Ordinanza del Giudice del Lavoro di Udine
Ordinanza del Giudice del Lavoro di Udine
E’ illegittimo il requisito di anzianità di residenza decennale in Italia ai fini dell’accesso ai contributi per il sostegno alle locazioni in quanto in contrasto con il diritto dell’Unione europea
Udine - ordinanza n. 615/2010 del 17 novembre 2010

Il giudice del lavoro di Udine ha emanato una nuova importantissima ordinanza con riferimento alle prestazioni del Welfare regionale del FVG subordinate a requisiti di anzianità di residenza. Con l'ordinanza n. 615/2010 dd. 17 novembre 2010, il giudice del Lavoro del Tribunale di Udine ha dichiarato la natura discriminatoria del bando di concorso del 6 maggio 2010 indetto dal Comune di Majano per l'assegnazione di contributi a sostegno delle locazioni, previsti dall'art. 12 della L.r. del FVG n. 6/2003 e subordinati ad un requisito di anzianità di residenza decennale in Italia e annuale nel territorio regionale per effetto degli art. 4 e 5 della legge regionale fvg n. 18/2009, con l'eccezione prevista per i discendenti di corregionali emigrati all'estero dal territorio corrispondente all'attuale FVG e che hanno fissato la loro residenza nel FVG, e degli appartenenti alle Forze armate e di polizia residenti nel FVG.

Il giudice del lavoro di Udine ha accolto il ricorso presentato da un nucleo familiare rumeno residente a Majano e dall'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione), riconoscendo che il requisito di anzianità di residenza costituisce una discriminazione indiretta o dissimulata vietata dall'ordinamento dell'Unione europea, in quanto contraria al principio di libertà di circolazione dei cittadini di altri Paesi membri dell'UE e a quello di parità di trattamento previsto a favore non solo dei cittadini comunitari, ma anche di altre categorie di cittadini stranieri di Paesi terzi non membri dell'UE, ma ugualmente protetti da specifiche norme di diritto europeo (i titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria). Il giudice ha inoltre specificato che il divieto di discriminazioni a danno dei cittadini stranieri protetti dal diritto comunitario, deve determinare anche la tutela di quei cittadini italiani, che pure potrebbero essere danneggiati dalla norma sull'anzianità di residenza (ad es. un cittadino italiano rimpatriato da un Paese del Sud America, ma non discendente di un emigrante friulano o giuliano, bensì di un'altra regione italiana) in quanto l'ordinamento italiano vieta le "discriminazioni a rovescio" per cui un cittadino comunitario, per effetto dell'applicazione del diritto comunitario potrebbe godere in Italia di un trattamento più favorevole di quello previsto, per una situazione analoga, per il cittadino nazionale.

Il giudice ha accolto tutti i rilievi mossi dai ricorrenti, riconoscendo che un criterio di anzianità di residenza costituisce una forma di discriminazione indiretta o dissimulata su basi di nazionalità perché può essere soddisfatto proporzionalmente in misura maggiore dai cittadini nazionali piuttosto che da quelli migranti per ovvie ragioni di un minore radicamento sul territorio dei secondi. Inoltre , tale discriminazione indiretta non può ritenersi sorretta da una valida causa giustificatrice, avendo in considerazione le finalità per loro natura universalistiche dell'istituto del sostegno alle locazioni, volto a garantire -mediante la riduzione della spesa sostenuta dal beneficiario per il canone di locazione -l'accesso dei non abbienti al diritto all'abitazione, quale diritto sociale fondamentale, e come tale spettante a tutti i residenti. Il giudice ha inoltre riconosciuto che la preferenza accordata secondo criteri di "autoctonia" (lungo residenti) e di "consanguineità" (discendenti di emigranti friulani o giuliani) determina una discriminazione su basi etnico-razziali, esplicitamente vietata dalla direttiva europea n. 2000/43/CE.

Dalla constatazione della illegittimità del criterio di anzianità di residenza previsto dalla normativa regionale, il giudice ha concluso che il Comune di Majano avrebbe dovuto disapplicarlo ed ammettere il cittadino rumeno al bando di concorso, così come non avrebbe dovuto prevedere nel bando medesimo analoghe discriminazioni nei confronti dei cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati, dei titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e degli stessi cittadini italiani.

Questo in ragione del consolidato principio della supremazia e diretta applicabilità del diritto dell'Unione europea su ogni norma di diritto interno che sia rispetto ad esso configgente e del conseguente obbligo di disapplicazione della seconda da parte di ogni organo amministrativo della Repubblica, inclusi gli enti locali. Ma il giudice del lavoro di Udine è andato oltre, e ha chiamato in causa la stessa responsabilità della Regione Friuli-Venezia Giulia, in quanto ente amministratore coinvolto nel procedimento amministrativo relativo all'erogazione dei contributi. Il giudice del lavoro di Udine, pertanto, ha rilevato che una corretta applicazione del primato del diritto comunitario implica che i Comuni debbono disapplicare le norme regionali che, stabilendo un requisito di anzianità di residenza, configgono con esso, ma nel contempo hanno il diritto di rivendicare nei confronti della Direzione regionale competente, quale organo amministrativo coinvolto nel procedimento, il trasferimento delle risorse economiche per far fronte dalle richieste pervenute per effetto dei bandi, che debbono quindi essere formulati escludendo la clausola discriminatoria.

In quest'ottica, dunque, il Comune di Majano ha errato nella sua linea difensiva, sostenendo che disapplicando il requisito di anzianità di residenza e facendo accedere il cittadino rumeno al bando di concorso, sarebbe potuto incorrere in una responsabilità contabile dei propri amministratori. E' vero invece il contrario: una corretta applicazione del principio di legalità e del primato e diretta applicabilità del diritto comunitario spinge a ritenere che in caso di rifiuto dell'amministrazione regionale ad adempiere alla richiesta dei comuni di trasferimento delle somme aggiuntive necessarie per far fronte alle istanze provenienti dai soggetti che fanno accesso al bando senza venire ingiustamente discriminati, sarebbero proprio gli amministratori regionali a doversi addossare una responsabilità contabile, da rivendicare eventualmente dinanzi alla Corte dei Conti.

Il giudice del lavoro del Tribunale di Udine ha dunque ordinato al Comune di Majano di ammettere il cittadino rumeno alle graduatorie previste dal bando, e al Comune di Majano e alla direzione regionale competente di trattare la Sua istanza in condizioni di parità di trattamento con gli altri concorrenti. Ha ordinato pure al Comune di Majano di pubblicare a proprie spese il provvedimento giudiziario (35 pagine) sul "Messaggero Veneto", nonché ha condannato il Comune di Majano al pagamento delle spese legali.

Scarica la sentenza del Giudice del Lavoro di Udine in pdf (1670,04 Kb)


A cura del Servizio ASGI di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico-razziali e religiose. Progetto con il sostegno finanziario della Fondazione a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

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