Grazie
a don Dino Pezzetta
di don Pierluigi di Piazza
Martedì 15 settembre 2020
Dal profondo dell’anima emerge in me il desiderio di condividere alcune
riflessioni per esprimere a don Dino Pezzetta stima e gratitudine
profonde per la sua presenza così significativa nella realtà
ecclesiale, culturale, sociale e civile del Friuli e di altri luoghi
dove ha vissuto e operato.
Sono sempre poveri e parziali le considerazioni nei confronti di una
persona, ma è doveroso provarci per l’insegnamento ricevuto e per il
senso di gratitudine irrinunciabile.
Don Dino è stato un uomo e un prete di fede profonda e sempre in
ricerca.
Gli studi di filosofia e teologia per i quali è stato poi insegnante
non lo hanno mai distanziato, tanto meno separato dalle persone e dalla
storia, tutt’altro; ha sempre elaborato una riflessione teologica che
rapportasse immanenza e trascendenza, Dio, il Dio di Gesù di Nazareth e
l’uomo nelle concrete situazioni della storia. Per questo ha certo
trovato nutrimento anche nelle traduzioni dal tedesco dei testi
importanti di grandi teologi, come Jürgen Moltmann: basti pensare al
“Dio crocifisso” e alla “Teologia della speranza”.
L’editrice Queriniana che per tanti di noi è stata negli anni un
riferimento si è avvalsa della straordinaria capacità e del lavoro
instancabile di don Dino, anche nella traduzione di tante riflessioni
per la rivista internazionale di teologia Concilium.
L’ho conosciuto in seminario come insegnante. Lui e don Rinaldo Fabris
ci hanno comunicato l’amore allo studio e all’approfondimento,
l’importanza dell’applicazione e dell’impegno, dandoci l’esempio nella
preparazione scrupolosa delle dispense che consegnavano a noi studenti.
Un uomo e un prete libero da ogni forma di clericalismo, intellettuale,
con grandi capacità organizzative e di resistenza nel lavoro, ma
soprattutto umano nelle relazioni con le persone.
Ha sempre sognato e si è impegnato per una Chiesa “popolo di Dio in
cammino nella storia”, non clericale, non autoreferenziale, povera,
ricca solo della fede, umile e insieme coraggiosa, profetica, fedele
nell’annuncio e coerente nella testimonianza. Per questo il suo libro
“Una Chiesa che cambia”.
È doveroso ricordare oggi con nostalgia, la stagione delle scuole di
teologia per i laici nelle varie zone della Diocesi di cui lui è stato
propulsore e continuamente coinvolto in modo attivo.
Profondamente convinto del protagonismo dei laici, donne e uomini,
nelle comunità e anche nelle celebrazioni in mancanza del prete.
Questo suo rapportare fede e storia l’ha vincolato a coinvolgersi con
la comunità di Osoppo suo paese di origine nel momento del terremoto,
di passaggio quella sera a casa. Si è dedicato totalmente con la sua
intelligenza e capacità organizzativa e lavorativa fino al compimento
della ricostruzione.
Un’esperienza che lo ha segnato e interrogato anche riguardo a Dio e
che ha raccolto nel libro testimonianza ricco di contenuti: “Terrae
motus”.
Nella sua presenza come Rettore dell’Abbazia di Rosazzo ha dato ancora
una volta impulso all’apertura, al dialogo ecumenico e alla concreta
prossimità con lo straordinario coinvolgimento di tanti volontari per
l’orfanotrofio di Vetren in Bulgaria.
Del dialogo ecumenico è espressione anche il suo libro “Martin Lutero,
uomo fra i tempi”, a 500 anni dalla Riforma.
Mi ha sempre indotto a riflessione la disponibilità di don Dino a
vivere l’esperienza della fede in piccole comunità, con una
condivisione diretta con il popolo: Peonis, Oleis, Villalta, Montenars,
ancora Peonis dove anche nell’ultimo periodo era presente per
l’Eucarestia.
Fra noi, se non c’è stata frequentazione continua, continua e intensa è
stata una profonda sintonia.
Ha sostenuto e incoraggiato me personalmente e l’esperienza del Centro
Balducci, anche con concreti gesti di solidarietà.
In uno scambio epistolare della fine del marzo scorso mi diceva: “Si parla tanto del virus e della gente in
casa. Poco o niente di quanti non hanno nemmeno casa, né paese, né
speranza. Penso alla tua comunità, ai problemi aggiuntivi che dovrai
affrontare insieme agli amici che hai accolto”.
Da qualche anno, il Giovedì Santo, ci si aspettava per sedersi accanto
nella celebrazione in duomo a Udine.
Quest’anno non è stato possibile. Mi ha scritto di essere contento di
essere ormai vicino alla meta, “alla
conclusione di una vita che non mi ha risparmiato né guerre, né
terremoti, né tensioni e fratture. Ma quel Gesù che mi è sempre stato
vicino, lo sento forte”. E poi: “Ti invito a un incontro “a distanza” fra
noi e con il grande Francesco, quel vescovo di Roma che ci fa sentire
appartenenti alla Chiesa in cui crediamo e stretti a quel Gesù che
abbiamo imparato a conoscere insieme e a rivivere nel cammino delle
nostre storie.
Così Gesù - Dio mio, Dio mio, perché
mi hai abbandonato? Dall’alto della mia croce, in mezzo alle tenebre
del Golgota non riesco a vederti. Mostrami il tuo volto, il tuo volto
io cerco Signore, non abbandonarmi. Accoglimi nelle tue braccia-.
Alla fine, Pierluigi l’unica cosa che
conta nella nostra vita – e in quella di ciascun essere umano – è
questo ritorno da nudi, come nudi siamo usciti da Lui, al Padre di ogni
bene. Mandi Pierluigi e sul tuo cammino mi troverai sempre al tuo fianco”.
Grazie dal profondo, don Dino.