Il Vangelo di questa domenica (Vangelo 5,1-11) ci presenta Gesù sulla riva del lago di Genazaret, in piedi, in mezzo alla folla che si stringe attorno a lui per ascoltare la Parola di Dio: cioè, una parola profonda che tocca il cuore, le coscienze, l'intelligenza; rivela noi stessi a noi stessi, il senso profondo delle relazioni con gli altri, con il danaro, il potere, le istituzioni, con Dio, con la religione; il senso ultimo della vita. C'è esigenza profonda di questa Parola, di poterla sentire direttamente negli itinerari su cui conduce lo Spirito anche in modo misterioso; c'è l'attesa che qualcuno ce l’annunci in modo autentico, veritiero, credibile. Gesù per l’annuncio non si trova in un luogo sacro, ma è all'aperto, sulla riva, dove nota due barche vuote, mentre i pescatori sono scesi e stanno lavando le reti; sale su una di quelle barche che appartiene a Simone e chiede la cortesia di riprendere i remi e di allontanarsi un po' dalla riva... "Poi si siede sulla barca e si mette ad insegnare alla folla".
Gesù di Nazareth insegna da una barca di pescatori, uno strumento di lavoro: questo è il suo "pulpito", questa la sua "liturgia"; importante infatti sono la sua persona e le sue parole di un insegnamento non calato dall'alto, non discendente, ma invece diretto al cuore e dalle coscienze, profondo, rivelativo, provocatorio, progettuale, esigente e consolante, riguardante il significato primo e ultimo del vivere, amare, soffrire e morire, in tutte le condizioni e situazioni, nello svolgersi delle storie umane.
Viene spontaneo il confronto con la preoccupazione nelle nostre chiese per i luoghi della lettura e dell'annuncio della Parola di Dio: che siano adeguati nella collocazione, rispondenti a determinati criteri nella forma, quasi che la qualità e i contenuti della lettura della Parola di Dio e del commento seguente siano garantiti dal luogo e dalla fattezza di quelli che si chiamano "ambone" e "pulpito", già termini sconosciuti anche a persone che frequentano le chiese e ancor più alle tante che non frequentano; mentre la barca, la strada, il monte, la casa, i luoghi in cui Gesù parla sono tutti e subito riconoscibili. Gesù, finito il suo insegnamento, invita Simone a prendere il largo e a gettare le reti per pescare. E quel pescatore del lago così risponde: "Maestro, abbiamo lavorato tutta la notte senza prendere nulla; però se lo dici tu, getterò le reti". Si tratta di un'esperienza da noi tutti conosciuta: dopo una dedizione importante e significativa, un impegno faticoso e riscontri piuttosto deludenti, fino alla tentazione dello scoraggiamento, si avverte proprio dal profondo l'esigenza di una presenza in cui riporre fiducia, a cui dare credito nel momento in cui ci dice: "avanti, abbi, abbiate fiducia, è importante continuare a crederci; ti indico, vi indico alcune esperienze, alcuni segni che possono incoraggiarti, incoraggiarvi...".
L'invito e incoraggiamento sollecitano e sostengono l'azione: questa volta la pesca è abbondante in modo sorprendente, tanto che le reti cominciano a rompersi e c'è bisogno dell'aiuto dei compagni pescatori: due barche vengono riempite di pesci, a tal punto che quasi affondano. Lo svolgersi della situazione porta Simon Pietro a riconoscere in quell'Uomo di Nazaret il Signore e a sentirsi di fronte a lui "peccatore", cioè uomo di poca fede. In realtà lui e i suoi compagni pescatori, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo e tutti gli altri sono "sconvolti", cioè sbalorditi per la pesca straordinaria.
E Gesù gli dice:-“Non temere, d’ora in poi tu sarai pescatore di uomini.- Essi allora riportano le barche verso riva, abbandonano tutto e seguono Gesù”. "Pescatori di uomini", cioè in rapporto nuovo con le persone, per un progetto di una nuova umanità di attenzione, accoglienza, ascolto, giustizia, pace, disponibilità, gratuità. Gesù non è venuto a fondare una nuova religione istituzionalizzata, ma a rivelare una fede, un nuovo modo di essere, di sentire, di rapportarsi, di scegliere, sempre dentro alla storia, alla vita, alle storie delle persone, per renderle più umane, autenticamente umane.