Divenire generatori di felicità
Divenire generatori di felicità
L'intervento di don Paolo alla 26^ Via Crucis
Malnisio-Giais, 17 marzo 2024

Riportiamo l'intervento integrale di don Paolo Iannaccone che ha aperto la 26^ Via Crucis della Pace, esortando ad essere, come Gesù di Nazareth, "mandanti di vita", divenendo artigiani, autentici costruttori di quella pace, lo shalom, che non è solo assenza di conflitto, ma pienezza di vita.

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Siamo nella piazza di Malnisio, paese nel Comune di Montereale Valcellina. Qui dal1905 al 1988 ha funzionato la centrale idroelettrica che vantava i primati di essere la seconda centrale al mondo per potenza installata e di essere collegata alla linea elettrica più lunga al mondo: 87 km, che raggiungevano addirittura Venezia.

Ci piace pensare che la Via Crucis di quest’anno possa esser legata alla necessità di essere collegati, portatori di luce, “mandanti di vita”, generatori di felicità.

Non facciamo fatica a riconoscere i mali generati nel nostro convivere sociale e riconosciamo a occhio nudo i “mandanti di morte”, che però vengono spesso ritenuti unici responsabili di quella cultura di morte che respiriamo a pieni polmoni e della quale siamo imbevuti. Eppure, anche se non formalmente responsabile:

  • ci sono anch’io dietro a quella cronica conflittualità che dimostra ancora una volta l’incapacità di vivere un popolo al fianco dell’altro e che, dopo l’esperienza del secolo scorso – che sembra non averci insegnato nulla – ci ha portato nel XXI secolo a registrare presenti nel mondo circa sessanta conflitti armati e nuovi genocidi, spudoratamente alimentati dai fabbricanti di armi;

  • ci sono anch’io dietro alla violenza che in tanti ambiti, da quelli familiari a quelli social, sta venendo alla luce con sempre più veemenza e prepotenza senza che un sussulto ci permetta di prendere in mano la situazione dal punto di vista culturale per provare a lavorarci sopra, trovando umani rimedi;

  • ci sono anch’io dietro l’esercizio indiscriminato del potere politico, economico, culturale, religioso e mediatico, capace – quando diventa arma per imporsi – di riversare su interi popoli, famiglie e categorie di persone inutili sofferenze e discriminazioni, ingiustizie e disuguaglianze;

  • ci sono anch’io dietro l’uso improprio dell’intelligenza artificiale se permetto che gli sviluppi tecnologici non portino a un vero progresso, cioè a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravino le disuguaglianze e i conflitti;

  • ci sono anch’io dietro l’indifferenza dilagante che ci fa girare dall’altra parte rispetto alle persone fragili – i poveri, i senzatetto, chi è senza lavoro, i migranti e richiedenti asilo,… – che hanno bisogno di cura; e rispetto pure a un ambiente che, anch’esso, ha bisogno di ricevere le cure necessarie per essere salvaguardato e preservato. E potrei continuare.

Allora mi pare d’intuire che, se un problema c’è, sia un problema di cuore. La malattia più grave riconosciuta dalla Scrittura è la sclerocardia, l’indurimento del cuore.

Quando il cuore si indurisce, quando non è capace di prossimità, quando non è guidato da un’etica che dia profondità di senso e trascini fuori da meri interessi personali e di parte, diventa automaticamente – nel piccolo o nel grande – “mandante di morte”. Anch’io, senza tanto clamore, lo posso essere nel mio piccolo, nel quotidiano.

Mi pare d’intuire però anche un’altra cosa: la necessità – che abbiamo tutti singolarmente e la società intera – di darci una scossa, di divenire generatori di quell’elettricità, che è la felicità che illumina il vivere personale e comunitario e, in questo tempo di barbarie, spalanchi alla speranza di un mondo più umano e umanizzante. Così come ci ha mostrato colui del quale proprio nei giorni scorsi ricorreva il centesimo della nascita, quel Franco Basaglia, padre della Legge 180, che dimostrò che le persone con disturbo mentale possono essere curate senza la privazione della libertà personale. E questo portò alla chiusura dei manicomi e alle pratiche inumane in essi operate.

Ecco perché allora siamo qui: per divenire generatori di felicità per noi e per gli altri.

Per riconoscere, coi nostri limiti, il bisogno di imparare da Gesù di Nazareth a essere “mandanti di vita”, conduttori buoni e sani di vita. Per imparare non solo a condannare il male, ma a riconoscerlo quando si fa presente in ciascuno di noi; per apprendere come lasciarci abitare dall’inquietudine perché, per quanto da ciascuno possa dipendere, il male non sia perpetrato; per accorgerci quando il nostro silenzio diventa colpevole segno di complicità, a esempio nella sottrazione dei diritti fondamentali di qualche categoria di persone di cui magari, per un provvido destino, non faccio parte.

Per questo non passeremo per caso davanti all’area addestrativa militare di Cao Malnisio, dove si svolgono esercitazioni che prevedono anche l’uso di armi da fuoco.

Vi passeremo in silenzio, ma il solo passaggio sarà come la lettura di un manifesto per contrastare quelle attività che ci parlano di una cultura che non ci deve appartenere perché, da più punti di vista, anche da quella dell’inquinamento da metalli pesanti, è foriera di morte.

Qualcuno ha definito la Via Crucis che ci apprestiamo a vivere una marcia per la pace.

Ci pare una felice intuizione. Gesù di Nazareth ci ha mostrato in tutta la sua vita e ancor più nella sua passione e fino alla morte quell’amore appassionato che nel donarsi non fa calcoli; ci ha mostrato cosa significhi giudicare il male senza condannare chi lo commette; ci ha indicato il grande valore dell’uomo, per cui vale la pena spendersi fino in fondo.

Allora desiderare di seguire i suoi passi, significa accettare di mettersi in cammino per un necessario cambio di mentalità e di cuore. È il segno del nostro camminare i cinque chilometri che ci apprestiamo a vivere assieme, nel silenzio. Riconoscendo che, per vivere una società più umana, abbiamo bisogno di accogliere di quel Maestro la forza dirompente, innovativa, creativa e rigenerante che fa nuove tutte le cose, divenendo – e qui il cerchio si chiude – artigiani, autentici costruttori di quella pace, lo shalom, non solo assenza di conflitti, ma pienezza di vita.

Malnisio, 17 marzo 2024
Paolo Iannaccone

Sotto alcune foto della manifestazione
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