Il vescovo brasiliano, di origini spagnole, don Pedro Casaldaliga anziano e ammalato, profeta e poeta straordinario in tutta la sua vita, ha affermato che “ tutto è relativo fuorché Dio e la fame.”
Non a caso quindi Gesù di Nazaret ha raccomandato di ricordare la sua presenza e il suo insegnamento nella nostra vita e nella storia dell’umanità rendendosi presente nel pane e nel vino dell’Eucarestia che le comunità celebrano come segno di giustizia e di fraternità e come impegno a realizzare queste realtà fondamentali per la storia delle persone, delle comunità, dei popoli del Pianeta.
Siamo molto, molto lontani, se tanta parte dell’umanità soffre impoverimento e fame; se purtroppo si devono registrare, a cominciare dai bambini, migliaia di uccisioni per fame giorno dopo giorno.
Il cibo e l’acqua sono indispensabili per la vita. Il cibo condiviso nel momento in cui è nutrimento è anche segno di condivisione della vita, di amore, di amicizia, di fratellanza; è espressione del rapporto con la madre terra, con le coltivazioni, con il trattamento dei prodotti; e ancora dell’arte del preparare il cibo per la mensa: una vera e propria espressione della cultura.
Sedersi attorno a una tavola da quella di famiglia a quella di una comunità, può esprimere diverse situazioni: di ricchezza, di lusso, di separatezza, di privilegio, di esagerazione e di spreco, o di condivisione semplice, discreta, festosa. Attorno ad una tavola imbandita si possono decidere i progetti più ingiusti e spietati, o invece condividere le dimensioni della vita più semplici e profonde e sentire come la condivisione del cibo unisce in modo più profondo, per progetti di giustizia, uguaglianza e fratellanza.
Il Vangelo di questa domenica (Luca 14, 1. 7-14) ci presenta Gesù a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei; lui non rifiuta gli inviti; l’incontro con le persone diventa occasione di insegnamento. Osserva come alcuni invitati scelgono volentieri i primi posti per riceverne importanza, e così si espongono alla possibilità della mortificazione di essere retrocessi; invita a comportarsi diversamente e a scegliere in una festa di nozze gli ultimi posti per essere poi invitati ad occuparne altri più vicini agli sposi.
Non si tratta di osservazioni di galateo, tutt’altro; è un invito a riflettere sul protagonismo effimero, da bolle di sapone, come ha detto papa Francesco a Lampedusa, da illusioni basate sull’effimero, da una pretesa importanza esteriore priva di contenuti e di qualità. E poi Gesù prospetta l’orizzonte di una nuova umanità attorno ad una grande tavola. Offrire un pranzo o una cena ad amici che poi ricambieranno è una consuetudine.
Ma offrirli ai poveri, agli zoppi, ai ciechi risponde ad progetto di una nuova umanità dove il cibo non è motivo di separazione e divisione fra ricchi e poveri, donne e uomini; bambini, adulti e anziani; malati, disabili, sofferenti psichici; omosessuali e transessuali; carcerati, persone immigrate da diversi luoghi del Pianeta che portano i loro cibi, così che cibi diversi si mescolano a concretizzare la convivialità delle differenze culturali e religiose. Ecco l’immagine di una immensa tavola attorno a cui ci si siede con la libertà e la serenità della condivisione; su cui in mezzo ad altri cibi ci sono anche quelli preparati con i prodotti di Libera sui terreni confiscati alle mafie e hanno un sapore speciale, inconfondibile: quello della giustizia.