È davvero paradossale il Vangelo di questa domenica (Luca 23, 35-43) : per celebrare Cristo Re propone la contemplazione e la meditazione di Gesù di Nazaret che sta morendo, crocifisso sul Golgota. Gesù incarna l’anti-potere, cioè il potere inteso e praticato unicamente come servizio alle persone e al bene comune.
Il Regno di Dio è l’umanità delle Beatitudini: dell’umiltà, del coraggio nelle prove, della nonviolenza attiva e della costruzione della pace, della giustizia, della misericordia, della verità, della coerenza; una umanità nuova da costruire insieme al Dio di Gesù, con la forza e la speranza che ci vengono da lui, con l’affidamento a lui della nostra vita. Una umanità che avrà il suo compimento nel mistero di Dio, ma che è urgente continuare a costruire ogni giorno nella storia. Proprio a motivo dell’annuncio di questa nuova umanità e delle relazioni e dei questi che la esprimono Gesù si trova ora morente sulla croce. I poteri intrecciati delle istituzioni, della religione del tempio, della politica, con il supporto del bracco armato in un primo momento del tempio e poi dell’impero di Roma hanno decretato la sua uccisione con il supplizio della croce, dopo un processo farsa e la tortura terribile della flagellazione. L’esecuzione è in un luogo pubblico, fuori dalla città a confermare il rifiuto della presenza di Dio in quell’Uomo Gesù e del suo amore incondizionato e rivoluzionario. Ugualmente Gesù era nato in una stalla, a Betlemme, furi dalla città. La stalla e la croce sono luoghi della manifestazione di Dio, come tutti i luoghi in cui Gesù è vissuto ed ha incontrato le persone; luoghi laici, non chiusi dalla separatezza di una sacralità escludente. La morte pubblica diventa uno spettacolo; la vittima è guardata con disprezzo e derisione; la condizione estrema di Gesù pare proprio smentire in modo evidente il suo presentarsi come Figlio che rivela il Padre: “ Chi vede me, vede il Padre”. È vittima, sconfitto, impotente. Mentre la gente guarda, i capi del popolo si fanno beffe di lui e lo provocano: se ha salvato gli altri salvi ora se stesso, se è veramente il Messia di Dio. E anche i soldati ripetono sghinazzando questa sfida. Gesù è in mezzo ad altri due condannati a morte, probabilmente appartenenti al gruppo degli zeloti che con le armi pretendono di organizzare la rivolta contro l’impero. Nella condizione estrema della morte che incombe fra dolori terribili e crescente mancanza di respiro, uno dei due esprime la sua rabbia e unisce la sua voce ansimante alle provocazioni dei capi del popolo e dei soldati. L’altro lo richiama a considerare che quell’Uomo che sta in mezzo a loro è un giusto ed è stato condannato ingiustamente a quella morte crudele. E si raccomanda a Gesù: “Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”. Gesù risponde: “ Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso”. Un momento di luce nell’oscurità, di senso nel non senso, di accoglienza nel rifiuto, di tenerezza nella violenza; espressioni di quell’amore che da senso anche alla morte, perché la morte di Gesù è conseguenza del suo amore; e l’amore guarisce, riscatta, salva, accoglie nella pace anche chi sembra eliminato, sconfitto, insignificante nella logica di questo mondo.