Inaugurazione Convegno
Inaugurazione Convegno
Tra sdegno e speranza per un mondo migliore
Teatro Giovanni Da Udine - 17/09/2009

Un urlo di protesta e uno di dolore. Ma anche la speranza con dei progetti che permettano di offrire un futuro anche a chi non ce l’ha. Il ricordo di chi non c’è più e ha permesso di migliorare il mondo. Si è aperto così, con le parole di don Pierluigi Di Piazza il 17° Convegno del Centro Balducci, sotto gli occhi dei mille e duecento presenti al teatro Giovanni da Udine.

Don Pierluigi.Il primo pensiero è per chi non c’è più da Luciano Morandini “figura di rilievo nel nostro panorama culturale” a Giovanni Marangone, medico di base a Lestizza. E ancora don Gilberto Pressacco, nel dodicesimo anniversario della sua morte e Teresa Strada, moglie di Gino. “Dobbiamo vivere con profondità la relazione di prossimità – ha detto don Di Piazza – per prenderci cura delle persone. Ogni cinque secondi nel mondo un bambino viene ucciso dalla fame, dalla sete dalla mancanza di medicine. E in India più del 70% della popolazione vive con un euro al giorno”. Il ricordo delle vittime della guerra e dei sei militari italiani morti in Afghanistan, ma anche dei civili. Ecco perchè diciamo basta alle armi, basta alle guerre che tutto peggiorano e nulla risolvono. In Afghanistan, in Iraq e in ogni parte del mondo”. Impossibile non denunciare poi la situazione politica. “Solo una politica falsa, presuntuosa, cinica fino alla crudeltà può lasciar morire nel mare Mediterraneo decine di persone in balìa di eventi casuali e vantare respingimenti di persone in fuga. Questa politica ha mentito e imbrogliato utilizzando strumentalmente un tema come quello dell’immigrazione. Solo questa politica può aver approvato un decreto sicurezza che considera reato una situazione esistenziale. Un dolore anche per quanto è avvenuto a Montereale Valcellina, uno segno per i commenti di alcuni politici, perché è drammatico che un delitto serva a confermare i propri pregiudizi”. Don Di Piazza continua. “Le politiche razziste vanno chiamate con il loro nome senza distinguo nè giri di parole”.E poi lo sguardo al futuro.”Per creare un progetto che conivolga l’Europa e l’Africa a durata trentennale, per rivedere la legge Bossi – Fini, come Fini stesso chiede. E per chi non è in regola favorire un’istruzione linguistica e professionale per allargare le esperienze positive. Alla complessità non si risponde con la semplificazione”. Infine il richiamo all’espressione evangelica. “Esiste una chiesa del potere e una chiesa della profezia – ha detto don Di Piazza - la prima patteggia col potere e perde la forza della profetica di denunciare le ingiustizie e di proclamare i verbo, la parola fatta carne. Anche negli Usa pochi esponenti della chiesa hanno incoraggiato il presidente Obama . Ecco perché al termine del convegno compileremo un documento di vicinanza da inviare al presidente. Un gesto simbolico, forse inutile, ma noi continuiamo a sognare e a rinnovare il nostro impegno per rendere più umano questo mondo. 

Honsell. Anche il sindaco di Udine ha parlato di “politica xenofoba”, riferendosi alla scena regionale e nazionale. E poi il pensiero si è indirizzato verso le vittime delle guerre.”I sei militari italiani che hanno perso la vita, ovviamente, che portano a 1400 il numero delle morti tra i soldati delle forze Nato. “Ma quanti sono i civili?Non dobbiamo lasciare che lo sgomento non ci indigni, non ci scandalizzi. Dobbiamo allo stesso tempo restituire equità a coloro che hanno bisogno. Ecco perché abbiamo stanziato dei fondi per rispondere alle esigenze di quelle persone che a causa delle leggi regionali non erano più nelle condizioni di presentare le domande. E’ un privilegio per una città come Udine ospitare questo convegno, queste testimonianze e una personalità come quella di Pierluigi Di Piazza”. 

Barbara Bernardinis. Commovente il ricordo di Barbara Bernardinis, l’assistente sociale scomparsa prematuramente due anni fa in un incidente stradale e il premio per la tesi di laurea in suo ricordo. Sul palco del Giovanni da Udine Gabriella Totolo, presidente dell’Ordine Assistenti Sociali del Fvg, assieme ai parenti della donna. Con loro anche il sindaco della città. Spazio poi agli interventi dei relatori ospiti della serata inaugurale.

Massimo Cacciari. “La crisi c’è e sta condizionando il mondo. Ci sono insicurezze e difficoltà ed è una situazione globale, che i sociologi chiamano società del rischio. Molte persone hanno perso il lavoro. Come vivranno ora queste persone? Ecco perchè c’è la paura. Cataclismi di questa portata suscitano paura. Il problema subentra è quando la politica fa leva su queste paure. Noi ne usciremo sconfitti se non avremo cura della paura. La grande politica internazionale, invece, dal canto suo ha sbagliato tutto ha prodotto in gran parte la crisi attuale. Proprio quei soggetti che dovevano evitarla. La crisi tocca tutti gli aspetti della nostra vita, ma noi dobbiamo esserne cosapevoli per affrontarla”. Il sindaco di Venezia, poi, non risparmia neppure una frecciata all’Unione Europea. “Sono interventi ipocriti, quelli dell’Ue. Perchè inapplicabili. In Italia, nelle città non esistono delle strutture per valutare se i migranti richiedenti asilo hanno il diritto di tutela. Ormai il fenomeno non può essere affrontato dai comuni. Se l’Europa vuole davvero i diritti sociali, deve mettere i comuni nelle condizioni di ottemperare agli obblighi già previsti dalle leggi. Non dobbiamo cadere nel peccato più grande, quello della disperazione. E per scongiurare questo rischio c’è il lavoro concreto e determinato”.

Olivia Swaak-Goldman. “Il legame tra pace e giustizia deve essere forte. Ecco perché è nato Icc, l’international criminal court. Esistono dei problemi globali, che richiedono soluzioni globali. Ecco perchè è necessario un sistema di giustizia globale, che diventi complementare con la giuridiszione nazionale. Lo statuto di Icc è stato sottoscritto a Roma nel 2002. Fino adesso 110 stati hanno ratificato il trattato. I singoli stati devono essere un incentivo per l’ingiustizia. L’impunità non è più un’opinione, noi vogliamo mettere fine a questa impunità per chi ha commesso i crimini peggiori”. Ecco perchè sono stati riconosciuti i crimini di genocidio, quelli contro l’umanità e quelli di guerra. “Vogliamo che vengano giudicate le persone che si sono macchiate di crimini atroci. Come è successo in Uganda settentrionale, in Sudan, nella Repubblica del Congo. E’ necessario anche garantire un indennizzo alle vittime. Uno collettivo e uno individuale. Ma perchè tutto questo si concretizzi la comunità internazionale deve rispettare queste scadenze”.

Isoke Aikpitanyi. Operatrice sociale e culturale, scrittrice, già vittima della tratta e dello sfruttamento. Lei era partita da Benin City in Nigeria inseguendo il sogno dell’Europa. Un sogno di condizioni di vita migliori, un sogno che si è trasformato in un incubo. “Parti con la speranza e con la paura che non ci sia ritorno, con la speranza di non diventare una schiava”. Lei è partita in aereo, l’arrivo a Londra. Nulla che lasciasse immaginare il peggio. Invece era finita nel cuore della tratta delle schiave. “C’è un debito che deve essere pagato e allora lavori anche venti, ventidue ore al giorno”. L’Europa è diversa da quella immaginata. “Arrivati in Italia inizia la vita da invisibili. Non ci si vuole far vedere, c’è paura di essere scoperte. Ogni ragazza rimane isolata e chi prova a ribellarsi viene uccisa. Io sono andata oltre la paura. I più deboli sono quelli che arrivano. Io alla fine chiedo solo di vivere come un essere umano. E’ un mio diritto. Non chiedo altro”.

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