RICORDO DI HANS KÜNG
di Pierluigi Di Piazza
Il teologo deceduto il 6 aprile 2021
Esprimo anche a nome di tante persone partecipi all’esperienza della
chiesa o comunque in ricerca, attente alle questioni fondamentali della
vita e della storia, stima e riconoscenza al teologo Hans Küng, morto
l'altro ieri nella sua abitazione di Tubinga all'età di 93 anni.
Oltre a leggere alcuni dei suoi tantissimi scritti, ho avuto modo di
ascoltarlo dal vivo due volte: una diversi anni fa a Palazzo Vecchio a
Firenze in dialogo con padre Ernesto Balducci, a cui nel 1992 abbiamo
dedicato il Centro di Zugliano; la seconda in occasione del
conferimento del Premio Nonino, assegnatogli nel gennaio 2012.
Ci fu allora la possibilità di un incontro con lui al teatro Giovanni
da Udine stracolmo di persone venute per ascoltare le sue riflessioni
su aspetti fondamentali della vita. In quell'incontro il teologo
dichiarò l'autodeterminazione rispetto alla malattia, alla sofferenza e
alla morte ed espresse un profondo atto di fede personale dicendo che
la vita non può essere identificata con un assoluto biologico e che
sarà accolta nel Mistero della vita di Dio.
Impossibile ricordarne i diversi aspetti e le tante opere; solo qualche
cenno, qualche frammento pieni di attenzione e riconoscenza, con la
consapevolezza che le sue posizioni hanno suscitato reazioni diverse
nella Chiesa, fino al ritiro del titolo e dell'incarico di teologo
cattolico nel 1979 da parte della Congregazione per la dottrina della
fede, soprattutto dopo le sue posizioni espresse nel 1970 nel libro
“Infallibile? Una domanda” che metteva in discussione l'infallibilità
del Papa.
Continuò comunque ad insegnare come professore emerito di teologia
ecumenica all'Università di Tubinga. Ricordo Hans Kung come un credente
sincero, un prete convinto, appassionato della Chiesa come comunità di
donne uomini che cercano di vivere il Vangelo di Gesù di Nazaret, di
testimoniarlo. Ritengo che anche coloro che non hanno condiviso le sue
posizioni non possono non riconoscere la sua incessante ricerca sincera
della verità come teologo dalle straordinarie capacità di indagine,
riflessione e comunicazione con la parola e con una vastissima
produzione di scritti e libri. E questo da quando ha partecipato come
perito al Concilio Vaticano II.
Prima delle questioni discusse sento di ricordare la sua fede come
confidenza e fiducia in Dio, l'amore e la preoccupazione per la Chiesa,
da cui derivano anche le critiche appassionate. Amore per la vita, la
speranza, il progetto di un'umanità di giustizia e di pace.
Trascrivendo le sue stesse parole ci comunica: “una fiducia
incondizionata nel Dio benevolo e misericordioso e la speranza che mi
venga donata questa grazia speciale di mantenere la fiducia fino alla
fine; mi piacerebbe morire con consapevolezza e prendere congedo in
maniera degna dell'uomo con tutte “le cose” a posto. Nella gratitudine,
nell'attesa, in preghiera. Questi vissuti illuminano e danno senso a
tutta la vita”.
Ricordo un'altra sua espressione con cui conclude l'importante testo
"Essere cristiani": "Seguendo Cristo l'uomo nel mondo di oggi può
vivere, agire, soffrire in modo veramente umano, nella felicità,
nell'avventura, nella vita e nella morte, sorretto da Dio e fecondo di
aiuto per gli altri".
La sua fede si è fatta impegno nella storia per contribuire a renderla
più umana, con l'affermazione e la pratica della dignità e dei diritti
umani uguali per tutti, la giustizia, la non violenza attiva e la pace.
Ne è derivata la proposta di "un'etica mondiale" con la creazione nel
1993 della fondazione Weltethos, una corresponsabilità planetaria con
vincoli etici irrinunciabili per costruire il bene comune di tutta
l’umanità. Si può considerare come da allora questo legame, questa
interdipendenza planetari si siano accentuati e come la loro evidenza
sia confermata in modo drammatico dalla pandemia con l'urgenza e
l'indispensabilità di quel nuovo paradigma indicato da papa Francesco
nelle encicliche “Laudato sii” e “Fratelli tutti” e in continui suoi
interventi: la fraternità, la condivisione, la cura della casa comune.
Hans Kung ha approfondito il dialogo fra le fedi religiose, spendendosi
con incontri, collaborazioni ecumeniche in tutte le sedi, inclusa
l’ONU.
Un teologo, un intellettuale, un comunicatore davvero planetario. La
sua tesi è che non ci sarà pace tra le nazioni se non ci sarà fra le
religioni e che questa non può esistere senza l'incontro e la
conoscenza, il dialogo, il coinvolgimento in un modello etico globale
che deve coinvolgere tutti i popoli e gli Stati.
Per quanto riguarda la Chiesa le questioni da lui sollevate sono
decisive perché uscendo dall'auto referenzialità si ponga al servizio
dell'intera umanità: la collegialità nelle decisioni e nelle scelte in
luogo del potere centralizzato e sacralizzato; la libertà di coscienza;
una comunione che sia il complimento, non l'annullamento della
democrazia; un rapporto di dialogo con il mondo da ascoltare, come
insegna il Concilio. Poi la libertà di scelta del celibato per i preti;
i ministeri, anche quello sacerdotale, alle donne, la liberazione dalla
complicità con il potere economico, politico-militare; un autentico e
vero ecumenismo, un approfondimento, un dialogo, un confronto sulle
delicate questioni della sessualità, della bioetica, dell'inizio e fine
vita; l'accoglienza dei separati, dei divorziati, degli omosessuali.
Non una visione ecclesiocentrica, ma planetaria, parte di quell'etica
mondiale cui la Chiesa cattolica in quanto universale è chiamata
contribuire. Un uomo libero, disponibile, infaticabile, umano.
Quella sera al teatro Giovanni da Udine, alla conclusione dell'incontro
mi sono messo in fila per salutarlo e ringraziarlo e stringergli la
mano. Gli ho detto chi sono, che ho cercato più volte di invitarlo al
Centro Balducci comprendendo la sua impossibilità a venire. Gli ho
accennato all'articolo che il Messaggero Veneto mi aveva chiesto per
presentarlo, lo aveva letto e mi ha detto che ero stato coraggioso a
scriverlo.
Qualche tempo dopo, con sorpresa, ho ricevuto il libro “Essere
cristiani”, nell’edizione Rizzoli, mandatomi da lui stesso. Con
ulteriore sorpresa e commozione ho letto la sua dedica. Spero di non
peccare di narcisismo se la condivido con voi perché può essere un
incoraggiamento e sostegno per tanti: “Per un difensore della libertà
cristiana nella Chiesa di oggi, con gratitudine, in amicizia, Hans
Küng”.
Ora è nel Mistero della vita di quel Dio a cui si è sempre affidato.