L'intervento
di Pierluigi Di Piazza alla manifestazione di Trieste
Trieste, 13 aprile 2019
La riflessione di
Pierluigi in pdf (157 kb)
Il video dela riflessione di Pierluigi su
YouTube
Onorato, commosso nell’iniziare questa riflessione a conclusione della
manifestazione, in continuità con quelle ascoltate lungo il percorso
per esprimere la ricchezza delle diversità di vissuti, esperienze,
denunce, proposte…
Siamo tante, tante persone che si sentono di rappresentare tutte quelle
che, per diversi motivi, non hanno potuto esserci fisicamente, ma ci
sono per la condivisione di sintonie, contenuti, prospettive. Forniamo
un noi pluralista, variegato, colorato, vivace e appassionato. Abbiamo
camminato insieme per dire che noi non siamo neutrali, la neutralità è
una finzione e una ipocrisia; siamo schierati dalla parte delle
persone, prima le persone con particolare attenzione a chi è più
debole, più fragile, è messo ai margini, privato della uguaglianza dei
diritti, fino alla negazione, fa più fatica nella vita; fra loro gli
immigrati arrivati negli anni fra noi e che continuano ad arrivare.
Siamo preoccupati per questo mondo, per questa Italia e per questa
regione Friuli Venezia Giulia per questo pensiero negativo (che certo
non merita di essere chiamata cultura) di indifferenza, di avversione,
fino all’odio nei confronti dell’altro diverso, qualsiasi siano le
diversità, in particolare verso gli immigrati. Un’etica laica condivisa
freme dentro di noi di sdegno morale per l’arroganza, la supponenza, la
brutalità che vengono in continuità espresse in parole, atteggiamenti,
scelte politiche e di seguito legislative come la Legge sicurezza verso
cui esprimiamo il totale dissenso per le situazioni di disumanità che
produce, per l’insicurezza che alimenta per potere su di essa
continuare a nutrire diffidenze, paure, allarmismi, esigenza di
ulteriori decisioni repressive.
Siamo a Trieste, capoluogo della Regione, una città bella, con una
storia significativa di convivenza fra persone e comunità diverse come
in questa nostra Regione Friuli Venezia Giulia. La bellezza di una
città è tale se insieme al paesaggio, al mare, alle ricchezze storiche
e culturali, spirituali, artistiche si realizza la convivenza pacifica
delle differenze, quando le persone ci vivono con una reciprocità
accogliente, qualsiasi siano la provenienza, la condizione sociale ed
economica, le espressioni culturali, linguistiche e religiose. Il
decoro di una città è stabilito da queste dimensioni non da un’estetica
privilegiata e da una concezione della pulizia che pretende in modo
disumano di far sparire i poveri, i senza tetto, i mendicanti. Una
città che comprende anche una memoria dolorosa; proprio nella Piazza
Unità qui accanto il 18 settembre 1938 il Duce Mussolini promulgò le
leggi razziali, razziste.
Noi ricordiamo tutte le vittime perché solo partendo dalle vittime la
storia ci insegna a restare umani e a diventarlo maggiormente. In quel
giorno Piazza Unità era stracolma di una folla delirante, come Piazza
Venezia quando il Duce annunciò l’entrata in guerra. E questo diventa
un monito permanente a considerare che il consenso non corrisponde alla
verità delle cose e al rispetto della dignità delle persone, mai in
modo esauriente e compiuto, ma alle volte questa mancanza di
corrispondenza, come oggi sta avvenendo per una parte del nostro Paese
e della nostra Regione è segnata dalla disumanità, dalla violazione dei
diritti umani fondamentali.
In democrazia il rispetto del voto dei cittadini e di chi è eletto non
dovrebbe significare, come invece avviene, l’annullamento di ogni tipo
di spazio per potere esprimere un confronto da parte di chi, come tutte
e tutti noi oggi in cammino, sente il dovere e il diritto di farsi
ascoltare per esprimere convinzioni, progetti, esperienze reali e
competenze. Lo chiediamo da questa piazza alla Giunta regionale. Il
fenomeno delle migrazioni è una costante della storia umana; anche la
storia di questa Regione ne è stata fortemente segnata.
Da alcuni decenni le migrazioni sono divenute un fenomeno planetario;
68 milioni di persone si stanno muovendo contemporaneamente su tutto il
Pianeta, costrette a partire da cause strutturali: impoverimenti,
mancanza di possibilità di una vita degna; violazione dei diritti
umani, guerre con le armi fabbricate e vendute anche da noi,
imprigionamenti, torture, disastri ambientali. Di queste cause
strutturali il nostro mondo ha gravissime responsabilità passate e
presenti; e la prima risposta dovrebbe essere la rottura di queste
complicità, di queste gravissime responsabilità, con progetti di
collaborazione e sostegno alle comunità e ai popoli, non di continuità
della logica del dominio, dello sfruttamento di risorse e di persone,
dell’assurdità di aver preteso di esportare libertà e democrazia con le
armi determinando un disastro umano. Di questo non si parla, questo non
si analizza, a questo non si pone rimedio.
Le migrazioni sono una grande, profonda rivelazione: coloro che
arrivano fra noi ci dicono come sta il mondo, perché sono stati
costretti a partire; ci dicono chi sono loro e così ci provocano in
modo salutare a uscire da quella tragica presunzione che ha
identificato il mondo con il nostro mondo, considerando gli altri mondi
e chi vi abita inferiori. La frase “prima gli italiani” è espressione
di questo modo di pensare che vorrebbe continuare a perpetuarsi e a
marcare questa inaccettabile superiorità. Nessun altro diverso è
inferiore: siamo uguali e diversi; l’uguaglianza di tutte le persone va
ugualmente riconosciuta, affermata, rispettata e la diversità diventa
nella reciprocità la possibilità di ampliamento, dilatazione,
arricchimento della nostra identità. E coloro che arrivano, che sono
arrivati fra noi ci rivelano chi siamo noi, qual è il livello della
nostra umanità, cultura, etica dei diritti umani, politica,
legislazione, fede religiosa, per chi vive questa dimensione: le
migrazioni hanno messo e mettono a nudo chi siamo.
Proviamo vergogna per un’Europa in cui non ci riconosciamo: l’Europa
dei muri, dei fili spinati, dell’incapacità a prendere decisioni se non
quella sciagurata della montagna di euro alla Turchia per bloccare i
migranti; l’Europa incapace di legiferare in un modo condiviso
sull’entrata dei migranti nei diversi paesi; incapace di ripartire fra
i diversi paesi l’accoglienza, incapace di un’azione comune, nei
confronti dei trafficanti di esseri umani, di progettare e attuare i
corridoi umanitari, impresentabile quando discute in modo che ci umilia
come ripartirsi 6, 8,10 persone come fosse un mercato dimenticando che
sono i paesi poveri ad accogliere l’85% dei migranti, ad esempio 1
milione in Bangladesh, 1.330.000 in Uganda.
Noi siamo per l’Europa dei padri fondatori, l’Europa delle comunità e
dei popoli, dei diritti umani e della convivenza pacifica, l’Europa che
collabora e sostiene i popoli in cammino e che progetta un’accoglienza
dei migranti, che fra l’altro dovrebbe sapere, e lo diciamo non in modo
strumentale e utilitaristico, che di tanti migranti l’Europa avrà
bisogno nei prossimi anni e decenni proprio per la sua vita e il suo
futuro.
Siamo nettamente contrari all’Europa che con la commissione preposta
prevede per il periodo 2021/2027 un aumento addirittura del 2200% in
percentuale degli stanziamenti di difesa armata europea. Noi non ci
riconosciamo nell’Europa cittadella fortificata, ma appunto in
un’Europa aperta e solidale. Il nostro Paese in questi anni lasciato
solo dall’Europa come la Grecia, ha avuto il merito di aver salvato in
mare decine e decine di migliaia di migranti, anche se il Mediterraneo
è un immenso cimitero con oltre 40 mila persone sepolte dall’acqua,
anche molte di più e il non saperlo è parte anch’esso della disumanità.
Siamo e saremo sempre con chi salva le vite in mare: i nomi delle ONG,
i nomi delle navi Aquarius, Diciotti, Sea Watch, Jonio, di Mediterranea
li pronunciamo con vicinanza, amicizia e gratitudine, li sentiamo
compagni di viaggio, compagni di mare. Siamo e saremo sempre per i
porti aperti e continueremo a denunciare la disumanità di forzare la
presenza di persone sulle navi, persone già ripetutamente vittime e
così rese nuovamente vittime per strumentalità politica. Nel nostro
Paese non c’è stato un progetto serio, strutturato, di prospettiva per
l’inserimento delle persone migranti.
C’è stata certamente l’esperienza molto positiva degli SPRAR con il
protagonismo degli Enti locali e l’accoglienza diffusa che avrebbe
dovuto essere sostenuta e ampliata, non colpita brutalmente con la
Legge sicurezza, come colpiti sono i permessi umanitari; nella logica
disumana che per risolvere i problemi si fanno sparire le persone;
progettando grandi centri per il loro contenimento. Di fronte alle
condizioni disumane, alle violenze e torture ripetute nei lager della
Libia o a 200/300 km da qui sul confine fra Croazia e Serbia nessun
fremito umano, nessuna denuncia e assunzione di impegno umanitario. E
la aggravata, drammatica situazione della Libia rende ancor tutto più
difficile.
Anche nel recente passato ci si è fermati di fronte a scelte di
grandissima importanza. Si è parlato di nuovo dello ius soli in
relazione al gesto di coraggio ammirevole di Rami e del suo compagno. A
parte che un diritto non deve diventare una concessione del potere, si
è pensato nuovamente alle centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi e
giovani italiani a cui non viene riconosciuta la cittadinanza. Tanti
non si accorgono nemmeno che ci sono italiani neri, con sembianze
orientali, latino americane. Oggi si dice da parte della politica che
avrebbe potuto, che è mancato il coraggio di una decisione; noi
speriamo che l’ammissione della mancanza di coraggio diventi maggior
coraggio nelle scelte dell’oggi per costruire un futuro umano.
Il coraggio è qualità fondamentale della politica che progetta e non si
ferma all’oggi e al giorno dopo. E questo coraggio dovrebbe riguardare
anche la incredibile questione che permane di non poter iscrivere
all’anagrafe i bambini nati da genitori presenti non regolarmente sul
territorio italiano. Nella nostra Regione Friuli Venezia Giulia ci sono
state esperienze positive, come in questa città di grande significato è
quella guidata dall’ICS. Le esperienze positive ci sono state e nello
stesso tempo resistenze incredibili da parte di diverse comunità. C’è
stata una nuova legge sull’immigrazione per l’impegno particolare di
qualcuno che ringraziamo.
La politica avrebbe dovuto essere maggiormente partecipe, nelle
vicinanza e nel sostegno, non supponente; avrebbe dovuto percorrere i
territori e ascoltare le persone e le comunità, i loro dubbi e le loro
paure. Lo diciamo per imparare dalla memoria, perché noi vogliamo
guardare avanti per costruire un futuro umano. È avvenuto e continua ad
avvenire a livello nazionale e locale che incertezze di vario genere,
paure, problemi irrisolti, narrazioni false come quelle dell’invasione,
favoriscano fra le persone un’emotività irrazionale che cerca un capro
espiatorio e lo trova nell’immigrato e che una certa politica alimenta
queste paure e l’individuazione del nemico favorendo ulteriormente
avversione, inimicizia, fino all’odio, nello stesso tempo promettendo
di risolvere le paure che continua ad alimentare. Questa dinamica,
questo corto circuito sono molto pericolosi e preoccupanti.
La sicurezza non deriva, come si declama, come ci si vanta di
finanziare con l’aumento delle telecamere, delle pistole elettriche,
delle manette e dei manganelli, ma invece investendo nella cultura, nei
processi di formazione e di convivenza fra le diversità. La sicurezza
riguarda tutte le persone e tutti i luoghi: le case e le scuole, gli
ospedali e le fabbriche, gli altri luoghi di lavoro e le carceri. Noi
non ci giriamo dall’altra parte; la nostra denuncia non vuole creare
inimicizie; non vogliamo avere nessun nemico, i nostri nemici sono
l’indifferenza, le ingiustizie, le disuguaglianze, lo sfruttamento, le
condizioni di precarietà, i criteri discriminanti e ingiusti per
l’accesso ai servizi che colpiscono coloro che vengono da altrove,
immigrati, ma ugualmente anche gli italiani che provengono da altre
regioni.
Noi affermiamo e per questo ci impegniamo, i diritti uguali per tutti,
le pari opportunità, una democrazia reale, senza discriminazioni, senza
inimicizie, senza barriere per assicurare i diritti primari a tutte le
persone. Sentiamo l’esigenza e l’urgenza di una rivoluzione culturale
permanente da alimentare e diffondere; di una continua riflessione e
diffusione dell’etica dei diritti umani uguali per ciascuna e per tutte
le persone, di una politica rinnovata, appassionata dei diritti umani e
coraggiosa nelle decisioni. A pensare che è ancora vigente la
vergognosa Legge Bossi-Fini.
Nel rispetto delle ispirazioni e convinzioni di tutte e tutti diciamo
che il riferimento alle diverse fedi religiose, ai loro simboli, non
dovrebbe mai diventare fondamento e legittimazione per le
discriminazioni, la xenofobia e il razzismo. Non si può essere
cristiani e razzisti come ugualmente ebrei, musulmani, buddisti,
induisti e altri ancora, e razzisti. L’autentica fede religiosa mette
sempre in stretta connessione il riferimento a Dio, chiamato con nomi
diversi, e l’attenzione al prossimo, chiunque esso sia. Nel caso
contrario diventa religione del potere che di fatto nega la fede.
Cari giovani, siete in tanti, tantissimi presenti. Esprimiamo profonda
fiducia e stima in voi, nelle vostre sensibilità, possibilità e
coraggio. Ci lasciamo coinvolgere da voi che a milioni, su
sollecitazione di Greta Thunberg, avete riempito piazze e strade di
tutto il Pianeta per richiamare fortemente le responsabilità di fronte
al disastro ambientale causato da un modo di agire dissennato di
sfruttamento e di inquinamento. A voi che ancora il 21 marzo scorso con
Libera avete a decine di migliaia riempito le strade e le piazze
dell’Italia per vivere la memoria delle vittime innocenti di mafia e
per rinnovare l’impegno a contrastare mentalità e pratiche mafiose. Il
problema dell’Italia, delle regioni del nord-est e della nostra
Regione, come dice l’amico don Luigi Ciotti a cui mandiamo un saluto di
amicizia, affetto e condivisione, non sono i migranti ma le mafie, la
corruzione, l’evasione, le zone grigie, le collusioni e l’omertà.
Sentiamo fra noi Simone che con i suoi 16 anni ha avuto il coraggio nel
quartiere di Roma di affrontare la disumanità aggressiva nei confronti
dei rom espressa anche da quel gesto terribile di calpestare il pane.
«Io ragiono con la mia testa» ha detto «e questo che fate non è
giusto». Con voi, cari giovani, compagne e compagni di viaggio nutriamo
la speranza di un futuro più umano. Con noi ha camminato Marco Cavallo,
simbolo della rivoluzione di Franco Basaglia e dei suoi collaboratori,
della necessità di liberazione dalle istituzioni totali che annullano
l’umanità, dai muri che separano e diventano barriere di disumanità;
sono le relazioni che salvano.
Siamo a Trieste e ricordiamo presenti alcune persone ed esperienze per
ricordarne insieme a loro tante altre. Ricordiamo Marco Lucchetta, Saša
Ota e Dario D’Angelo, il dolore per la loro morte è stato trasformato
nell’amore e dedizione della Fondazione che porta il loro nome e da
tanti anni accoglie bambini e bambine vittime guerra, malattie e
sofferenze provenienti da diversi paesi. Ricordiamo Miran Hrovatin
insieme a Ilaria Alpi uccisi brutalmente in Somalia e per i quali non
c’è verità e giustizia. Ricordiamo Walter Eddie Cosina, partito da
Muggia, ucciso dalla mafia con tutta la scorta di cui era parte al
giudice Paolo Borsellino il 19 luglio 1992 e con lui tutte le vittime
innocenti di mafia.
Ricordiamo in questa città la comunità di San Martino al Campo ispirata
dall’amico don Mario Vatta che da ormai quasi 50 anni (saranno proprio
il prossimo anno) accoglie le persone che fanno più fatica nella vita.
Ricordiamo Silvia Romano, rapita in Kenya non ancora liberata e in lei
tutti questi straordinari giovani volontari che con grande amore e
intelligenza aperta si dedicano concretamente agli altri là dove gli
altri vivono. Ricordiamo padre Paolo Dall’Oglio. E ricordiamo con la
mamma, il papà, la sorella e tantissime persone, Giulio Regeni
continuando a chiedere verità e giustizia e denunciando come gli affari
e il denaro hanno la precedenza sulla vita delle persone. Esprimiamo la
nostra affettuosa vicinanza a Mimmo Lucano e sogniamo che il modello
Riace possa essere riproposto e attuato in questa Regione, segnatamente
nelle zone delle nostre montagne sempre più spopolate.
Siamo per una informazione puntuale e veritiera ed esprimiamo
solidarietà a tutti i giornalisti che nel nostro Paese subiscono
minacce come è avvenuto nei giorni scorsi anche nella nostra Regione.
Noi che viviamo in una Regione che vuol fare della convivenza delle
diversità la sua bandiera, siano antirazzisti e antirazziste,
antifascisti e antifasciste e siamo convinti e convinte che le
differenze siano un valore e una ricchezza. Queste sono le convinzioni
che animano le nostre prospettive e il nostro impegno. La
manifestazione di oggi così partecipata è un segno importante che
incoraggia il nostro impegno.
Un grazie a tutte e a tutti, un grazie di cuore nella reciprocità e
nella ricchezza delle differenze. Il cammino continua.
Pierluigi Di Piazza