e in
nome di questo popolo sofferente i cui lamenti salgono al cielo ogni
giorno in modo più clamoroso, vi supplico, vi prego, vi ordino, fermate
la repressione”.
La voce di Monsignor Romero, nonostante la bassa qualità del microfono,
fu ascoltata con chiarezza: “La chiesa predica la liberazione” disse
Romero e, così come descritto da Jacinto Bustillo e Felipe Pick, nella
cattedrale esplose un applauso e la gente emozionata provò un moto di
speranza. Molti martiri – sacerdoti, religiosi e laici coinvolti nelle
comunità di base – sacrificarono le proprie vite in terra salvadoreña,
per rivendicare il diritto a vivere in un Paese in pace e senza
violenza. Sono trascorsi molti anni e il Santo d’America, Oscar Romero
illumina il cammino della Chiesa. Le sue parole e la sua testimonianza
di vita rappresentano la luce dello Spirito, così come è evidenziato
dalle parole da lui recitate nella notte di Natale del 1979: “Il paese
sta partorendo una nuova vita e per questo c’è dolore e angoscia,
sangue e sofferenza. Però se come dice Gesù, durante il parto ogni
donna prova sofferenza, con la nascita del proprio figlio dimentica
ogni dolore. Le sofferenze passeranno e l’allegria sarà la conseguenza
del fatto che in questo momento di angoscia siamo rimasti legati alla
fede in Cristo e che ciò ci ha permesso di non soccombere al
pessimismo. Ciò che in questo momento sembra irrisolvibile, che appare
una via senza uscita, è già stata segnata da Dio come una speranza.
Questa notte dobbiamo vivere con ottimismo. Non sappiamo in che modo ma
Dio salverà la nostra patria e in quel momento risuonerà la grande
notizia di Cristo”. Papa Francesco ha
risarcito il martire e profeta Romero per l’ingiusto oblio di cui è
stato vittima. Ne ha ristabilito la memoria indicandolo come luce della
Chiesa latinoamericana popolo di Dio che riconosce i propri profeti che
ispirano e mostrano il cammino della fede.
Francesco
Comina
Laureato in filosofia, è giornalista professionista. Collabora con i
periodici "Mosaico di pace", "Segno nel mondo", "Il Margine" e
"Notiziario della Rete Radié Resch" dove cura la rubrica "Nonviolenza
attiva".
È coordinatore del Centro per la pace
del comune di Bolzano.
Ha pubblicato: insieme con P.
Casaldaliga, M. Barros e A. Zanotelli,Giubileo purificato (Bologna,
1999); con M. Lintner e C. Finka, Luis Lintner: Mystiker, Kämpfer,
Märtyrer(Bolzano 2004, traduzione italiana Due mondi una vita (Bologna
2004);Non giuro a Hitler (Milano, 2000), su Josef Mayr-Nusser; Il
sapore della libertà. In dialogo con Marcelo Barros (Molfetta, 2005);
Qui la meta è partire. In dialogo con Arturo Paoli (Molfetta, 2005).
Per Il Margine ha pubblicato Il monaco che amava il jazz. Testimoni e
maestri, migranti e poeti (2006), Sulle strade dell'acqua. Dramma in
due atti e in quattro continenti (2008), con Eduardo «Mono» Carasco
Inti Illimani. Storia e mito (2010), Il cerchio di Panikkar (2011); con
Luca Bizzarri ha curato il libro di Ágnes Heller I miei occhi hanno
visto (2012).