Viandanti di pace
Viandanti di pace
LETTERA DI NATALE 2023
Quest'anno pubblicata in italiano e sloveno
Viandanti di pace
LETTERA DI NATALE 2023

La lettera di Natale in pdf     Božično pismo v pdf

Anche quest’anno, avvicinandoci al Natale e ricordando Pierluigi Di Piazza, compagno di strada di tanti uomini e donne appartenenti alle varie tribù della terra, vogliamo condividere qualche proposta di riflessione e confronto con ciascuna e ciascuno di voi.

La ricorrenza del Natale si celebra in concomitanza con il solstizio d’inverno, tempo che tutte le culture dell’emisfero settentrionale del pianeta hanno percepito come portatore di un’immensa speranza proprio nel momento in cui le tenebre e il freddo sembrano aver sopraffatto la luce e il calore del sole. Da quel momento le giornate si allungano e i raggi della nostra stella sembrano lentamente risvegliare i semi e i germogli di una nuova vita apparentemente sepolti nella terra.

È questo il significato dato dai credenti alla celebrazione della notte del Natale e alle suggestive luminarie che decorano alberi, davanzali, vie e piazze cittadine.

La parola chiave è per questo speranza: non un facile e incosciente ottimismo, incapace di riconoscere i problemi e costretto a minimizzare le tragedie personali e collettive che coinvolgono ogni aspetto del creato, piuttosto la certezza che la forza dell’intelligenza, della volontà, della fede profonda in una trascendenza, alla quale si possono attribuire diversi nomi, può interrompere la corsa verso la catastrofe che sembra caratterizzare il nostro tempo.

La speranza è poi legata all’attesa che coltiviamo dentro di noi e che condividiamo con coloro che accompagnano il nostro cammino: anche la nostra speranza si rinnova nel momento in cui ci accorgiamo di chi incontriamo, quando siamo pronti ad ascoltare e a riconoscere le sue attese.

Se oggi la guerra appare a molti non solo legittima, ma anche utile e, a suo modo, “razionale”, e sembra che a doversi giustificare sia piuttosto la pace, la speranza si trasforma nell’impegno attraverso il quale ognuna e ognuno di noi, individualmente e insieme, permettono al bene di contrastare il male, alla giustizia di vincere l’iniquità, al perdono di cancellare il desiderio di vendetta.

In una società che presenta gravi fenomeni di “violenza diffusa”, quale segno di una profonda crisi delle dimensioni valoriali e relazionali, che invece dovrebbero qualificare la vita delle nostre comunità, ci sentiamo impegnati a dar vita a una speranza caratterizzata da una “lotta” quotidiana, combattuta con le armi della nonviolenza attiva, nella disponibilità – come scriveva Gandhi – a essere colpiti piuttosto che colpire, anche a morire piuttosto che uccidere, nella consapevolezza di contribuire così a un cambiamento radicale di quegli interessi e di quei disvalori che conducono alla violenza e alla guerra. Perché – lo ribadiamo a 60 anni dalla pubblicazione dell’enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” – non esiste una “guerra giusta”; essa è “totalmente irrazionale” (“alienum a ratione”).

Per questo ci lasciamo provocare dalle parole e dalle azioni di tante donne e di tanti uomini che nel corso dei secoli hanno testimoniato con la loro dedizione e a volte anche con il loro sangue l’amore e la passione per la pace nella giustizia, rispettando la madre terra e servendo ogni giorno ogni creatura vivente. E ci lasciamo interpellare da quanti, da artigiani della pace, preparano il terreno per la riconciliazione e la coesistenza nella diversità, come la Commissione per la Verità e la Riconciliazione del Sudafrica, il cui contributo è stato cruciale nella fase di transizione democratica di quel Paese favorendo il processo di riconciliazione nazionale e divenendo strumento di superamento delle ingiustizie e delle divisioni del passato fondando ogni suo intervento su comprensione, riparazione e compassione.

Consapevoli della complessità del nostro tempo, ci riconosciamo nei principi fondamentali del Vangelo di Gesù di Nazareth che c’invita a compiere il gesto sanamente provocatorio di “porgere l’altra guancia” a chi ci percuote, a “donare anche la tunica a chi chiede il mantello”, a “percorrere due miglia con chi domanda la compagnia per un miglio” (cf. Mt 5,38-41).

Restano alcuni fondamentali punti interrogativi: come conciliare il principio che reclama una pace fondata sulla nonviolenza con la volontà di ostacolare la potenza del male che vuole inghiottire ogni parvenza di bene? A queste condizioni, come poter coniugare l’accorata constatazione della realtà con l’appello iniziale alla speranza?

In primo luogo guardiamo con immensa angoscia alla guerra, che sembra essere ritenuta ancora l’unica possibile soluzione alle controversie fra i popoli e le persone.

In decine di Paesi, in tutti i continenti, l’umana intelligenza è umiliata dal fragore delle armi e l’umanità constata quotidianamente il proprio fallimento. Il sistema mediatico, dominato dai medesimi interessi di chi tiene le fila dell’imperante potere economico e finanziario, s’interessa soltanto alle situazioni che più da vicino possono minacciare il Nord del mondo e per questo l’anno 2023 sarà ricordato soprattutto per l’assurdo perdurare della guerra tra Ucraina e Russia e, dopo gli sconvolgenti attentati del 7 ottobre scorso, la recrudescenza sanguinosa del conflitto tra Israele e Palestina. Si può ancora tardare nel riconoscere le giuste istanze di libertà e autodeterminazione del popolo palestinese, come del resto già indicato negli Accordi di Oslo del 1993?

Cosa può fare ciascuno di noi, per partecipare in qualche modo all’impresa di pacificazione e costruzione di nuovi rapporti?

Prima di tutto è necessario informarsi, azione non semplice nella confusione estrema d’informazioni che quotidianamente riceviamo. È importante conoscere persone che possano trasmettere notizie “in diretta”, che vivono e condividono le situazioni delle realtà in guerra, così come è importante informarsi su coloro che, sperando contro ogni speranza, già cercano di attivare e perseguire percorsi di riconciliazione.

È poi necessario “essere di parte”, cioè portare in ogni luogo frequentato la proposta di sostenere ogni negoziato e trattativa contro ogni forma di violenza destinata inevitabilmente a produrre altra violenza. Crediamo che la partecipazione democratica, nei luoghi previsti per le decisioni istituzionali come pure nelle manifestazioni pubbliche assembleari, possa costituire una valida pressione per orientare l’opinione pubblica e far sentire la propria voce rafforzata dall’elevarla insieme agli altri.

Tutto ciò non toglie l’impegno personale di ciascuno, nei propri ambiti di esistenza e di lavoro. A volte anche un sorriso, un gesto di accoglienza, una mano stretta, una richiesta di perdono offerta o ricevuta potrebbero essere dei piccoli momenti in controtendenza in grado di alleviare, anche se in minima misura, l’immenso peso del dolore che grava sul mondo.

Da questo punto di vista sosteniamo con convinzione le persone che nelle nostre città si adoperano, giorno e soprattutto notte, per aiutare le migliaia di migranti che giungono dalle nostre parti, dopo aver seguito soprattutto la Rotta balcanica. A Trieste da anni c’è chi cura le piaghe e le ferite di chi è riuscito ad arrivare in Italia, a Gorizia c’è un appuntamento quotidiano con chi è costretto a dormire all’addiaccio, a Udine e Pordenone ci sono altri volontari che si impegnano fino al limite delle loro forze. Continua nel frattempo il lavoro dei Centri di accoglienza come il “Balducci” di Zugliano, dei Consorzi e delle Cooperative, delle Associazioni riunite nella Rete Dasi del Fvg per i Diritti, l’Accoglienza e la Solidarietà Internazionale. Con azioni competenti ed efficaci propongono costantemente a livello politico e agiscono sui territori per promuovere l’accoglienza diffusa. Alcuni Comuni, troppo pochi nella nostra regione, hanno accettato di amministrare il Sai - Servizio Accoglienza Immigrati, alternativa ai centri affollati.

Questi motivi di speranza inducono a chiedere che finalmente ci sia un impegno da parte dei Paesi dell’Unione Europea non nel cercare i modi per “difendersi” da tanta gente inerme che vuole soltanto trovare il modo di continuare a vivere, ma nell’affrontare serie e importanti politiche del lavoro, della casa, dei ricongiungimenti familiari. Coordinando un nuovo modo di concepire anche la stessa Comunità Europea, sarà possibile contrastare le mafie internazionali, assumendo il controllo dei flussi migratori, attualmente gestiti dalla potenza dell’illegalità mondiale, attraverso lo sfruttamento che coinvolge non solo i migranti, ma anche i poveri.

Certo, ci sembra di essere ancora molto lontani da queste prospettive, anzi, si ha la sensazione di un progressivo, ulteriore peggioramento della situazione. Le persone che ogni notte dormono all’addiaccio nelle nostre città, spesso sotto la pioggia, quasi sempre al freddo, pongono serie domande sul grado di civiltà delle nostre regioni.

Al di là delle legittime diversità di opinione, il rifiuto di cercare un tetto da mettere a disposizione, la mancata volontà di soccorrere coloro che sono nella necessità, addirittura la denigrazione dei volontari che spendono tempo ed energie per stare accanto ai nuovi venuti, sono segnali molto preoccupanti di un degrado del concetto stesso di “umanità”. Dire poi che “aiutare” significa incentivare le migrazioni, oltre che manifestazione d’ignoranza, è inquietante segnale d’insensibilità.Un bel segnale di speranza per la Slovenia, per il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e le regioni contermini, è la proclamazione e il percorso di avvicinamento di Nova Gorica con Gorizia a capitale europea della Cultura 2025. Luoghi, che per una parte del secolo scorso hanno visto scorrere tanto sangue nelle guerre e hanno sperimentato l’oppressione della dittatura, diventano esempio a livello continentale di come sia possibile crescere insieme, nell’armonia e nella disponibilità a trasformare le incomprensioni del passato in occasione di costruzione di un nuovo modo d’intendere il fondamento europeo dell’unità nella diversità. La differenza linguistica e culturale può essere davvero una straordinaria spinta verso l’amicizia fra i popoli.

Ci si augura che questo eccezionale riconoscimento non sia interpretato solo come una semplice opportunità di arricchimento dei Comuni coinvolti oppure come la motivazione per un momentaneo abbellimento degli arredi urbani o al massimo per moltiplicare iniziative teatrali o musicali. La capitale europea della Cultura sarà tale, se diventerà capitale europea dell’accoglienza e laboratorio internazionale di giustizia e di pace. Potrebbe essere il luogo in cui s’incontrano le delegazioni di Paesi in conflitto per avviare percorsi verso i trattati di pace. E, con l’aiuto delle Facoltà universitarie e degli altri Centri accademici in Slovenia come in Italia, potrebbe essere la sede della preparazione dei Corpi civili di pace europei. Giovani da tutta Europa e dal mondo potrebbero raggiungere Nova Gorica e Gorizia per formarsi a essere professionisti capaci e competenti, pronti a impegnarsi con l’arma della nonviolenza, come forze di interposizione tra i belligeranti. Il sogno sarebbe la trasformazione di una delle caserme dismesse e abbandonate, in campus di studio e convivenza per i giovani impegnati in tali percorsi formativi.

Continuando a ritenere indispensabile il superamento delle anacronistiche divisioni tra le Chiese cristiane riteniamo un segno dei tempi l’impegno di riconoscimento reciproco fra tutte le forme religiose esistenti nel mondo. Esemplare, in questo tempo appesantito da gravi conflitti, il momento prolungato di silenzio vissuto alcune domeniche fa a Trieste dai rappresentanti di tutte le religioni presenti nel capoluogo regionale e protesi sul mare verso il Medioriente su un Molo Audace affollato da più di millecinquecento persone, per fare un passo incontro all’altro e accorgerci del suo dolore, per dire che Dio, in qualunque modo lo si chiami, non vuole alcuna guerra tra i suoi figli ed è tempo di essere audaci e osare la fraternità, imparando a vivere da fratelli e sorelle.

Inoltre, guardiamo con speranza anche all’attuale momento della Chiesa cattolica.

L’inconfondibile impronta della parola e dell’azione di papa Francesco ha portato fino alla celebrazione del “Sinodo sulla sinodalità”, una specie di gioco di parole che sottende la coraggiosa decisione di mettere in discussione alcuni finora apparentemente indiscutibili capisaldi della teologia e della prassi della Chiesa.

Sulla scia, ma con maggior consapevolezza rispetto allo stesso dettato del Concilio Vaticano II, vengono finalmente messi sotto la lente temi come la costituzione  erarchica della Chiesa, la differenza “essenziale” tra sacerdozio ordinato e battesimale, il riconoscimento e la valorizzazione della presenza delle donne, la libertà di coscienza e la capacità di accoglienza, la compartecipazione alle gioie e ai dolori dell’umanità contemporanea. La scelta per la pace e il disarmo sembra una strada intrapresa e si spera senza possibilità di ripensamenti, come proposto dall’autorevole magistero dell’attuale vescovo di Roma.

In questa linea vorremmo riproporre ancora l’ormai ultraventennale Via Crucis da Pordenone ad Aviano, in questi ultimi anni non troppo frequentata, soprattutto dai giovani. Forse con nuove formule e metodi, vorremmo ancora camminare insieme per denunciare la presenza di decine di armi di distruzione di massa ad Aviano e in altri centri militari regalati dall’Italia agli Usa e alla Nato e preclusi alla libera fruizione delle cittadine e dei cittadini.

A fronte di tutto ciò l’augurio di un buon Natale non può non partire dall’immagine di Umberto Galimberti nella quale ci rispecchiamo profondamente: è quella del “viandante”. Come da viandante celebriamo la nascita stessa di Gesù di Nazareth e il prosieguo della sua vita. A dispetto del viaggiatore, interessato alla meta, il viandante incontra il prossimo che è altro da sé, è costretto a fare i conti con il cammino e le periferie, con la differenza e l’alterità… e trova nella “convivialità delle differenze” il suo futuro, che è il futuro dell’umanità, il futuro di una terra segnata dallo shalom.

In questo spirito e con l’obiettivo di alimentare una cultura della cura e delle relazioni solidali, invitiamo alla 56a edizione della Marcia nazionale per la pace che, promossa da Conferenza Episcopale Italiana, Azione Cattolica, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari e Pax Christi, quest’anno si terrà nel pomeriggio di domenica 31 dicembre: sarà un cammino transfrontaliero da Gorizia alla Cattedrale slovena di Nova Gorica, accompagnati da interventi e testimonianze per riprendere il passo da viandanti e assumerci la responsabilità di divenire ciascuno nel suo mondo autentico architetto e artigiano di pace e fraternità.

I firmatari:
i preti Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Fabio Corazzina, Fabio Gollinucci, Franco Saccavini, Giacomo Tolot, Gianni Manziega, Luigi Fontanot,  Mario Vatta, Nandino Capovilla, Paolo Iannaccone, Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
p. Bogdan Knavs (Sveta Gora - SLO);
Andrea Bellavite;
Lisa Pelletti Clark (Beati i Costruttori di Pace);
Associazione “Esodo” di Venezia;
Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD),
Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste

La lettera di Natale in pdf

Popotniki miru
Božična poslanica 2023

Tudi letos, ko se bližamo božiču in se spominjamo Pierluigija Di Piazze, sopotnika številnih moških in žensk iz različnih narodov zemlje, bi radi z vsakim od vas delili nekaj predlogov za razmislek in razpravo.

Božič se praznuje ob zimskem solsticiju, ki so ga vse kulture na severni polobli dojemale kot obdobje, ki prinaša neizmerno upanje v času, ko se zdi, da sta tema in mraz preglasila svetlobo in toploto sonca. Od zimskega solsticija naprej se dnevi daljšajo in zdi se, da žarki naše zvezde počasi prebujajo semena in poganjke novega življenja, ki se zdijo zakopani v zemlji.

To je pomen, ki ga verniki pripisujejo praznovanju božične noči in osupljivim lučkam, ki krasijo drevesa, okenske police, ulice in mestne trge.

Ključna beseda tega časa je upanje: ne lahkoten in nezavedni optimizem, ki ni zmožen prepoznati težav in je prisiljen zmanjševati osebne in kolektivne tragedije, ki zadevajo vse vidike stvarstva, temveč prepričanje, da lahko moč inteligence, volje in globoke vere v transcendenco, ki ji lahko pripišemo različna imena, prekine tek proti katastrofi, ki se zdi značilna za naš čas.

Upanje je torej povezano s pričakovanjem, ki ga gojimo v sebi in ga delimo s tistimi, ki nas spremljajo na naši poti: tudi naše upanje se povrne, ko se zavedamo tistih, ki jih srečamo, ko smo jim pripravljeni prisluhniti in prepoznati njihova pričakovanja.

Če se danes vojna mnogim zdi ne le legitimna, ampak tudi koristna in po svoje »razumna«, in se zdi, da je predvsem treba upravičiti mir, se upanje spremeni v zavezo, s katero vsakdo od nas, kot posameznik in kot del družbe, omogoči, da se dobrota zoperstavi zlu, pravičnost premaga krivico, odpuščanje pa zatre željo po maščevanju.

V družbi, ki kaže zaskrbljujoče fenomene »razširjenega nasilja« kot znak globoke krize vrednot in odnosov, ki bi morali določati življenje naših skupnosti, se čutimo zavezani oživljati upanje, ki ga zaznamuje vsakodnevni »boj« z orožjem aktivnega nenasilja, v pripravljenosti - kot je zapisal Gandhi - bolje kot pohabiti, je biti pohabljen, ali celo bolje biti ubit kot ubiti, z zavedanjem, da s tem prispevamo k radikalni spremembi interesov in vrednot, ki vodijo v nasilje in vojno. Ponavljamo, 60 let po objavi enciklike Janeza XXIII. »Pacem in Terris«, ne le, da »pravična vojna« ne obstaja; je »popolnoma nesmiselna« (»alienum a ratione«).

Zato se pustimo spodbuditi besedam in dejanjem številnih žensk in moških, ki so skozi stoletja s svojo predanostjo in včasih celo s krvjo pričevali o ljubezni in strasti do miru in pravičnosti, spoštovanju matere Zemlje in vsakodnevnem služenju vsem živim bitjem. Dovolimo, da nas izzivajo tisti, ki kot obrtniki miru pripravljajo teren za spravo in sožitje v različnosti, kot na primer južnoafriška Komisija za resnico in spravo, katere prispevek je bil ključen pri demokratični tranziciji te države, saj je spodbujala proces nacionalne sprave in postala instrument za premagovanje preteklih krivic in delitev, pri čemer so vsi njeni posegi temeljili na razumevanju, popravi krivic in sočutju.

Zavedajoč se kompleksnosti našega časa, se prepoznavamo v temeljnih načelih evangelija Jezusa iz Nazareta, ki nas vabi k temu, da tistemu, ki nas udari »nastavimo še drugo lice«, da tistemu, ki nam hoče »vzeti obleko, pustimo še plašč« in če nas kdo »sili iti eno miljo daleč, pojdimo z njim dve« (prim. Mt 5,38-41).

Še vedno ostaja nekaj temeljnih vprašanj: kako uskladiti načelo, ki poziva k miru, temelječemu na nenasilju, z željo, da bi preprečili moč zla, ki želi pogoltniti vsakršno navidezno dobro? Kako v teh razmerah združiti iskreno spoznanje resničnosti z začetnim pozivom k upanju?

V prvi vrsti, z neizmerno tesnobo gledamo na vojno, za katero se še vedno zdi, da je edina možna rešitev sporov med narodi in ljudmi. V več deset državah na vseh celinah je človeška inteligenca ponižana zaradi hrupa orožja, človeštvo pa vsakodnevno opazuje svoj neuspeh. Sistem medijev, ki jih obvladujejo isti interesi kot tiste, ki so na čelu prevladujoče gospodarske in finančne moči, zanimajo le razmere, ki najbolj ogrožajo sever sveta, zato si bomo leto 2023 zapomnili predvsem po absurdnem nadaljevanju vojne med Ukrajino in Rusijo, po grozljivih napadih 7. oktobra ter po krvavem ponovnem izbruhu spora med Izraelom in Palestino. Lahko še vedno odlašamo s priznavanjem upravičenih zahtev po svobodi in samoodločbi palestinskega ljudstva, ki so bile izražene že v sporazumih iz Osla leta 1993?

Kaj lahko vsak od nas stori, da bi na nek način prispeval svoj delež pri vzpostavljanju miru in gradnji novih odnosov?

Najprej se je treba informirati, kar pa v izjemni zmedi informacij, ki jih dobivamo vsak dan, ni lahka naloga. Pomembno je spoznati ljudi, ki lahko posredujejo novice »v živo«, ki živijo in delijo razmere vojne realnosti, prav tako kot je pomembno izvedeti za tiste, ki v tem brezupnem stanju upajo in že poskušajo aktivirati in nadaljevati poti sprave.

Zato je treba »biti pristranski«, tj. povsod, kamor greste, prinesti predlog, da podprete vsako pogajanje in pobude proti vsem oblikam nasilja, ki so neizogibno obsojene na to, da bodo povzročile še več nasilja. Prepričani smo, da je demokratična udeležba na mestih, predvidenih za institucionalno odločanje, in na javnih shodih lahko dragocen pritisk za usmerjanje javnega mnenja in izražanje lastnega mnenja, ki se lahko okrepi, če ga izražamo skupaj z drugimi,

kar pa ne zmanjšuje osebne prizadevnosti vsakega posameznika na svojem področju bivanja in dela. Včasih so celo nasmeh, gostoljubnost, stisnjena roka, ponujena ali prejeta prošnja za odpuščanje lahko majhne, skromne geste, ki lahko vsaj malo ublažijo ogromno težo bolečine, ki bremeni svet.

S tega vidika srčno podpiramo ljudi v naših mestih, ki se podnevi in zlasti ponoči trudijo pomagati tisočim migrantom, ki prihajajo v naše kraje, večinoma po balkanski poti. V Trstu že vrsto let zdravijo rane tistih, ki jim je uspelo priti v Italijo, v Gorici se vsak dan srečujejo s tistimi, ki morajo spati na mrazu, v Vidmu in Pordenonu pa so še drugi prostovoljci, ki jim priskočijo na pomoč do skrajnih meja svojih moči. Medtem se nadaljuje delo sprejemnih centrov, kot je »Balducci« v Zuglianu, konzorcijev in zadrug ter združenj, združenih v mrežo Dasi v Furlaniji Julijski krajini za pravice, gostoljubje in mednarodno solidarnost. S kompetentnimi in učinkovitimi ukrepi nenehno sodelujejo na politični ravni in na terenu, da bi spodbudili razpršeno naselitev migrantov. Nekatere občine, sicer premalo številne v naši regiji, so se dogovorile, da bodo upravljale Sai - Servizio Accoglienza Immigrati (Služba za sprejem priseljencev), ki predstavlja alternativo prenatrpanim centrom.

Zahvaljujoč tem razlogom za upanje lahko zahtevamo, da se države Evropske unije končno zavežejo, da ne bodo iskale načinov, kako se »braniti« pred številnimi nezaščitenimi ljudmi, ki želijo le najti način za nadaljnje življenje, ampak se bodo lotile resnih in pomembnih politik na področju dela, nastanitve in združevanja družin. Z usklajevanjem novega načina pojmovanja celo same Evropske skupnosti se bo mogoče zoperstaviti mednarodnim mafijam in prevzeti nadzor nad migracijskimi tokovi, ki jih trenutno obvladuje globalne nezakonite organizacije, saj izkoriščanje ne vključuje le migrantov, temveč tudi revne.

Seveda se zdi, da smo še vedno daleč od zadanih ciljev; nasprotno, občutek imamo, da se razmere postopoma še poslabšujejo. Ljudje, ki v naših mestih vsako noč spijo na prostem, pogosto v dežju in skoraj vedno na mrazu, so resen pokazatelj problematike vprašanja o stopnji civilizacije v naših regijah. Poleg legitimnih razlik v mnenjih so zelo zaskrbljujoči znaki degradacije samega pojma »človečnosti« tudi zavračanje iskanja strehe nad glavo za druge, nepripravljenost priskočiti na pomoč ljudem v stiski, celo omalovaževanje prostovoljcev, ki porabijo čas in energijo, da bi bili na voljo priseljencem. Reči, da »pomagati« pomeni spodbujati migracije, je poleg tega, da je to izraz nevednosti, tudi zaskrbljujoč znak brezčutnosti.

Lep znak upanja za Slovenijo, Furlanijo Julijsko krajino, Benečijo in sosednje regije je razglasitev in približevanje Nove Gorice z Gorico pri projektu Evropska prestolnica kulture 2025. Kraji, v katerih je v prejšnjem stoletju v vojnah teklo toliko krvi in ki so bili podvrženi zatiranju diktature, so postali zgled, kako je mogoče rasti skupaj, v harmoniji in pripravljenosti preoblikovati pretekle nesporazume v priložnost za novo razumevanje evropskega temelja enotnosti v raznolikosti. Jezikovne in kulturne razlike so lahko zares izjemna spodbuda za prijateljstvo med narodi.

Upamo, da se to izjemno priznanje ne bo razumelo le kot priložnost za bogatenje zadevnih občin ali kot spodbuda za trenutno okrasitev ulic ali v najboljšem primeru za množitev gledaliških ali glasbenih prireditev. Evropska prestolnica kulture bo to zares postala, če bo postala evropska prestolnica gostoljubnosti ter mednarodni laboratorij pravičnosti in miru. Postane lahko kraj, kjer bi se sestajale delegacije držav, ki so v sporu, in bi začele pot k mirovnim sporazumom. S pomočjo univerzitetnih fakultet in drugih akademskih središč v Sloveniji in Italiji pa bi lahko bil tudi prizorišče za pripravo Evropske civilne mirovne enote. Mladi iz vse Evrope in iz celega sveta bi lahko prišli v Novo Gorico in Gorico, da bi se usposobili za sposobne in kompetentne strokovnjake, ki bi bili z orožjem nenasilja pripravljeni sodelovati kot posredniki med vojskujočimi se stranmi. Sanje so, da bi eno od neuporabljenih in zapuščenih vojašnic spremenili v študijski in bivalni kampus za mlade, ki se udeležujejo takšnih usposabljanj.

Čeprav še naprej vztrajamo, da je nujno premagati anahronistične delitve med krščanskimi cerkvami, menimo, da je prizadevanje za vzajemno priznavanje vseh verskih oblik po svetu, znamenje časa. V tem času hudih konfliktov je bil zgleden daljši trenutek tišine, ki so ga pred nekaj nedeljami v Trstu doživeli predstavniki vseh verstev, prisotni v deželni prestolnici, in ki se je raztezal čez morje proti Bližnjemu vzhodu na pomolu Audace z več kot tisoč petsto ljudmi, da bi naredili korak k drugemu in spoznali njegovo bolečino, da bi rekli, da Bog, kakor koli ga že imenujemo, ne želi vojne med svojimi otroci in da je čas za pogum in drznost spoprijateljiti se ter se naučiti živeti kot bratje in sestre.

Z upanjem gledamo tudi na sedanji položaj Katoliške cerkve. Nezgrešljiv vpliv besed in dejanj papeža Frančiška je pripeljal vse do zasedanja »sinode o sinodalnosti«, nekakšne besedne igre, ki se skriva v pogumni odločitvi, da postavi pod vprašaj nekatere doslej na videz nesporne temelje teologije in cerkvene prakse. Po njem, vendar z večjo zavestjo kot na samem drugem vatikanskem koncilu, so pod drobnogled končno vzete teme, kot so hierarhična konstitucija Cerkve, »bistvena« razlika med posvečenim in krstnim duhovništvom, priznavanje in krepitev prisotnosti žensk, svoboda vesti in možnost sprejemanja ter soudeležba pri radostih in žalostih sodobnega človeštva. Izbira za mir in razorožitev je, kot se zdi, izbrana pot, ki jo predlaga sedanji rimski škof kot vrhovni učitelj in, upajmo, brez možnosti spremembe poti.

V tem duhu bi radi ponovno predlagali zdaj že več kot dvajsetletni križev pot Via Crucis od Pordenona do Aviana, ki v zadnjih letih ni bil preveč obiskan, zlasti med mladimi. Morda bomo z novo vsebino in metodami hodili skupaj

in tako obsodili prisotnost več deset kosov orožja za množično uničevanje v Avianu in drugih vojaških oporiščih, ki jih je Italija podarila ZDA in Natu ter jih državljani ne morejo prosto uporabljati.

Spričo vsega tega želja po veselem božiču ne more ne izhajati iz podobe Umberta Galimbertija, v kateri se globoko zrcalimo: podobe »popotnika«. Kot popotniki praznujemo rojstvo Jezusa iz Nazareta in nadaljevanje njegovega življenja. Za razliko od potnika, ki ga zanima cilj, se popotnik sreča z bližnjim, ki je drugačen od njega, se mora sprijazniti s potjo in obrobjem, z razliko in drugačnostjo ... in v »dopuščanju razlik« najde svojo prihodnost, ki je prihodnost človeštva, prihodnost dežele, ki jo zaznamuje shalom.

V tem duhu in z namenom spodbujanja kulture skrbi in solidarnih odnosov vas vabimo na 56. narodni pohod za mir, ki bo letos ob podpori Italijanske škofovske konference, Katoliške akcije, italijanske Karitas, Gibanja fokolarov in gibanja Pax Christi potekal v nedeljo, 31. decembra, popoldne. To bo čezmejni pohod iz Gorice do konkatedrale v Novi Gorici, ki ga bodo spremljali govori in pričevanja, da bi kot popotniki stopili v korak in prevzeli odgovornost, da vsak v svojem svetu postane pristen arhitekt in obrtnik miru ter bratstva.

Podpisniki:
duhovniki Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini,
Fabio Corazzina, Fabio Gollinucci, Franco Saccavini,
Giacomo Tolot, Gianni Manziega, Luigi Fontanot,
Mario Vatta, Nandino Capovilla, Paolo Iannaccone,
Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
p. Bogdan Knavs (Sveta Gora - SLO);
Andrea Bellavite;
Lisa Pelletti Clark (Beati i Costruttori di Pace);
Associazione “Esodo” di Venezia;
Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD).
Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste

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Associazione - Centro di Accoglienza "E. Balducci" ODV ETS
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