Le persone ai margini, nelle periferie esistenziali della storia
sono molte, nella nostra società, in ogni società e nel mondo intero:
bambini e bambine di strada, abbandonati; adolescenti e giovani che
imboccano strade violente e dolorose per solitudine e disperazione
esistenziale; donne che nel silenzio subiscono violenze di ogni tipo o
che sono sfruttate dalle organizzazioni criminali della prostituzione.
E ancora persone senza casa e lavoro; prigioniere di una solitudine
angosciosa, dipendenti da alcol e da droghe; sconfitte e sconfortate.
Persone ammalate, specie di certe patologie che marchiano; fino
all’altro ieri omosessuali e transessuali giudicati con pregiudizio;
pure con significative conquiste la strada è ancora lunga per la piena
consapevolezza della pari dignità e di uguali diritti. Pensiamo ancora
alle persone detenute nelle carceri e appena al di fuori del carcere; a
quelle diversamente abili e sofferenti nella psiche; a quelle immigrate
che senza casa e lavoro si muovono spaesate e possono con più facilità
essere irretite dall’illegalità. Pensiamo ancora alle persone anziane
sole. Ci sono meccanismi sociali ed economici di esclusione in chi non
fa parte della produzione e del consumo e sono quindi considerati
esuberi del sistema: anche se non ci fossero nessuno se ne
accorgerebbe. Ci sono meccanismi sociali e culturali di esclusione che
derivano da una concezione che considera normali le persone con
determinate caratteristiche ed esclude chi non le presenta: quali
l’immagine, l’efficienza del fisico e della mente, la forza, la
ricchezza, il protagonismo vincente.
Ci sono stati in modo più marcato, pensiamo ai manicomi, ma
continuano ad esserci in forma più subdole anche oggi, le istituzioni
dell’emarginazione, dentro e fuori dalle città; i luoghi definiti dalla
presenza di determinate persone, a meno che si cerchi e si sperimenti
un contatto, in confronto, iniziative comuni fra quei luoghi e il resto
della città e del territorio; pensiamo in modo emblematico alle
carceri. Di questo ci parla il Vangelo di questa domenica (Luca 17,
11-19) con l’incontro fra Gesù e un lebbroso.
Nel mondo ebraico dai tempi di Mosè a quelli di Gesù si è
stabilito, come si può leggere nel libro del Levitico, che i lebbrosi
devono essere gettati fuori dall'accampamento, vivere in solitudine,
emarginati; vestire con abiti strappati, con la barba e i capelli
incolti, a capo scoperto e gridare intorno: “ Sono immondo, sono
immondo”, perché nessuno si accosti. La figura del lebbroso è così
diventata la figura tipica dell’emarginato. Gesù è venuto proprio a
reinserire i lebbrosi nella comunità da cui erano scacciati per paura
del contagio e perché considerati maledetti da Dio, puniti da lui. E la
religione del tempio confermava questa situazione. Lebbrosi sono
considerati in certa misura i pubblicani, le prostitute, gli altri
ammalati, gli indesiderati, gli emarginati. Gesù di Nazaret è vissuto
dalla nascita alla morte per crocifissione, alla risurrezione, fuori
dall'accampamento dei così detti normali, osservanti, devoti; ha
rimesso radicalmente in questione i meccanismi di emarginazione, il
rapporto supponente e presuntuoso fra normalità e non normalità. Di
fatto quando incontra un lebbroso o dieci come nel racconto del Vangelo
di questa domenica entra in relazione con loro, prende a cuore la loro
condizione, si dispone ad essere loro di aiuto. Mentre vanno dai
sacerdoti a presentarsi, su invito di Gesù, perché erano i
rappresentanti della religione a certificare l’avvenuta guarigione,
proprio perché erano quelli che confermavano l’emarginazione, si sono
sentiti guariti. Uno di loro è tornato indietro da Gesù per riconoscere
che la salvezza è venuta da lui. È uno straniero, un samaritano, con
sorpresa da parte di Gesù. Tutti e dieci guariti, ma uno solo salvato,
colui che riconosce in se stesso non solo la guarigione fisica, ma la
riscoperta del dono della vita, da vivere ora in atteggiamento di
disponibilità verso gli altri, a cominciare dai lebbrosi emarginati.
Seguire oggi Gesù di Nazaret significa vivere l’attenzione più profonda
alle persone e alle loro storie e contribuire a superare i meccanismi
di emarginazione delle persone.