PRIMAVERA
DI UMANITÀ
LETTERA DI NATALE 2022
Carissime e carissimi,
in questi giorni di feste vi raggiunga il nostro abbraccio fraterno,
segno della condivisione di fatiche e sofferenze, come pure di gioie e
speranze.
IL GRATO RICORDO DI DON PIERLUIGI
Il 15 maggio scorso abbiamo dato l’ultimo saluto all’amico don
Pierluigi Di Piazza: a lui va il ricordo vivo e vivificante più
affettuoso e riconoscente per i “piccoli segni” che in particolare in
questi ultimi trent’anni hanno accompagnato la sua vita di uomo e di
prete, e che l’hanno sempre visto al fianco di migranti, poveri ed
emarginati.
Siamo grati di aver camminato con lui sulla medesima strada e di aver
avuto l’occasione di essere partecipi anche attraverso la Lettera di
Natale, di veri e propri “laboratori di umanità” dove, in autentico
spirito di condivisione, siamo cresciuti in quella fraternità
universale che sola dà senso e gusto alla vita.
Collegandoci al detto rabbinico “lo stolto ha il cuore nel lato
sinistro, il saggio ce l’ha nel lato destro”, accogliamo quella
sapienza che non rinnega certo il buon senso e va ad affermare come
saggio è saper “vedere” il cuore dell’altro, a destra rispetto al
nostro punto di osservazione; stolto
è chi è capace di sentire esclusivamente il proprio cuore, incurante o
scettico di quel che pulsa nel cuore altrui, vivendo di quel che per
Pierluigi era il vero nemico dell’uomo: l’indifferenza. È nostra
convinzione che la sua saggezza dipendesse dal fatto che il suo cuore
battesse proprio “sul lato destro”, in quanto nella sua vita ha fatto
del cuore degli altri il suo proprio cuore, tanto da temere – come
spesso affermava – di non poterlo contenere.
Forse è da qui che siamo chiamati a ripartire, dall’idea di persona che
alberga nel nostro cuore e che condiziona le relazioni personali,
sociali, politiche, ecclesiali e comunitarie.
Desideriamo tenere fisso lo sguardo sulla sua profetica ed evangelica
testimonianza accanto ai fragili della storia, richiamo continuo e
pressante a tener vivo anche in noi questo impegno.
L’IMPEGNO NEL QUOTIDIANO
Perché l’impegno di ciascuno è determinante. E la testimonianza infonde
coraggio, quel coraggio che intravediamo, a esempio:
- nella scelta da parte di alcuni portuali di Genova – protesta
estesa poi a Napoli, Ravenna e Livorno – di bloccare il caricamento di
quelle navi che trasportano morte, denunciando il traffico di armi
(dirette probabilmente in Yemen e in Siria);
- nella scelta di quel giovane ceceno che, per non divenire
“operaio di morte”, ha disertato il richiamo alle armi e per aver salva
la vita è dovuto scappare con la moglie e con i suoi due piccoli
bambini, ed è stato accolto al Centro Balducci;
- nella scelta di chi, nella tragica situazione dell’invasione
dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, rifiuta di andare a
combattere pagando di persona e si dichiara obiettore di coscienza sia
in Russia che in Ucraina, volendo svolgere un servizio civile
alternativo al servizio in armi;
- nella scelta di Maryam Rawi, l’attivista portavoce di RAWA,
l’associazione di resistenza di donne afghane all’orrore talebano che
lotta con tante altre donne, a rischio della propria vita, per la
libertà e i diritti delle donne in quel Paese;
- nella scelta di Mahsa Amini, uccisa per aver protestato contro
l’oppressione e delle migliaia di donne che anche in Iran rischiano la
vita e il carcere lottando per la dignità e la libertà;
- nella scelta delle ONG che, per salvare i migranti nei nostri
mari, danno concreta attuazione alle leggi internazionali sull’obbligo
di soccorso in mare sfidando politiche ingiuste e omertose;
- nella scelta di numerose associazioni, gruppi, movimenti e
comunità che continuano a resistere e a promuovere cammini di
giustizia, di pace e di prossimità,
- nella scelta di milioni di giovani che apertamente e
pacificamente manifestano per le strade del mondo e operano da
volontari in tanti ambiti della vita sociale richiamandoci all’impegno
di prenderci cura di nostra madre Terra e di lottare accanto ai fragili
e contro le ingiustizie e le iniquità del nostro mondo.
LE MIGRAZIONI E LE LORO NARRAZIONI
Il rapporto “Italiani nel Mondo 2022” promosso dalla Fondazione
Migrantes afferma che il numero degli italiani residenti all’estero
(oltre 5,8milioni, il 9,8% della popolazione) abbia superato quello
degli stranieri residenti in Italia (quasi 5,2milioni, l’8,8%).
In questo contesto interculturale e di migrazioni universali, ci
rattrista constatare quanto si stia rafforzando in Italia e in Europa
la chiusura verso i migranti. Il numero di persone in fuga ha segnato
un nuovo record nel 2022 con oltre 100 milioni di persone confermando
la tendenza a crescere dell’ultimo decennio, seppure con numeri tali
verso l’Europa e l’Italia da non giustificare alcuna presunta
“invasione”.
Più dell’80% dei rifugiati, infatti, proviene da – e trova rifugio in –
Paesi poveri del Sud del mondo dai quali i rifugiati stessi quasi mai
vengono ricollocati verso l’Europa, creando in tal modo non solo dei
campi, ma quasi interi paesi con funzioni di confinamento, come è stato
ricordato proprio al Centro Balducci in un Convegno internazionale a
inizio dello scorso mese di maggio, l’ultimo evento al quale Pierluigi
ha partecipato.
Vogliamo far fronte a una narrazione delle migrazioni che fomenta
inutili paure e pregiudizi, portando al rifiuto delle persone
provenienti da altri Paesi.
Addolora profondamente che dal 2014 siano più di 50mila le persone
morte sulle rotte di migrazione: i dati dell’International Organization
for Migration (IOM) in un recentissimo rapporto confermano che più
della metà dei morti si sia verificato sulle rotte verso e all’interno
dell’Europa, e più del 60% del totale rimanga non identificato.
Nonostante l’aumento delle perdite di vite umane, i Governi europei e
il nostro in particolare non stanno realizzando alcun programma
efficace di ricerca e soccorso in mare che consenta di almeno arginare
la strage in corso. Solo le ONG, spesso criminalizzate, sono rimaste a
ricordare che l’Europa è – o, meglio, dovrebbe essere – un progetto di
unità politica basata sul rispetto dei diritti umani.
Anche nei nostri territori si presentano situazioni di estrema gravità
con persone ammassate in caserme o abbandonate in strada, senza la pur
minima attenzione ai loro diritti e ai loro reali bisogni.
Siamo convinti che si tratti di una tendenza che può essere invertita
solo compiendo uno sforzo rinnovato e concertato per costruire in
comune sentieri di pace, giustizia e solidarietà.
Non vogliamo quindi chiudere gli occhi di fronte a quelle guerre
strumentali che facciamo ai migranti, ai richiedenti asilo, ai
disperati della storia, a chi entra nelle nostre terre di confine
percorrendo la Rotta balcanica, una delle vie di fuga più dure in
Europa, segnate da violenze e continui respingimenti illegali. I
medesimi respingimenti che preoccupanti dichiarazioni pubbliche di
questi giorni dell’attuale sottosegretario agli Interni Prisco vede
reintrodurre alla frontiera tra Italia e Slovenia.
Coloro che facciamo fatica a incontrare e accogliere non sono
statistiche e meri numeri, non sono “carico residuale”, ma persone,
fratelli e sorelle di questa umanità: il “prossimo tuo” per Gesù di
Nazareth, per chi crede in Lui e per tante altre persone che ne
condividono l’ideale di fratellanza.
UN CONTESTO SOCIALE COMPLESSO E SOFFERTO
Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte alle tragedie attuali,
sentendo nostro il dolore di tante famiglie per la perdita di persone
care anche a causa della pandemia tuttora in corso, delle catastrofi
naturali (è di sole poche settimane fa la frana che ha travolto
nell’isola di Ischia il paese di Casamicciola), di tante guerre (oltre
a quello tra Russia e Ucraina, ben altri 58 conflitti coinvolgono 160
Paesi) e di suicidi, vera e propria emergenza che ha segnato un
considerevole aumento soprattutto all’interno di strutture come:
- carceri (il 2022 segna il macabro record in Italia: 79 persone, in
Friuli l’ultima, il 7 novembre scorso, di un ventiduenne ospitato nella
casa circondariale di Udine),
- caserme (i dati nazionali sono spietati: un uomo appartenente alle
Forze armate, di polizia o di sicurezza ogni cinque giorni),
- e strutture dove sono accolti profughi e richiedenti asilo (ci ha
colpito il suicidio del ventottenne pakistano appena entrato nel Cpr di
Gradisca).
Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte a un’“economia che uccide”:
uccide l’uomo e il pianeta, porta alla crisi alimentare (quella
aggravata dalle tre “C”: il Covid-19, i conflitti e il clima) con
milioni di persone al mondo che muoiono di fame e una minoranza che
butta via un terzo del cibo prodotto, mettendo a nudo che, se il pane
quotidiano Dio lo dà a tutti, siamo noi che ancora non abbiamo imparato
a condividerlo; un’economia che costringe 160 milioni di bambini al
lavoro minorile per sopravvivere, che produce “scarti” e genera
l’aumento delle situazioni di povertà “assoluta” (secondo il recente
report di Caritas Italiana, solamente in Italia vede coinvolte due
milioni di famiglie che non possono permettersi la spesa minima per
condurre una vita accettabile).
Siamo per una “economia della vita”, amica della terra e dell’uomo. Per
questo aderiamo idealmente e fattivamente anche noi al “Patto di Assisi
2022”, firmato da papa Francesco e da giovani economisti provenienti da
tutto il mondo il 22 settembre scorso, che pubblichiamo in calce a
questa lettera.
LA GUERRA E LA CORSA AL RIARMO
Non vogliamo rassegnarci ai conflitti che ci pongono popolo contro
popolo. Lo scorso 27 marzo il pontefice ha affermato il “bisogno di
ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri
seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza
averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono”. La
guerra è un abominio e ci domandiamo se possa mai esistere una “guerra
giusta”.
Per questo non vogliamo rassegnarci nemmeno all’uso indiscriminato
delle armi. L’invasione di Putin, oltre ad aver portato distruzione e
morte nelle città ucraine, ha avuto come effetto un pesante
arretramento di qualsiasi progresso internazionale su disarmo e
politiche di pace. Ci stiamo abituando al fatto che la guerra sia
considerata un normale mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali determinando in questo decennio un arretramento storico
senza precedenti dopo il 1948. Lo dimostrano la profonda crisi del
sistema delle Nazioni Unite e le recenti decisioni di robusto aumento
della spesa militare, che si va a sommare ad un trend già in decisa
crescita.
Soprattutto ci sentiamo di esprimere forte preoccupazione sulla corsa
agli armamenti, perché toglie vitali risorse, affamando intere
popolazioni, e perché “alza l’asticella” aggravando la minaccia posta
dalle armi nucleari, presenti in Italia anche e non solo nella base
Usaf di Aviano.
Per contribuire a spalancare un futuro di pace, riteniamo sempre più
necessario che il nostro Governo aderisca al Trattato di Proibizione
delle Armi Nucleari.
Tutti gli Stati nucleari e i loro alleati (tra i quali, purtroppo,
anche l’Italia) hanno votato di recente contro una Risoluzione nel
Primo Comitato Onu a sostegno del Trattato di Proibizione delle Armi
Nucleari (passata con 124 voti favorevoli). E addirittura votando
contro o – come l’Italia – astenendosi su una seconda Risoluzione che
ribadiva “la profonda preoccupazione per le conseguenze catastrofiche
delle armi nucleari” sottolineando “che è nell’interesse della
sopravvivenza stessa dell’umanità che le armi nucleari non vengano mai
più utilizzate, in nessuna circostanza”. La risoluzione esortava
inoltre gli Stati “a compiere ogni sforzo per eliminare totalmente la
minaccia di queste armi di distruzione di massa”. Come può dirsi
democratica una nazione come l’Italia se si astiene dal firmare tale
documento?
Insomma, al momento nessuno vuole abbandonare gli arsenali nucleari,
che garantiscono potere e predominio, nonostante un pericolo di guerra
atomica distruttiva mai così vicino.
Abbiamo il diritto di vivere in un mondo libero da questa minaccia. E
abbiamo il dovere di consegnare a figli e nipoti un futuro degno di
questo nome, educandoli dalla più tenera età a prendersi cura delle
persone che incontrano con uno sguardo universale verso chi soffre pur
lontano fisicamente da loro.
Qualsiasi uso di arma nucleare, intenzionale o accidentale, avrebbe
conseguenze catastrofiche, vastissime e durature per gli esseri umani e
per l’ambiente: Hiroshima e Nagasaki lo insegnano. È necessario mettere
le armi nucleari fuori dalla storia prima che siano loro a mettere
fuori dalla storia l’intera umanità! Così affermava sir Józef Rotblat,
fisico polacco Nobel per la pace per la lotta contro lo studio e
l’utilizzo delle armi nucleari: “Ricordatevi la vostra umanità e
dimenticate tutto il resto!”. Un’umanità che ci fa fratelli gli uni
degli altri nella condivisione delle diversità che ci caratterizzano,
perché è nell’accoglienza della diversità che non solo riscopriamo la
nostra identità, ma ci ritroviamo dall’altro arricchiti.
SOLIDALI CON GLI ESCLUSI E GLI EMARGINATI
Mentre siamo drammaticamente coinvolti nei grandi cambiamenti epocali e
in un vissuto di violenza e sopruso nei confronti dei più deboli, il
Vangelo è per noi luce di speranza che c’invita a sentirci tenuti per
mano da Gesù di Nazareth. È Lui che, incoraggiandoci a non aver paura e
a camminare insieme, ci spinge a osare di più, abitando nella
concretezza le periferie esistenziali. Gesù stesso, negli ultimi
momenti della sua vita terrena, ci ha voluto affidare alla custodia del
Padre perché potessimo avere in noi stessi “la pienezza della sua
gioia” (cf. Gv 17,11.13), una gioia frutto della misericordia di un
Padre che ci ama non per i nostri meriti, ma perché ne siamo figli e
desidera che tutti siano parte di una vita piena. È questo che crea in
noi la fiducia che nella nostra esistenza l’ultima parola l’avrà
l’Amore. Ed è questa fiducia che vorremmo trasmettere a chi ci legge.
Nell’accogliere questo dono, percepiamo che celebrare il Natale
significa viverlo in quella dimensione universale di fraternità;
significa fargli spazio essendo solidali con gli esclusi ed emarginati
della storia; significa trovare la forza per rinnovare l’impegno a
stare dalla parte degli indifesi con la medesima fedeltà di Hebe de
Bonafini, morta lo scorso mese di novembre all’età di 93 anni,
attivista argentina tra le 14 fondatrici, nel 1977, delle Madri di
Plaza de Mayo con le quali ha lottato tutta la vita sfidando il regime
al potere e sfilando pacificamente nelle piazze per chiedere verità e
giustizia per gli oltre 30mila desaparecidos uccisi sotto la dittatura.
L’umanissimo figlio di Dio, accolto nel Natale, c’insegni la strada per
un tenore di vita improntato alla sobrietà, alla corresponsabilità e
alla condivisione, proiettandoci verso un futuro possibile e
realizzabile, più dignitoso per tutti.
E sarà un giorno di primavera per questa nostra umanità.
I firmatari:
i preti Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Fabio
Gollinucci, Franco Saccavini, Giacomo Tolot, Gianni Manziega, Luigi
Fontanot, Mario Vatta, Massimo Cadamuro, Nandino Capovilla, Paolo
Iannaccone, Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
Andrea Bellavite;
l’Associazione “Esodo” di Venezia;
il Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD),
il Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste
La lettera di Natale
2022 in pdf