Le
spiagge, la politica e il corpo delle donne
Il comunicato stampa di RETE DASI
Trieste, 15 agosto 2023
Preoccupano molto i fatti accaduti ieri al bagno “Il Pedocin” di
Trieste dove alcune donne musulmane, entrate in mare con il corpo
coperto, indossando il burkini o i propri normali abiti, sono state
insultate da altre bagnanti, che hanno ritenuto lecito utilizzare nei
loro confronti modalità pesantemente intimidatorie, del tutto
inaccettabili e perseguibili sul piano penale.
Le polemiche inaugurate alcune settimane fa dalla sindaca di Monfalcone
nei confronti delle donne islamiche che fanno il bagno nella spiaggia
di Marina Julia senza spogliarsi dei propri indumenti sembrano aver
aperto la strada a prese di posizione pericolose, intrinsecamente
violente, anche da parte di semplici cittadine/i, nel dilagare di
ostilità, pregiudizi, intolleranza verso abitudini e stili di vita
propri di altre culture e tradizioni.
La Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale del FVG ricorda
alla sindaca Anna Maria Cisint e al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza
- intervenuto sui fatti del “Pedocin” in maniera del tutto impropria -
che non esiste nessun obbligo, da parte delle persone provenienti da
altri paesi di conformarsi alle abitudini locali, che non è possibile
imporre limitazioni all’abbigliamento per motivi religiosi, come
previsto dall’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Compito di chi amministra le città non è dunque quello di legiferare in
materie che non sono consentite, ma quello di tutelare una convivenza
democratica, rispettosa dei diritti delle persone, delle differenze
culturali e religiose, avendo a cuore la composizione delle tensioni
sociali anziché la loro incentivazione, la salvaguardia della sicurezza
e dell’incolumità di quanti vivono nello spazio urbano, in tutte le
manifestazioni della loro vita, entro l’orizzonte tracciato dalla
Costituzione della Repubblica.
Non possiamo infine non osservare che sul corpo delle donne si
esercitano ancora politiche di controllo di stampo patriarcale:
obbligate a velarsi in Iran e ora invitate a spogliarsi in
Italia, alle donne viene negata la libertà di scegliere, di decidere
autonomamente come condurre la loro esistenza. Una lunga tradizione
misogina, e nel caso specifico fortemente
xenofoba (a prescindere dal genere di chi opera nelle istituzioni),
pretende ancora di normare il loro modo di abbigliarsi.
Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale FVG
retediritti@gmail.com
In allegato il comunicato in pdf