Don Paolo Iannaccone, presidente del
Centro Balducci, invia gli auguri di Natale con una toccante
riflessione sui valori della pace, della sobrietà, dell'accoglienza e
anticipando i contenuti del 32° convegno.
Care amiche e cari amici del Centro Balducci,
vi scrivo con gioia perché, mentre metto nero su bianco ciò che ho a
cuore, scorrono nella mente alcuni dei vostri volti, soprattutto quelli
che ho potuto conoscere e stimare nel corso di quest’ultimo anno e
mezzo; altri spero di avere il dono d’incontrare in futuro anche
attraverso le varie occasioni offerte dal Centro Balducci, perché amo
incontri di vicinanza e di prossimità: come spesso mi trovo a dire, è
l’incontro dei volti che ci salva la vita!
Parto da una confidenza: vivo con seria e sempre maggiore difficoltà il
modo superficiale e incoerente con cui viviamo il Natale e quanto a
esso connesso:
- abeti colorati di luce e presepi che parlano ovunque della Luce
che non è stata accolta, mentre riserviamo la medesima non-accoglienza
a gente costretta a dormire all’addiaccio per strada, all’interno di un
infangato e maleodorante Silos o in una poco rassicurante ex-caserma
con gente ammassata in modo inumano;
- un proliferare di panettoni, (spesso inutili) regali e cenoni,
mentre c’è chi non ha lavoro, chi stenta a giungere a fine mese e, se
non ci fosse qualcuno che provveda loro, non saprebbe come dar da
mangiare alla propria famiglia;
- luci sfavillanti per vie e piazze cittadine, mentre altre luci
accompagnate da rombi – che, purtroppo, non sono i botti di capodanno –
distruggono case, chiese e ospedali seminando morte sulla Striscia di
Gaza e in Israele, in Ucraina e in Russia, in decine d’altre Terre
insanguinate da guerre e odii fratricidi, vere e proprie «avventure
senza ritorno» (Giovanni Paolo II).
Un tempo drammatico in cui l’assenza di pace pare dominare e avere
l’ultima parola: lo vediamo anche in casa nostra, con la violenza che
si perpetra nelle nostre città pure a livello minorile, anche a partire
dalle sempre troppe vittime di femminicidio, dal diffondersi della
cultura dell’indifferenza e di quella che papa Francesco chiama «
la decrescita della cura», con la
mancanza di rispetto per l’altro e per la sua diversità, fino a
giungere a privare le persone dei propri diritti fondamentali, come
quello di professare la propria fede.
È il caso della vicina Monfalcone, dove la sindaca Cisint ha emesso di
recente un’ordinanza di chiusura di due centri culturali islamici
adibiti a moschee. Forte e commovente la reazione di migranti e non,
che proprio ieri (23/12 ndr) in numero ragguardevole (6mila persone)
hanno sfilato pacificamente nelle periferie di Monfalcone contro tale
decisione, per la libertà di culto.
Perché i veri problemi sorgono quando abbiamo l’assurda pretesa di dare
alla nostra storia, al nostro vissuto, alla nostra visione del mondo il
carattere di universalità, per cui si crea un “noi” e gli “altri” e
sono gli “altri” a doversi conformare al nostro modo di vedere che così
andiamo a imporre, tanto da trasformare spesso gli “altri” in nemici.
Vi riporto allora all’immagine, ripresa dall’ultima fatica di Umberto
Galimberti, da cui noi preti e laici della Lettera di Natale – Lettera
che vi invito a leggere e a far vostra, magari anche diffondendola, se
crederete opportuno (la trovate cliccando
QUI) –
siamo rimasti fortemente colpiti; sono sicuro che anche il nostro amato
Pierluigi l’avrebbe condivisa con il suo stile e con il suo linguaggio
profetico, diretto e senza sbavature; è un’immagine che vorrei qui con
voi tratteggiare più a fondo, perché potrebbe segnare davvero il cambio
di rotta necessario nelle nostre relazioni umane per vivere tempi nuovi
di giustizia e di pace.
È quella del “viandante”: il viandante è in cammino, non è fermo,
stabile, ancorato alle sue sicurezze; nella fatica del camminare scopre
le sue fragilità, si fa compagno di strada di altre fragilità in
cammino, le impara ad affrontare e a vivere nella consapevolezza che
nessuno si salva da solo, né io, né l’altro.
Se il viaggiatore è orientato unicamente alla meta, il viandante
preferisce l’erranza, perché le terre che attraversa sono la sua
patria, la sua vita, e così è capace di legittimare tutte le persone e
i popoli che incontra, perché ciascuno di loro ha la sua narrazione.
Ciascuno ha la sua novità da raccontargli.
Attraversando i confini, il viandante scorge poi la possibilità che
nasca un’identità che prescinda dall’appartenenza alla propria cultura.
Lungo il cammino il viandante incontra lo straniero al quale non chiede
l’integrazione, ma offre il riconoscimento della sua alterità.
La parabola del buon Samaritano ci direbbe inoltre che nel cammino il
viandante non incontra il prossimo, ma si fa prossimo.
Così abbiamo scritto nella Lettera: «A dispetto del viaggiatore,
interessato alla meta, il viandante incontra il prossimo che è altro da
sé, è costretto a fare i conti con il cammino e le periferie, con la
differenza e l’alterità… e trova nella “convivialità delle differenze”
il suo futuro, che è il futuro dell’umanità, il futuro di una terra
segnata dallo shalom».
È dall’impegno di ciascuno a trasformarsi da viaggiatore a
errante/viandante che dipenderà, allora, un vero e autentico Natale,
perché sarà quell’impegno a generare una cultura della cura e delle
relazioni solidali, delle quali oggi abbiamo estremo bisogno. È il
cammino che abbiamo a cuore di fare nel corso del prossimo anno a
partire dalle iniziative del 32° Convegno, del quale vi anticipo il
titolo «
Ti proteggerò”. Abitare
insieme le fragilità». Nelle sue tre sessioni – una primaverile
oltre alla solita autunnale e a quella invernale – ospiterà personalità
di primo piano che ci aiuteranno a dar volto a una società più umana e
inclusiva, meno violenta fisicamente e verbalmente, capace di legami
sociali che trovino la forza nell’unione dei fragili.
Da qui anche un esercizio simbolico, che si fa cordiale invito alla
56a edizione
della Marcia per la Pace che, promossa da Conferenza
Episcopale Italiana, Azione Cattolica, Caritas Italiana, Movimento dei
Focolari e Pax Christi, quest’anno si terrà a livello nazionale nel
pomeriggio di domenica 31 dicembre: sarà un cammino transfrontaliero da
Gorizia alla Cattedrale slovena di Nova Gorica, accompagnati da
interventi e testimonianze per riprendere il passo da viandanti e
assumerci la responsabilità di divenire ciascuno nel suo mondo
autentico architetto e artigiano di pace e fraternità (in allegato il
manifesto con i vari appuntamenti).
Con molti ci si ritroverà lì; se qualcuno desidera andarci insieme e
gli è comodo passare per Zugliano, il ritrovo (con mezzi propri, poi ci
si potrà organizzare utilizzando meno automobili possibili) è fissato
per le ore 13.30 di domenica 31 dicembre p.v., davanti al Centro
Balducci; il rientro verso mezzanotte o… subito dopo il brindisi!
Nei primi mesi del 2024 partirà il percorso, ancora in via di
definizione (dopo le feste ve lo annunceremo nel dettaglio), per dar
seguito all’incontro dello scorso mese di ottobre con l’“
Aratro e la Stella” attraverso il
quale abbiamo voluto riflettere sul senso del “
Diventare degni eredi” per fare
dell’interruzione – in questo caso, la morte di Pierluigi – un nuovo
cammino. Abbiamo fatto la fatica di raccogliere, sbobinando dalle
registrazioni, gli importanti interventi di quella giornata. Ne è
uscito un libretto, rivisto dagli Autori e messo a disposizione a uso
manoscritto, che pensiamo possa esser utile per tornare con calma a
quei contenuti e, nel caso, inserirsi nel percorso, di cui tanto
abbiamo tutti ancora bisogno. Chiunque intendesse farlo, può far
richiesta del testo già da ora, ritirandolo presso la Segreteria del
Centro Balducci.
Concludo con gli auguri di un Natale nello spirito di cui sopra e con
la certezza che l’anno nuovo non sarà sterile auspicio se a partire
dalle relazioni quotidiane ci impegneremo a portare qualcosa di buono
per renderlo più bello, più umano, più pacifico.
Un particolare ricordo consentitemelo verso le persone provate in
questi tempi dal lutto, dalla sofferenza, dalla malattia, dalla
solitudine. Li porto nel cuore. A tutti dico: continuiamo a camminare
insieme.
Abbraccio ciascuno e ciascuna con fraterno affetto.
Zugliano, 24 dicembre 2023
Paolo