La lettera di Natale in pdf Božično pismo v pdf
Anche quest’anno, avvicinandoci al Natale e ricordando Pierluigi Di
Piazza, compagno di strada di tanti uomini e donne appartenenti alle
varie tribù della terra, vogliamo condividere qualche proposta di
riflessione e confronto con ciascuna e ciascuno di voi.
La ricorrenza del Natale si celebra in concomitanza con il solstizio
d’inverno, tempo che tutte le culture dell’emisfero settentrionale del
pianeta hanno percepito come portatore di un’immensa speranza proprio
nel momento in cui le tenebre e il freddo sembrano aver sopraffatto la
luce e il calore del sole. Da quel momento le giornate si allungano e i
raggi della nostra stella sembrano lentamente risvegliare i semi e i
germogli di una nuova vita apparentemente sepolti nella terra.
È questo il significato dato dai credenti alla celebrazione della
notte del Natale e alle suggestive luminarie che decorano alberi,
davanzali, vie e piazze cittadine.
La parola chiave è per questo speranza: non un facile e incosciente
ottimismo, incapace di riconoscere i problemi e costretto a minimizzare
le tragedie personali e collettive che coinvolgono ogni aspetto del
creato, piuttosto la certezza che la forza dell’intelligenza, della
volontà, della fede profonda in una trascendenza, alla quale si possono
attribuire diversi nomi, può interrompere la corsa verso la catastrofe
che sembra caratterizzare il nostro tempo.
La speranza è poi legata all’attesa che coltiviamo dentro di noi e
che condividiamo con coloro che accompagnano il nostro cammino: anche
la nostra speranza si rinnova nel momento in cui ci accorgiamo di chi
incontriamo, quando siamo pronti ad ascoltare e a riconoscere le sue
attese.
Se oggi la guerra appare a molti non solo legittima, ma anche utile
e, a suo modo, “razionale”, e sembra che a doversi giustificare sia
piuttosto la pace, la speranza si trasforma nell’impegno attraverso il
quale ognuna e ognuno di noi, individualmente e insieme, permettono al
bene di contrastare il male, alla giustizia di vincere l’iniquità, al
perdono di cancellare il desiderio di vendetta.
In una società che presenta gravi fenomeni di “violenza diffusa”,
quale segno di una profonda crisi delle dimensioni valoriali e
relazionali, che invece dovrebbero qualificare la vita delle nostre
comunità, ci sentiamo impegnati a dar vita a una speranza
caratterizzata da una “lotta” quotidiana, combattuta con le armi della
nonviolenza attiva, nella disponibilità – come scriveva Gandhi – a
essere colpiti piuttosto che colpire, anche a morire piuttosto che
uccidere, nella consapevolezza di contribuire così a un cambiamento
radicale di quegli interessi e di quei disvalori che conducono alla
violenza e alla guerra. Perché – lo ribadiamo a 60 anni dalla
pubblicazione dell’enciclica di Giovanni XXIII “Pacem in Terris” – non
esiste una “guerra giusta”; essa è “totalmente irrazionale” (“alienum a
ratione”).
Per questo ci lasciamo provocare dalle parole e dalle azioni di
tante donne e di tanti uomini che nel corso dei secoli hanno
testimoniato con la loro dedizione e a volte anche con il loro sangue
l’amore e la passione per la pace nella giustizia, rispettando la madre
terra e servendo ogni giorno ogni creatura vivente. E ci lasciamo
interpellare da quanti, da artigiani della pace, preparano il terreno
per la riconciliazione e la coesistenza nella diversità, come la
Commissione per la Verità e la Riconciliazione del Sudafrica, il cui
contributo è stato cruciale nella fase di transizione democratica di
quel Paese favorendo il processo di riconciliazione nazionale e
divenendo strumento di superamento delle ingiustizie e delle divisioni
del passato fondando ogni suo intervento su comprensione, riparazione e
compassione.
Consapevoli della complessità del nostro tempo, ci riconosciamo nei
principi fondamentali del Vangelo di Gesù di Nazareth che c’invita a
compiere il gesto sanamente provocatorio di “porgere l’altra guancia” a
chi ci percuote, a “donare anche la tunica a chi chiede il mantello”, a
“percorrere due miglia con chi domanda la compagnia per un miglio” (cf.
Mt 5,38-41).
Restano alcuni fondamentali punti interrogativi: come conciliare il
principio che reclama una pace fondata sulla nonviolenza con la volontà
di ostacolare la potenza del male che vuole inghiottire ogni parvenza
di bene? A queste condizioni, come poter coniugare l’accorata
constatazione della realtà con l’appello iniziale alla speranza?
In primo luogo guardiamo con immensa angoscia alla guerra, che
sembra essere ritenuta ancora l’unica possibile soluzione alle
controversie fra i popoli e le persone.
In decine di Paesi, in tutti i continenti, l’umana intelligenza è
umiliata dal fragore delle armi e l’umanità constata quotidianamente il
proprio fallimento. Il sistema mediatico, dominato dai medesimi
interessi di chi tiene le fila dell’imperante potere economico e
finanziario, s’interessa soltanto alle situazioni che più da vicino
possono minacciare il Nord del mondo e per questo l’anno 2023 sarà
ricordato soprattutto per l’assurdo perdurare della guerra tra Ucraina
e Russia e, dopo gli sconvolgenti attentati del 7 ottobre scorso, la
recrudescenza sanguinosa del conflitto tra Israele e Palestina. Si può
ancora tardare nel riconoscere le giuste istanze di libertà e
autodeterminazione del popolo palestinese, come del resto già indicato
negli Accordi di Oslo del 1993?
Cosa può fare ciascuno di noi, per partecipare in qualche modo
all’impresa di pacificazione e costruzione di nuovi rapporti?
Prima di tutto è necessario informarsi, azione non semplice nella
confusione estrema d’informazioni che quotidianamente riceviamo. È
importante conoscere persone che possano trasmettere notizie “in
diretta”, che vivono e condividono le situazioni delle realtà in
guerra, così come è importante informarsi su coloro che, sperando
contro ogni speranza, già cercano di attivare e perseguire percorsi di
riconciliazione.
È poi necessario “essere di parte”, cioè portare in ogni luogo
frequentato la proposta di sostenere ogni negoziato e trattativa contro
ogni forma di violenza destinata inevitabilmente a produrre altra
violenza. Crediamo che la partecipazione democratica, nei luoghi
previsti per le decisioni istituzionali come pure nelle manifestazioni
pubbliche assembleari, possa costituire una valida pressione per
orientare l’opinione pubblica e far sentire la propria voce rafforzata
dall’elevarla insieme agli altri.
Tutto ciò non toglie l’impegno personale di ciascuno, nei propri
ambiti di esistenza e di lavoro. A volte anche un sorriso, un gesto di
accoglienza, una mano stretta, una richiesta di perdono offerta o
ricevuta potrebbero essere dei piccoli momenti in controtendenza in
grado di alleviare, anche se in minima misura, l’immenso peso del
dolore che grava sul mondo.
Da questo punto di vista sosteniamo con convinzione le persone che
nelle nostre città si adoperano, giorno e soprattutto notte, per
aiutare le migliaia di migranti che giungono dalle nostre parti, dopo
aver seguito soprattutto la Rotta balcanica. A Trieste da anni c’è chi
cura le piaghe e le ferite di chi è riuscito ad arrivare in Italia, a
Gorizia c’è un appuntamento quotidiano con chi è costretto a dormire
all’addiaccio, a Udine e Pordenone ci sono altri volontari che si
impegnano fino al limite delle loro forze. Continua nel frattempo il
lavoro dei Centri di accoglienza come il “Balducci” di Zugliano, dei
Consorzi e delle Cooperative, delle Associazioni riunite nella Rete
Dasi del Fvg per i Diritti, l’Accoglienza e la Solidarietà
Internazionale. Con azioni competenti ed efficaci propongono
costantemente a livello politico e agiscono sui territori per
promuovere l’accoglienza diffusa. Alcuni Comuni, troppo pochi nella
nostra regione, hanno accettato di amministrare il Sai - Servizio
Accoglienza Immigrati, alternativa ai centri affollati.
Questi motivi di speranza inducono a chiedere che finalmente ci sia
un impegno da parte dei Paesi dell’Unione Europea non nel cercare i
modi per “difendersi” da tanta gente inerme che vuole soltanto trovare
il modo di continuare a vivere, ma nell’affrontare serie e importanti
politiche del lavoro, della casa, dei ricongiungimenti familiari.
Coordinando un nuovo modo di concepire anche la stessa Comunità
Europea, sarà possibile contrastare le mafie internazionali, assumendo
il controllo dei flussi migratori, attualmente gestiti dalla potenza
dell’illegalità mondiale, attraverso lo sfruttamento che coinvolge non
solo i migranti, ma anche i poveri.
Certo, ci sembra di essere ancora molto lontani da queste
prospettive, anzi, si ha la sensazione di un progressivo, ulteriore
peggioramento della situazione. Le persone che ogni notte dormono
all’addiaccio nelle nostre città, spesso sotto la pioggia, quasi sempre
al freddo, pongono serie domande sul grado di civiltà delle nostre
regioni.
Al di là delle legittime diversità di opinione, il rifiuto di
cercare un tetto da mettere a disposizione, la mancata volontà di
soccorrere coloro che sono nella necessità, addirittura la denigrazione
dei volontari che spendono tempo ed energie per stare accanto ai nuovi
venuti, sono segnali molto preoccupanti di un degrado del concetto
stesso di “umanità”. Dire poi che “aiutare” significa incentivare le
migrazioni, oltre che manifestazione d’ignoranza, è inquietante segnale
d’insensibilità.Un bel segnale di speranza per la Slovenia, per il
Friuli Venezia Giulia, il Veneto e le regioni contermini, è la
proclamazione e il percorso di avvicinamento di Nova Gorica con Gorizia
a capitale europea della Cultura 2025. Luoghi, che per una parte del
secolo scorso hanno visto scorrere tanto sangue nelle guerre e hanno
sperimentato l’oppressione della dittatura, diventano esempio a livello
continentale di come sia possibile crescere insieme, nell’armonia e
nella disponibilità a trasformare le incomprensioni del passato in
occasione di costruzione di un nuovo modo d’intendere il fondamento
europeo dell’unità nella diversità. La differenza linguistica e
culturale può essere davvero una straordinaria spinta verso l’amicizia
fra i popoli.
Ci si augura che questo eccezionale riconoscimento non sia
interpretato solo come una semplice opportunità di arricchimento dei
Comuni coinvolti oppure come la motivazione per un momentaneo
abbellimento degli arredi urbani o al massimo per moltiplicare
iniziative teatrali o musicali. La capitale europea della Cultura sarà
tale, se diventerà capitale europea dell’accoglienza e laboratorio
internazionale di giustizia e di pace. Potrebbe essere il luogo in cui
s’incontrano le delegazioni di Paesi in conflitto per avviare percorsi
verso i trattati di pace. E, con l’aiuto delle Facoltà universitarie e
degli altri Centri accademici in Slovenia come in Italia, potrebbe
essere la sede della preparazione dei Corpi civili di pace europei.
Giovani da tutta Europa e dal mondo potrebbero raggiungere Nova Gorica
e Gorizia per formarsi a essere professionisti capaci e competenti,
pronti a impegnarsi con l’arma della nonviolenza, come forze di
interposizione tra i belligeranti. Il sogno sarebbe la trasformazione
di una delle caserme dismesse e abbandonate, in campus di studio e
convivenza per i giovani impegnati in tali percorsi formativi.
Continuando a ritenere indispensabile il superamento delle
anacronistiche divisioni tra le Chiese cristiane riteniamo un segno dei
tempi l’impegno di riconoscimento reciproco fra tutte le forme
religiose esistenti nel mondo. Esemplare, in questo tempo appesantito
da gravi conflitti, il momento prolungato di silenzio vissuto alcune
domeniche fa a Trieste dai rappresentanti di tutte le religioni
presenti nel capoluogo regionale e protesi sul mare verso il
Medioriente su un Molo Audace affollato da più di millecinquecento
persone, per fare un passo incontro all’altro e accorgerci del suo
dolore, per dire che Dio, in qualunque modo lo si chiami, non vuole
alcuna guerra tra i suoi figli ed è tempo di essere audaci e osare la
fraternità, imparando a vivere da fratelli e sorelle.
Inoltre, guardiamo con speranza anche all’attuale momento della
Chiesa cattolica.
L’inconfondibile impronta della parola e dell’azione di papa
Francesco ha portato fino alla celebrazione del “Sinodo sulla
sinodalità”, una specie di gioco di parole che sottende la coraggiosa
decisione di mettere in discussione alcuni finora apparentemente
indiscutibili capisaldi della teologia e della prassi della Chiesa.
Sulla scia, ma con maggior consapevolezza rispetto allo stesso
dettato del Concilio Vaticano II, vengono finalmente messi sotto la
lente temi come la costituzione erarchica della Chiesa, la
differenza “essenziale” tra sacerdozio ordinato e battesimale, il
riconoscimento e la valorizzazione della presenza delle donne, la
libertà di coscienza e la capacità di accoglienza, la compartecipazione
alle gioie e ai dolori dell’umanità contemporanea. La scelta per la
pace e il disarmo sembra una strada intrapresa e si spera senza
possibilità di ripensamenti, come proposto dall’autorevole magistero
dell’attuale vescovo di Roma.
In questa linea vorremmo riproporre ancora l’ormai ultraventennale
Via Crucis da Pordenone ad Aviano, in questi ultimi anni non troppo
frequentata, soprattutto dai giovani. Forse con nuove formule e metodi,
vorremmo ancora camminare insieme per denunciare la presenza di decine
di armi di distruzione di massa ad Aviano e in altri centri militari
regalati dall’Italia agli Usa e alla Nato e preclusi alla libera
fruizione delle cittadine e dei cittadini.
A fronte di tutto ciò l’augurio di un buon Natale non può non
partire dall’immagine di Umberto Galimberti nella quale ci rispecchiamo
profondamente: è quella del “viandante”. Come da viandante celebriamo
la nascita stessa di Gesù di Nazareth e il prosieguo della sua vita. A
dispetto del viaggiatore, interessato alla meta, il viandante incontra
il prossimo che è altro da sé, è costretto a fare i conti con il
cammino e le periferie, con la differenza e l’alterità… e trova nella
“convivialità delle differenze” il suo futuro, che è il futuro
dell’umanità, il futuro di una terra segnata dallo shalom.
In questo spirito e con l’obiettivo di alimentare una cultura della
cura e delle relazioni solidali, invitiamo alla 56a edizione della
Marcia nazionale per la pace che, promossa da Conferenza Episcopale
Italiana, Azione Cattolica, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari e
Pax Christi, quest’anno si terrà nel pomeriggio di domenica 31
dicembre: sarà un cammino transfrontaliero da Gorizia alla Cattedrale
slovena di Nova Gorica, accompagnati da interventi e testimonianze per
riprendere il passo da viandanti e assumerci la responsabilità di
divenire ciascuno nel suo mondo autentico architetto e artigiano di
pace e fraternità.
I firmatari:
i preti Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Fabio
Corazzina, Fabio Gollinucci, Franco Saccavini, Giacomo Tolot, Gianni
Manziega, Luigi Fontanot, Mario Vatta, Nandino Capovilla, Paolo
Iannaccone, Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
p. Bogdan Knavs (Sveta Gora - SLO);
Andrea Bellavite;
Lisa Pelletti Clark (Beati i Costruttori di Pace);
Associazione “Esodo” di Venezia;
Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD),
Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste
La lettera di Natale
in pdf
Popotniki miru
Božična poslanica 2023
Tudi letos, ko se bližamo božiču in se spominjamo Pierluigija Di
Piazze, sopotnika številnih moških in žensk iz različnih narodov
zemlje, bi radi z vsakim od vas delili nekaj predlogov za razmislek in
razpravo.
Božič se praznuje ob zimskem solsticiju, ki so ga vse kulture na
severni polobli dojemale kot obdobje, ki prinaša neizmerno upanje v
času, ko se zdi, da sta tema in mraz preglasila svetlobo in toploto
sonca. Od zimskega solsticija naprej se dnevi daljšajo in zdi se, da
žarki naše zvezde počasi prebujajo semena in poganjke novega življenja,
ki se zdijo zakopani v zemlji.
To je pomen, ki ga verniki pripisujejo praznovanju božične noči in
osupljivim lučkam, ki krasijo drevesa, okenske police, ulice in mestne
trge.
Ključna beseda tega časa je upanje: ne lahkoten in nezavedni
optimizem, ki ni zmožen prepoznati težav in je prisiljen zmanjševati
osebne in kolektivne tragedije, ki zadevajo vse vidike stvarstva,
temveč prepričanje, da lahko moč inteligence, volje in globoke vere v
transcendenco, ki ji lahko pripišemo različna imena, prekine tek proti
katastrofi, ki se zdi značilna za naš čas.
Upanje je torej povezano s pričakovanjem, ki ga gojimo v sebi in ga
delimo s tistimi, ki nas spremljajo na naši poti: tudi naše upanje se
povrne, ko se zavedamo tistih, ki jih srečamo, ko smo jim pripravljeni
prisluhniti in prepoznati njihova pričakovanja.
Če se danes vojna mnogim zdi ne le legitimna, ampak tudi koristna in
po svoje »razumna«, in se zdi, da je predvsem treba upravičiti mir, se
upanje spremeni v zavezo, s katero vsakdo od nas, kot posameznik in kot
del družbe, omogoči, da se dobrota zoperstavi zlu, pravičnost premaga
krivico, odpuščanje pa zatre željo po maščevanju.
V družbi, ki kaže zaskrbljujoče fenomene »razširjenega nasilja« kot
znak globoke krize vrednot in odnosov, ki bi morali določati življenje
naših skupnosti, se čutimo zavezani oživljati upanje, ki ga zaznamuje
vsakodnevni »boj« z orožjem aktivnega nenasilja, v pripravljenosti -
kot je zapisal Gandhi - bolje kot pohabiti, je biti pohabljen, ali celo
bolje biti ubit kot ubiti, z zavedanjem, da s tem prispevamo k
radikalni spremembi interesov in vrednot, ki vodijo v nasilje in vojno.
Ponavljamo, 60 let po objavi enciklike Janeza XXIII. »Pacem in Terris«,
ne le, da »pravična vojna« ne obstaja; je »popolnoma nesmiselna«
(»alienum a ratione«).
Zato se pustimo spodbuditi besedam in dejanjem številnih žensk in
moških, ki so skozi stoletja s svojo predanostjo in včasih celo s krvjo
pričevali o ljubezni in strasti do miru in pravičnosti, spoštovanju matere
Zemlje in vsakodnevnem služenju vsem živim bitjem. Dovolimo, da nas
izzivajo tisti, ki kot obrtniki miru pripravljajo teren za spravo in
sožitje v različnosti, kot na primer južnoafriška Komisija za resnico
in spravo, katere prispevek je bil ključen pri demokratični tranziciji
te države, saj je spodbujala proces nacionalne sprave in postala
instrument za premagovanje preteklih krivic in delitev, pri čemer so
vsi njeni posegi temeljili na razumevanju, popravi krivic in sočutju.
Zavedajoč se kompleksnosti našega časa, se prepoznavamo v temeljnih
načelih evangelija Jezusa iz Nazareta, ki nas vabi k temu, da tistemu,
ki nas udari »nastavimo še drugo lice«, da tistemu, ki nam hoče »vzeti
obleko, pustimo še plašč« in če nas kdo »sili iti eno miljo daleč,
pojdimo z njim dve« (prim. Mt 5,38-41).
Še vedno ostaja nekaj temeljnih vprašanj: kako uskladiti načelo, ki
poziva k miru, temelječemu na nenasilju, z željo, da bi preprečili moč
zla, ki želi pogoltniti vsakršno navidezno dobro? Kako v teh razmerah
združiti iskreno spoznanje resničnosti z začetnim pozivom k upanju?
V prvi vrsti, z neizmerno tesnobo gledamo na vojno, za katero se še
vedno zdi, da je edina možna rešitev sporov med narodi in ljudmi. V več
deset državah na vseh celinah je človeška inteligenca ponižana zaradi
hrupa orožja, človeštvo pa vsakodnevno opazuje svoj neuspeh. Sistem
medijev, ki jih obvladujejo isti interesi kot tiste, ki so na čelu
prevladujoče gospodarske in finančne moči, zanimajo le razmere, ki
najbolj ogrožajo sever sveta, zato si bomo leto 2023 zapomnili predvsem
po absurdnem nadaljevanju vojne med Ukrajino in Rusijo, po grozljivih
napadih 7. oktobra ter po krvavem ponovnem izbruhu spora med Izraelom
in Palestino. Lahko še vedno odlašamo s priznavanjem upravičenih zahtev
po svobodi in samoodločbi palestinskega ljudstva, ki so bile izražene
že v sporazumih iz Osla leta 1993?
Kaj lahko vsak od nas stori, da bi na nek način prispeval svoj delež
pri vzpostavljanju miru in gradnji novih odnosov?
Najprej se je treba informirati, kar pa v izjemni zmedi informacij,
ki jih dobivamo vsak dan, ni lahka naloga. Pomembno je spoznati ljudi,
ki lahko posredujejo novice »v živo«, ki živijo in delijo razmere vojne
realnosti, prav tako kot je pomembno izvedeti za tiste, ki v tem
brezupnem stanju upajo in že poskušajo aktivirati in nadaljevati poti
sprave.
Zato je treba »biti pristranski«, tj. povsod, kamor greste, prinesti
predlog, da podprete vsako pogajanje in pobude proti vsem oblikam
nasilja, ki so neizogibno obsojene na to, da bodo povzročile še več
nasilja. Prepričani smo, da je demokratična udeležba na mestih,
predvidenih za institucionalno odločanje, in na javnih shodih lahko
dragocen pritisk za usmerjanje javnega mnenja in izražanje lastnega
mnenja, ki se lahko okrepi, če ga izražamo skupaj z drugimi,
kar pa ne zmanjšuje osebne prizadevnosti vsakega posameznika na
svojem področju bivanja in dela. Včasih so celo nasmeh, gostoljubnost,
stisnjena roka, ponujena ali prejeta prošnja za odpuščanje lahko
majhne, skromne geste, ki lahko vsaj malo ublažijo ogromno težo
bolečine, ki bremeni svet.
S tega vidika srčno podpiramo ljudi v naših mestih, ki se podnevi in
zlasti ponoči trudijo pomagati tisočim migrantom, ki prihajajo v naše
kraje, večinoma po balkanski poti. V Trstu že vrsto let zdravijo rane
tistih, ki jim je uspelo priti v Italijo, v Gorici se vsak dan
srečujejo s tistimi, ki morajo spati na mrazu, v Vidmu in Pordenonu pa
so še drugi prostovoljci, ki jim priskočijo na pomoč do skrajnih meja
svojih moči. Medtem se nadaljuje delo sprejemnih centrov, kot je
»Balducci« v Zuglianu, konzorcijev in zadrug ter združenj, združenih v
mrežo Dasi v Furlaniji Julijski krajini za pravice, gostoljubje in
mednarodno solidarnost. S kompetentnimi in učinkovitimi ukrepi nenehno
sodelujejo na politični ravni in na terenu, da bi spodbudili razpršeno
naselitev migrantov. Nekatere občine, sicer premalo številne v naši
regiji, so se dogovorile, da bodo upravljale Sai - Servizio Accoglienza
Immigrati (Služba za sprejem priseljencev), ki predstavlja alternativo
prenatrpanim centrom.
Zahvaljujoč tem razlogom za upanje lahko zahtevamo, da se države
Evropske unije končno zavežejo, da ne bodo iskale načinov, kako se
»braniti« pred številnimi nezaščitenimi ljudmi, ki želijo le najti
način za nadaljnje življenje, ampak se bodo lotile resnih in pomembnih
politik na področju dela, nastanitve in združevanja družin. Z
usklajevanjem novega načina pojmovanja celo same Evropske skupnosti se
bo mogoče zoperstaviti mednarodnim mafijam in prevzeti nadzor nad
migracijskimi tokovi, ki jih trenutno obvladuje globalne nezakonite
organizacije, saj izkoriščanje ne vključuje le migrantov, temveč tudi
revne.
Seveda se zdi, da smo še vedno daleč od zadanih ciljev; nasprotno,
občutek imamo, da se razmere postopoma še poslabšujejo. Ljudje, ki v
naših mestih vsako noč spijo na prostem, pogosto v dežju in skoraj
vedno na mrazu, so resen pokazatelj problematike vprašanja o stopnji
civilizacije v naših regijah. Poleg legitimnih razlik v mnenjih so zelo
zaskrbljujoči znaki degradacije samega pojma »človečnosti« tudi
zavračanje iskanja strehe nad glavo za druge, nepripravljenost
priskočiti na pomoč ljudem v stiski, celo omalovaževanje prostovoljcev,
ki porabijo čas in energijo, da bi bili na voljo priseljencem. Reči, da
»pomagati« pomeni spodbujati migracije, je poleg tega, da je to izraz
nevednosti, tudi zaskrbljujoč znak brezčutnosti.
Lep znak upanja za Slovenijo, Furlanijo Julijsko krajino, Benečijo
in sosednje regije je razglasitev in približevanje Nove Gorice z Gorico
pri projektu Evropska prestolnica kulture 2025. Kraji, v katerih je v
prejšnjem stoletju v vojnah teklo toliko krvi in ki so bili podvrženi
zatiranju diktature, so postali zgled, kako je mogoče rasti skupaj, v
harmoniji in pripravljenosti preoblikovati pretekle nesporazume v priložnost za novo razumevanje evropskega
temelja enotnosti v raznolikosti. Jezikovne in kulturne razlike so
lahko zares izjemna spodbuda za prijateljstvo med narodi.
Upamo, da se to izjemno priznanje ne bo razumelo le kot priložnost
za bogatenje zadevnih občin ali kot spodbuda za trenutno okrasitev ulic
ali v najboljšem primeru za množitev gledaliških ali glasbenih
prireditev. Evropska prestolnica kulture bo to zares postala, če bo
postala evropska prestolnica gostoljubnosti ter mednarodni laboratorij
pravičnosti in miru. Postane lahko kraj, kjer bi se sestajale
delegacije držav, ki so v sporu, in bi začele pot k mirovnim
sporazumom. S pomočjo univerzitetnih fakultet in drugih akademskih
središč v Sloveniji in Italiji pa bi lahko bil tudi prizorišče za
pripravo Evropske civilne mirovne enote. Mladi iz vse Evrope in iz
celega sveta bi lahko prišli v Novo Gorico in Gorico, da bi se
usposobili za sposobne in kompetentne strokovnjake, ki bi bili z
orožjem nenasilja pripravljeni sodelovati kot posredniki med
vojskujočimi se stranmi. Sanje so, da bi eno od neuporabljenih in
zapuščenih vojašnic spremenili v študijski in bivalni kampus za mlade,
ki se udeležujejo takšnih usposabljanj.
Čeprav še naprej vztrajamo, da je nujno premagati anahronistične
delitve med krščanskimi cerkvami, menimo, da je prizadevanje za
vzajemno priznavanje vseh verskih oblik po svetu, znamenje časa. V tem
času hudih konfliktov je bil zgleden daljši trenutek tišine, ki so ga
pred nekaj nedeljami v Trstu doživeli predstavniki vseh verstev,
prisotni v deželni prestolnici, in ki se je raztezal čez morje proti
Bližnjemu vzhodu na pomolu Audace z več kot tisoč petsto ljudmi, da bi
naredili korak k drugemu in spoznali njegovo bolečino, da bi rekli, da
Bog, kakor koli ga že imenujemo, ne želi vojne med svojimi otroci in da
je čas za pogum in drznost spoprijateljiti se ter se naučiti živeti kot
bratje in sestre.
Z upanjem gledamo tudi na sedanji položaj Katoliške cerkve.
Nezgrešljiv vpliv besed in dejanj papeža Frančiška je pripeljal vse do
zasedanja »sinode o sinodalnosti«, nekakšne besedne igre, ki se skriva
v pogumni odločitvi, da postavi pod vprašaj nekatere doslej na videz
nesporne temelje teologije in cerkvene prakse. Po njem, vendar z večjo
zavestjo kot na samem drugem vatikanskem koncilu, so pod drobnogled
končno vzete teme, kot so hierarhična konstitucija Cerkve, »bistvena«
razlika med posvečenim in krstnim duhovništvom, priznavanje in krepitev
prisotnosti žensk, svoboda vesti in možnost sprejemanja ter soudeležba
pri radostih in žalostih sodobnega človeštva. Izbira za mir in
razorožitev je, kot se zdi, izbrana pot, ki jo predlaga sedanji rimski
škof kot vrhovni učitelj in, upajmo, brez možnosti spremembe poti.
V tem duhu bi radi ponovno predlagali zdaj že več kot dvajsetletni
križev pot Via Crucis od Pordenona do Aviana, ki v zadnjih letih ni bil
preveč obiskan, zlasti med mladimi. Morda bomo z novo vsebino in
metodami hodili skupaj
in tako obsodili prisotnost več deset kosov orožja za množično
uničevanje v Avianu in drugih vojaških oporiščih, ki jih je Italija
podarila ZDA in Natu ter jih državljani ne morejo prosto uporabljati.
Spričo vsega tega želja po veselem božiču ne more ne izhajati iz
podobe Umberta Galimbertija, v kateri se globoko zrcalimo: podobe
»popotnika«. Kot popotniki praznujemo rojstvo Jezusa iz Nazareta in
nadaljevanje njegovega življenja. Za razliko od potnika, ki ga zanima
cilj, se popotnik sreča z bližnjim, ki je drugačen od njega, se mora
sprijazniti s potjo in obrobjem, z razliko in drugačnostjo ... in v
»dopuščanju razlik« najde svojo prihodnost, ki je prihodnost človeštva,
prihodnost dežele, ki jo zaznamuje shalom.
V tem duhu in z namenom spodbujanja kulture skrbi in solidarnih
odnosov vas vabimo na 56. narodni pohod za mir, ki bo letos ob podpori
Italijanske škofovske konference, Katoliške akcije, italijanske
Karitas, Gibanja fokolarov in gibanja Pax Christi potekal v nedeljo,
31. decembra, popoldne. To bo čezmejni pohod iz Gorice do konkatedrale
v Novi Gorici, ki ga bodo spremljali govori in pričevanja, da bi kot
popotniki stopili v korak in prevzeli odgovornost, da vsak v svojem
svetu postane pristen arhitekt in obrtnik miru ter bratstva.
Podpisniki:
duhovniki Alberto De Nadai, Albino Bizzotto, Antonio Santini,
Fabio Corazzina, Fabio Gollinucci, Franco Saccavini,
Giacomo Tolot, Gianni Manziega, Luigi Fontanot,
Mario Vatta, Nandino Capovilla, Paolo Iannaccone,
Piergiorgio Rigolo, Pierino Ruffato, Renzo De Ros;
p. Bogdan Knavs (Sveta Gora - SLO);
Andrea Bellavite;
Lisa Pelletti Clark (Beati i Costruttori di Pace);
Associazione “Esodo” di Venezia;
Centro “Ernesto Balducci” di Zugliano (UD).
Gruppo “Camminare Insieme” di Trieste
Božično pismo v pdf