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54° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
La cultura della cura come percorso di pace
1° GENNAIO 2021
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54°
Giornata Mondiale della Pace
La
cultura
della cura come percorso di pace
di
Pierluigi Di Piazza
Per
il 1° gennaio 2021 è stata proposta la 54° giornata mondiale della
pace, la prima è stata iniziata da papa Paolo VI nel 1958. La
finalità dell’iniziativa è quella di porre all’attenzione di
tutta l’umanità la grande, permanente e irrisolta questione della
pace; l’indicazione del 1° giorno dell’anno è fortemente
simbolica, come a dire che l’impegno per costruirla dovrebbe essere
continuativo, giorno dopo giorno.
Quest’anno
non si è potuta svolgere la 42° marcia della pace da Zuglio alla
Pieve di S. Pietro in Carnia nella notte fra il 31 dicembre e il 1°
gennaio, esperienza significativa negli anni per molte persone.
La
pace permane come la grande e contraddittoria questione
dell’umanità;
ideale e aspirazione universale nelle intenzioni e parole è poi di
fatto continuamente smentita, colpita, ferita, uccisa nella
realtà. È
perfino difficile indicare quante guerre sono oggi in atto sul
Pianeta, certo un numero impressionante con migliaia di
vittime,
distruzioni, povertà, costrizione alla profuganza.
Il
dramma di migliaia di persone sulla rotta balcanica,
nell’inferno
gelido, in una crudele emergenza umanitaria dovrebbe
interpellare
persone, comunità, istituzioni e politica nazionale ed europea; è
incredibile e doloroso constatare che non si interviene; questo è
contro la pace perché negazione della dignità delle persone.
Di
fronte ad una guerra è sempre doveroso cercare di analizzare le
cause: strategie geo-politiche, conquista di risorse, conferma
di
poteri e di alleanze o loro cambiamento; nazionalismi;
supremazie,
armi ed apparati tecnologici da vendere, comprare, usare.
Nello
stesso tempo sorge sempre una domanda ineludibile, antropologica che
riguarda l’essere umano; perché è così facilmente
disponibile ad
azioni violente, omicide e distruttive con le armi, a rendersi
protagonista di azioni che fino a poco tempo prima aveva considerato
inaccettabili, disumane. E ancora perché è così facilmente
disponibile ad ubbidire ad un sistema di violenza e di guerra,
ad
ordini che sono portatori di conseguenze tragiche; perché così
timoroso e frenato nell’obiettare in coscienza, a ciò che è
ingiusto e disumano.
Papa
Francesco nella recente enciclica “Fratelli tutti, sulla fraternità
e l’amicizia sociale” afferma: “La guerra non è un fantasma
del passato, ma una minaccia costante; è la negazione di tutti
i
diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Bisogna esigere
il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al
negoziato, com’è proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, un
riferimento obbligatorio per la giustizia e la pace. Negli ultimi
decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una giustificazione.
Il catechismo della Chiesa Cattolica parla della possibilità di
legittima difesa mediante la forza militare se si dimostra che vi
sono alcune “rigorose condizioni di legittimità morale”.
Tuttavia,
si può cadere in una interpretazione troppo larga giustificando
anche attacchi preventivi o azioni belliche che poi trascinano in
situazioni più gravi del male che si intende eliminare. Con le armi
atomiche, chimiche, batteriologiche, la guerra ha assunto un potere
distruttivo incontrollabile che colpisce molti civili, innocenti. Non
è più possibile parlare di “guerra giusta”. Mai più la
guerra!
In questo mondo non ci sono solo “pezzi” di guerra ma si vive una
“guerra mondiale a pezzi”. E
con il denaro che si impegna nelle armi e in altre spese militari
costituiamo un fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per
lo sviluppo dei Paesi più poveri”.
Per
ogni giornata mondiale della pace è stato indicato un tema, un
aspetto, data la molteplicità e l’intreccio delle diverse
questioni che riguardano la sua costruzione.
Per
l’inizio del 2021 papa Francesco ha proposto all’attenzione e
riflessione: “La cultura della cura come percorso di pace”.
La
cura è una parola di profondo e dinamico significato;
riguarda
dimensioni profonde, atteggiamenti, pratiche personali, relazionali,
comunitarie.
Ora
si è portati immediatamente a riferirsi alla cura come prevenzione
del coronavirus e azione diretta a contrastarlo quando insorge in
modo così diffuso, mortale, preoccupante.
Si
è portati a considerare la dedizione e l’impegno massimo
e
ammirevole di tante persone; a constatare carenze gravi, conseguenze
di scelte sbagliate, di tagli agli investimenti per la salute,
territoriale soprattutto, incomprensibili. La parola cura oggi è
spontaneamente associata al vaccino, speriamo presto ai vaccini, a
disposizione di tutti.
La
cura assume, come raccomanda papa Francesco, l’attuale drammatica
situazione in tutto il Pianeta e amplia la sua indispensabile
presenza ad un modo di sentire e vivere la vita. La
cura si riferisce a tutte le dimensioni che formano la globalità
degli esseri umani in un intreccio inscindibile: corporeità, animo,
psiche, sentimenti, emozioni, riflessioni, relazioni…
La
cura di sé oltre ogni egocentrismo e narcisismo riguarda
l’interiorità, la profondità dell’essere, l’anima, la
coscienza e l’agire che li esprime nella storia, l’armonia e
l’equilibrio interiori.
Noi
siamo esseri in relazione e avvertiamo che la cura ne è
dimensione e
pratica fondamentali. Aver
cura dell’altro significa prendersi a cuore la sua storia per
contribuire a favorire la qualità e la serenità della sua vita.
Richiede
sensibilità, attenzione, disponibilità, tempo,
energie; nella
reciprocità è un’esperienza trasformatrice, l’ascolto ne è
momento decisivo.
La
sua negazione è l’indifferenza, è girarsi dall’altra parte, lo
sono lo scarto e lo scontro; è certo la presunzione di superiorità,
i privilegi, le discriminazioni, le violenze, le disuguaglianze, il
razzismo; tutte situazioni che provocano ferite e vittime.
Papa
Francesco propone come modello della cura il Dio
creatore che affida
all’uomo e alla donna la custodia e la cura del giardino dell’Eden,
compito disatteso dalla bramosia del dominio, dell’usurpazione e
dello sfruttamento.
La
questione della cura emerge drammaticamente quando Caino dopo
aver
ucciso suo fratello Abele di cui rifiuta la presenza, richiesto
da
Dio gli risponde con una domanda: “Sono forse io il custode di
mio
fratello?” Dio si prende cura anche di Caino ponendogli sulla
fronte un segno di protezione perché la sua vita sia salvaguardata.
La cura riguarda anche lui, fratricida. Da qui il movimento:
“Nessuno
tocchi Caino” per l’abolizione della pena di morte.
La
memoria della storia del popolo ebraico fa emergere la cura dei
poveri, degli schiavi, dei fragili, della terra con
il riposo del
sabato e soprattutto con la celebrazione di giubilei non rituali, ma
spirituali, sociali ed etici.
La
corrente profetica in continuità denuncia le ingiustizie e coinvolge
la comunità nella cura dei più deboli, dei senza potere, degli
sfruttati.
Papa
Francesco pone l’attenzione fondamentale alla cura vissuta dallo
straordinario Gesù di Nazareth come atteggiamento e pratica
continua
di attenzione, ascolto, premura. Lui è un guaritore dell’anima,
del corpo e della psiche, delle ferite di diverso genere.
Importanti
nel messaggio sono i riferimenti alla Chiesa che nella storia ha
manifestato la cura promuovendo anche ospedali, comunità
di
accoglienza per diverse persone; così come la dottrina sociale
della
Chiesa ha promosso la dignità di ogni persona umana, la solidarietà
con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune,
la
salvaguardia del creato. È la Chiesa del Vangelo, contraria a quella
del potere.
Papa
Francesco riprende i contenuti dell’enciclica “Fratelli tutti”
e riafferma la necessità della cura del bene comune evidenziata
drammaticamente nell’esperienza del Covid e vissuta mediante la
solidarietà nella quale tutti siamo veramente responsabili di
tutto,
con riferimento al presente delle comunità e alle generazioni
future.
Riprende
anche i contenuti della “Laudato si” per richiamare alla cura
e alla salvaguardia del creato, per ribadire che il grido dei poveri
e il grido della terra diventano un unico grido che invoca cura.
Per
questo arduo progetto della cura è indispensabile una bussola
che
tutti orienti e guidi:
persone,
comunità, istituzioni, governi, mondo economico e scientifico “per
diventare tutti profeti e testimoni della cura per colmare
tante
disuguaglianze sociali; questo è possibile solo con un forte e
diffuso protagonismo delle donne nella famiglia e in ogni ambito
sociale, politico e istituzionale.
La
cura viene concretizzata dall’affermazione continua dei diritti
umani fondamentali.
Per
educare alla cultura della cura è necessario un permanente processo
educativo; nelle famiglie, nelle scuole, nelle università, nei
mezzi
di comunicazione. “L’educazione costituisce uno dei pilastri di
società più giuste e solidali”.
Tutte
le religioni se si ispirano ai loro principi originari sono
impegnate
a trasmettere i valori della solidarietà, il rispetto delle
differenze, l’ accoglienza e la cura dei fratelli e sorelle più
fragili. Per questo non devono rinchiudersi in sé stesse, nelle loro
nicchie di separatezza rituale e sacrale, ma invece spostare la loro
attenzione ai drammi e alle speranze della storia, testimoniare che
sono animate dall’amore e non dal timore, dalla superbia e dal
potere.
Afferma
ancora papa Francesco: “ La cultura della cura è via privilegiata
per la costruzione della pace”. Siamo
chiamati ad essere donne e uomini di cura per contribuire
quotidianamente alla costruzione della pace.
C’è bisogno della cura continua che
accoglie le nostre fragilità e vulnerabilità, che previene e
riscalda e aiuta a rimarginare le ferite. E’ dimensione personale e
reciproca, locale e planetaria per noi tutte e tutti, dai bambini
agli anziani. Riguarda la salute, le relazioni, la scuola, il lavoro,
la politica, l’economia, la cultura, l’ambiente, l’arte, la
spiritualità. Il presente e il futuro. E’ esigenza ed esperienza
fondamentale.
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