L’amore è la dimensione fondamentale della vita: senza amore non si può vivere; essere accolti, amati, considerati, nutre e sostiene il senso stesso dell'esistenza. Proprio per questo, l'amore è anche la dimensione più fragile, quella che si può equivocare; quella su cui si possono porre attese e investimenti dell'anima confusi, impastati di dedizione e egoismi, trasparenze e strumentalità; quella che quando è profonda, autentica, sincera, serena sostiene la vita stessa.
Si può considerare l'amore fra una donna e un uomo, fra genitori e figli, fra persone dello stesso sesso; l'amore di chi per scelta consapevole di vita si dedica agli altri e non è coinvolto in un legame personale specifico. Appena ci si inoltra in modo veritiero nelle storie umane se ne constata la complessità, se ne colgono diversi aspetti: la dedizione e la ricchezza interiore; la delicatezza e la perseveranza; ma anche, insieme, la durezza e la strumentalità, perfino la violenza subdola ed esplicita, coperta, appunto, dall'apparenza formale di un amore, dalla permanenza esteriore di una famiglia.
Il Vangelo ci esorta in continuità ad amarci come Gesù ha amato: quindi con un amore profondo, autentico, totalmente disponibile.
L'esperienza dell'amore fra uomo e una donna si è configurata storicamente, nelle nostre esperienze in un nucleo affettivo strutturato, in una famiglia.
Tutte e tutti noi siamo consapevoli, per esperienza diretta dell'importanza fondamentale di essere accolti e di poter crescere nella vita in una situazione di affettività significativa, di serenità perlomeno discreta, proprio nella formazione del nucleo interiore affettivo portante.
Nella società attuale i legami affettivi sembrano essere meno resistenti; tante relazioni nate e decise con orientamento importante e significativo, si interrompono. Senza facili moralismi e nello stesso tempo senza accettazione passiva e fatalista delle situazioni è doveroso chiedersi perché questo avviene; che cosa sia e che cosa comporti veramente il rapporto d'amore fra uomo e una donna; l'intuizione del progetto, la decisione di un amore che porta ad una vita comune; come si accoglie la diversità dell'altro; quali le dedizioni richieste, gli arricchimenti acquisiti, le difficoltà e le tribolazioni; quali gli elementi della condizione che porta a constatare che non ha più senso quel progetto iniziato e alle volte a lungo vissuto.
Le domande sono doverose perché subito riguardano l'inizio dell’amore, le motivazioni per alimentarlo e per farlo diventare un progetto nella vita da costruire giorno dopo giorno con perseveranza. Il Vangelo di questa domenica (Marco 10,2-16) contribuisce, come sempre in modo significativo, a illuminare questa dimensione fondamentale.
Alcuni farisei interrogano Gesù riguardo alla possibilità del divorzio; lui rimanda alla legge di Mosé che loro riesprimono. Gesù allora trasferisce la questione dal piano normativo-giuridico a quello interiore, spirituale, di una spiritualità incarnata nella vita, etico.
In sintesi dice a loro e continua a dire a noi che non c'è legge che possa interrompere l'amore, né farlo rinascere dov'è morto. Ci invita a considerare come nel progetto di Dio l'amore che coinvolge profondamente un uomo e una donna, se è tale per il bene di tutti e due, non dovrebbe essere interrotto. Certo, se è diventato situazione insostenibile, magari segnata dalla violenza, la considerazione è diversa. Siamo invitati a porre attenzione che questo può avvenire per la durezza del nostro cuore; cioè superficialità, indifferenza, pigrizia, mancanza di trasparenza, egocentrismo... Da qui l'importanza decisiva di guardarsi dentro e di guardare il volto dell'altro con autenticità, profondità, trasparenza.
Nel Vangelo c'è anche l'invito severo di Gesù ai discepoli di non ostacolare, bensì di favorire la presenza e la vicinanza dei bambini. Tradotto nell'oggi della storia è l'anticipo profetico della dichiarazione dei diritti dei bambini, ma insieme e soprattutto la disponibilità reale all'attenzione, alla premura, all'accompagnamento; a favorire la crescita in serenità, fiducia, protagonismo positivo.