MEMORIA DELLE VITTIME DI HIROSHIMA E NAGASAKI
MEMORIA DELLE VITTIME DI HIROSHIMA E NAGASAKI
Impegno a liberarsi dalle armi nucleari
6-9 agosto 2020
MEMORIA DELLE VITTIME DI HIROSHIMA E NAGASAKI
Impegno a liberarsi dalle armi nucleari
6-9 agosto 2020

Pierluigi Di Piazza ricorda le vittime di Hiroshima e Nagasaki nel 75° anniversario di quei terribili eventi.

Qualche piccola memoria anche personale nell’ambito della necessità e del dovere di una memoria planetaria continua delle vittime di Hiroshima e Nagasaki, del 6 e 9 agosto 1945 quando in modo prepotente, con il delirio dell’onnipotenza gli Usa hanno perpetrato un crimine contro l’umanità, sganciando le bombe su due città inermi su cittadini indifesi, sugli alunni che si recavano a scuola, sugli operai che lavoravano nelle fabbriche, su tutte le persone impegnate nelle loro attività quotidiane.
Quest’anno si vive la memoria del 75° anniversario. Da allora l’umanità non è più come prima, perché il salto della quantità e della specie di violenza l’ha portata a sperimentare la possibilità dell’annientamento e della distruzione totali.
Nelle esperienze della memoria storica il Centro Balducci ha avuto negli anni fra gli ospiti ai convegni alcuni testimoni sopravvissuti a Hiroshima e Nagasaki, in particolare Suzuko Numata che prima sulle sue stampelle, poi sulla sedia a rotelle ha girato il mondo per denunciare l’assurdità delle armi, di quelle atomiche in particolare; lo ha fatto anche dinnanzi alla base Usaf di Aviano esprimendo il suo dolore per l’insensatezza dell’umanità che continua nei progetti scellerati di morte e devastazione di cui lei è stata vittima e testimone.
Nel Centro Balducci ha piantato l’aoghiri, l’albero della pace, motivo di sosta e riflessione per le tante scuole in visita al Centro.
Fondamentale per questo percorso è stato il contributo di Makiko Yamada, giapponese che con la sua famiglia vive in Friuli.
Nel 60° anniversario, quindi nel 2005, ho vissuto la speciale possibilità di essere parte di una piccola delegazione che si è recata a Hiroshima e Nagasaki per sperimentare direttamente luoghi e persone sopravvissute, gli Hibakusha.
Anche nel momento storico attuale la gran parte delle persone vivono come se quella tragedia non fosse mai avvenuta e come se le atomiche oggi non ci fossero, senza ricordarsi le vittime di allora e senza preoccuparsi per quelle possibili oggi e nel futuro.
La politica mai ne parla, la Chiesa quasi mai, così anche nella nostra Regione.
Le persone considerate intellettuali tacciono; ugualmente le chiese dei nostri paesi e così le preghiere per la pace diventano astratte e generiche.
Eppure nella storia i pronunciamenti del Magistero della Chiesa hanno ribadito un’opposizione ferma alle armi atomiche: da Pio XII nel 1954 a Giovanni XXIII che nell’enciclica Pacem in Terris del 1963 definisce l’uso di queste armi “fuori dalla ragione”, cioè una pazzia. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione “Gaudium et Spes” afferma: “Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti è un delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato”.
Posizioni chiare anche quelle dei papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Papa Francesco si è ripetutamente pronunciato con parole forti, ribadite anche a Hiroshima e Nagasaki; “Con convinzione desidero ribadire che l’uso della energia atomica per fini di guerra è oggi più che mai un crimine non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale”. E dice che il possesso, senza l’uso è ugualmente immorale.
Due bombe atomiche contro i popoli di due città di un altro Paese hanno provocato 210 mila morti in 3 mesi e conseguenze drammatiche di morti e sofferenze negli anni successivi, fino ai nostri giorni.
Nei cinque anni successivi i morti sono quasi triplicati; è emersa drammaticamente anche l’assenza di medici e di cure perché a Hiroshima sui 300 medici 270 sono stati uccisi; come 1600 dei 1700 infermieri come 120 dei 140 farmacisti.
Oggi nel 2020 nove Paesi possiedono 14 mila bombe atomiche, già disponibili per l’uso, più potenti di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Non si devono mai dimenticare le ingenti risorse che questi strumenti di morte divorano, avendo oggi come nemico il mondo intero: esseri umani, animali, piante, intero ecosistema.
Questo è l’appello che oggi gli Hibakusha rivolgono a tutta l’umanità. “Siamo sopravvissuti al fuoco delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki 75 anni fa. Abbiamo dedicato la nostra vita a far sì che la nostra generazione, la prima, di Hibakusha, sia anche l’ultima, che dopo di noi sopravvissuti, non ce ne siano altri.
Abbiamo imparato a essere coraggiosi, a essere animati dalla speranza, a osare. Abbiamo imparato che è compito delle persone come te e come me alzarsi in piedi e lottare contro le armi nucleari e contro quei capi di stato che le brandiscono per minacciare il mondo. L’ultima grande sfida che abbiamo davanti è quella di mettere al bando ed eliminare queste armi. Unisciti a noi! Fai presto, ce l’abbiamo quasi fatta!
Si riferiscono ad un’iniziativa in atto molto importante promossa e sostenuta da ICAN, di cui fanno parte 486 organizzazioni di 101 Paesi e che nel 2017 ha ricevuto il premio Nobel per la pace.
Il 7 luglio 2017, 122 Stati hanno votato all’ONU il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Entrerà in vigore 90 giorni dopo il deposito della ratifica da parte del 50° Stato fra quelli che hanno votato. Oggi siamo a 40 ratifiche, ne mancano quindi 10. L’Italia vergognosamente non c’è, così come gli Stati possessori delle atomiche.
Sarebbe fondamentale che la politica avesse un sussulto etico, dimostrasse passione e coraggio; che si pronunciassero i cosiddetti intellettuali; che i mezzi di informazione svolgessero il loro vero compito, che le comunità di fede si pronunciassero con forza e determinazione, che nelle famiglie, nelle scuole, nei gruppi e movimenti se ne parlasse per informare, educare, orientare. Ciascuna persona è chiamata alla sua responsabilità.     



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