RIFLESSIONE PER IL 25 APRILE
RIFLESSIONE PER IL 25 APRILE
di Pierluigi Di Piazza
Zugliano, sabato 25 aprile 2020
RIFLESSIONE PER IL 25 APRILE
di Pierluigi Di Piazza
Zugliano, sabato 25 aprile 2020

Pierluigi Di Piazza ricorda la festa della Liberazione dal fascismo e dal nazismo, ma anche la ricorrenza della morte di Padre Ernesto Balducci, morto il 25 aprile 1992, laico, credente, profeta del Vangelo, della giustizia, della pace e dell’uomo planetario.


E’ sempre fondamentale celebrare il 25 aprile, festa della Liberazione dal fascismo e dal nazismo. L’impossibilità per quest’anno del coinvolgimento pubblico, convinto e festoso di migliaia di persone con il camminare insieme, i discorsi, le bandiere, i canti con la risonanza particolare di “Bella ciao” può diventare paradossalmente una verifica delle convinzioni interiori, sollecitati dalla sospensione delle funzionalità a confrontarci con la nostra profondità esistenziale, a riflettere sulla vita e su ciò che andiamo cercando.
Celebrare la festa della Liberazione significa soprattutto leggere, rileggere, meditare i dettati della Costituzione figlia di quel passaggio storico decisivo e rinnovare l’impegno ad accorciare la distanza fra le dichiarazioni e le loro attuazioni. E questo in un tempo storico segnato da un profondo cambiamento. Negli ultimi anni, in particolare, la memoria viva della Liberazione è diventata denuncia nei confronti della discriminazione, della xenofobia e del razzismo presenti in modo diffuso nel nostro Paese e nella nostra Regione, e impegno a diffondere e praticare una cultura alternativa di rispetto della dignità di ogni persona e dei diritti umani uguali per tutti.
E’ inquietante il contenuto della trasmissione di Report di qualche giorno fa in riferimento alla ultra destra economica, politica e religiosa di USA ed Europa con i protagonisti della destra politica e religiosa italiana, in contrasto con papa Francesco ritenuto il nemico principale.
Padre Ernesto Balducci, morto proprio il 25 aprile 1992, laico, credente, profeta del Vangelo, della giustizia, della pace e dell’uomo planetario, ricordando i suoi compagni di scuola minatori uccisi dai nazisti esprime tra le profonde riflessioni l’affermazione che loro, di cui indica alcuni nomi “hanno pagato con la vita la fedeltà al vero” per poi chiedere in modo provocatorio a noi tutti: “E noi cosa stiamo facendo? Celebriamo la Resistenza e poi lasciamo che “i nazisti dell’anno 2000 vadano disseminando di ordigni di morte l’intero Pianeta. E questo sì che è un tradimento”.
Stiamo vivendo un dramma planetario che verifica con l’evidenza che gli è propria i convincimenti della Costituzione e la loro attuazione: significativa, minore o anche nulla. Ritengo sia molto importante, decisivo vivere la memoria delle migliaia e migliaia di vittime: ammalati, medici, infermieri, preti, volontari e per tante il modo disumano del morire. Per progettare un futuro umano la società è chiamata a elaborare la morte e il dolore, ad assumerli come fondamentali proprio per progettare e affermare la qualità della vita e della sua organizzazione. E subito risuona nella nostra coscienza quanto affermato dall’art. 3 della Costituzione sul diritto “di tutti i cittadini alla pari dignità sociale, senza distinzioni, fra le altre, di condizioni personali e sociali”.
Una questione che la nostra società non potrà eludere è il rapporto con gli anziani, un ripensamento dell’organizzazione della vita e delle relazioni; di che cosa comporti “depositarne” innumerevoli in discutibili residenze per loro diventate in questo tempo luoghi concentrati di morte. E un’altra verifica impellente riguarda le condizioni di vita delle persone disabili, sofferenti nella psiche, quelle contenute in numero e modo inaccettabile, disumano nelle carceri del nostro Paese; quelle che già si trovano e saranno in aumento crescente in condizione di povertà nei confronti delle quali inventare nuove forme di concreta solidarietà che non trascuri nessuno.
Individualismo, narcisismo ed egoismo espressioni di una società disumana vanno superati con volontà ferma; e molto più deciso ed esteso deve essere l’impegno contro la corruzione, l’evasione, le organizzazioni mafiose.
Che l’art. 1 affermi che “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” trova oggi una risonanza drammatica e dolorosa: come si procederà perché nessuno, come è stato affermato perda il lavoro? Come attuare un rapporto positivo mai squilibrato fra diritto alla salute e diritto al lavoro, questione già presente prima e ora diventata drammatica? Giuseppe De Rita con la sua esperienza afferma: “Serve uno scatto come nel dopoguerra”, quindi con un coinvolgimento di tutti. Il lavoro centrale per la dignità delle persone e per un altro modello di società.
E a proposito della salute emerge con drammatica attualità l’importanza fondamentale dei presidi territoriali, dei medici di base da considerare e potenziare in un rapporto equilibrato con gli ospedali;
emerge ancora l’importanza di investire costantemente sulla sanità pubblica, non di tagliare come negli ultimi anni, di costruire prevenzione.
E deve certamente essere affermato con forza l’art. 10 che si riferisce all’accoglienza degli stranieri. Prima di questa terribile pandemia l’avversione a loro è stata ossessivamente strumentalizzata: la loro “invasione” inventata era il grande pericolo, portavano anche le malattie. La questione della sicurezza era diventata un mantra assoluto anche nella nostra Regione con enormi investimenti su mezzi tecnologici come le telecamere da collocare dovunque anche nei piccoli comuni già allora in isolamento. Ora questo modo di pensare e di parlare e le pratiche conseguenti sono del tutto irrisi come le leggi sicurezza che però ancora permangono. Si è portati a riflettere come le scelte dettate dalla contingenza storica strumentalmente interpretata per il proprio consenso, senza una visione culturale, etica e politica di progettualità, di prospettiva non possono reggere nella storia. Reggono e vengono confermati invece i principi della Costituzione sempre attuali e da concretizzare. I migranti ci sono con le grandi questioni aperte che chiedono risposte come la condizione e regolarizzazione delle badanti e quella dei lavoratori irregolari nelle campagne, indispensabili e oggi sfruttati come schiavi.
E ancora si deve ricordare con forza l’art. 11 che dichiara che “l’Italia ripudia la guerra” e quindi anche le armi per realizzarle. Ancora una verifica incontrovertibile nella drammatica situazione di oggi: quale arma, quale cacciabombardiere F35, il cui costo per ciascuno si aggira sui 100 milioni di euro ha fermato il virus? E allora le armi a cosa servono? A nulla, peggio, in realtà solo a uccidere, a ferire, a distruggere. Ci troviamo in una occasione dolorosa per ripensare in modo serio e progettuale alla riconversione dell’industria bellica: invece delle armi ricerca scientifica, produzione di strumenti per la medicina, nella situazione attuale di ventilatori, mascherine, tamponi e altro necessario; invece di basi militari depositi di materiali indispensabili e dei veicoli di terra e di cielo pronti per il trasporto; l’esercito riconvertito in presenza di pace come si è dimostrato positivamente in questa situazione.
E si deve di certo rileggere l’art. 34 sulla scuola di base e i riferimenti alla scienza e all’arte. L’istruzione e la cultura sono fondamentali nella vita del Paese. L’attuale esperienza della scuola è straordinaria e vanno riconosciuti disponibilità e impegno di alunni e insegnanti, ma non può certo sostituire la presenza diretta e gli incontri di volti, vissuti e comunicazione. Anche questa è una nuova sfida, come quella riguardante gli incontri culturali, il cinema, il teatro, la musica.
Queste riflessioni e questo impegno vissuti con l’attenzione, la premura e la cura per la casa comune, per la Terra e per tutte le espressioni della vita. Un impegno prioritario, già tardivo, non rinviabile e costante.
Quindi un 25 aprile come e più di sempre urgente, necessario per alimentare in ciascuna e ciascuno di noi lo spirito e la affermazione della Costituzione e in questo sentirci uniti nel rinnovare l’impegno ad attuarli ogni giorno.
Pierluigi Di Piazza

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